Stefano Montefiori per corriere.it
Il punto cardine della strategia francese di uscita dalla quarantena è la riapertura delle scuole l’11 maggio. Una riapertura parziale, a seconda delle zone geografiche più o meno colpite dalla pandemia, e forse con metà allievi nelle classi, a turni di una settimana.
francia coronavirus
Ma comunque, se le confinement è cominciato il 16 marzo con la chiusura delle scuole, il de-confinement parte dalla loro riapertura. Una decisione che ha fatto discutere perché si teme che i bambini potrebbero provocare una seconda ondata di contagio. Alcuni elementi sembrano però confortare la scelta di tornare in classe: non solo i bambini affetti da Covid-19 sono di solito asintomatici o comunque tendono a sviluppare forme molto leggere della malattia, ma potrebbero non essere tanto contagiosi quanto si credeva in un primo momento.
Il primo caso di coronavirus in Francia si è verificato a fine gennaio nel comune di Contamines-Montjoie, un paese di un migliaia di abitanti a ridosso del Monte Bianco, in Alta Savoia. Un cittadino britannico era stato per lavoro a Singapore, dove ha contratto il virus. Poi ha raggiunto gli amici in montagna, nello chalet di Contamines abitato da due famiglie: una che risiede stabilmente nel paese, e un’altra venuta in vacanza dall’Inghilterra. In tre giorni, dal 25 al 28 gennaio, l’uomo ha contaminato 12 persone, tra le quale un bambino di nove anni che va a scuola a Contamines e frequenta corsi anche in altri istituti delle vicine Saint-Gervais e Thonon-Les-Bains.
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Le autorità sono risalite ai contatti del bambino e hanno individuato 112 persone - tra compagni e insegnanti - a rischio di essere state contaminate. In teoria, visto che all’epoca si cominciava appena a parlare dell’epidemia e di «gesti barriera» come non stringersi le mani e restare a distanza, ci si potevano aspettare decine di infetti. Ma quel bambino non ha contagiato nessuno, neanche i propri fratelli, con il Covid-19: ha trasmesso i virus dell’influenza e della rino-faringite, ma non il coronavirus.
Il caso dell’Alta Savoia potrebbe essere isolato. Ma secondo il professor Jean-François Delfraissy, presidente del Consiglio scientifico Covid-19 che aiuta il Macron ad affrontare la crisi, nessuna scuola in Francia sembra essere stata un focolaio dell’infezione. Quando il presidente ha chiuso le scuole, lo ho fatto spiegando che sulla base delle conoscenze scientifiche i bambini per fortuna non si ammalano gravemente, ma trasmettono molto facilmente il virus. Con il passare dei giorni quest’ultima convinzione si è fatta meno salda.
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«Sappiamo che ci sono meno test positivi rispetto agli adulti nei bambini che vengono in ospedale», ha detto al Figaro la pneumo-pediatra Isabelle Sermet-Gaudelus dell’ospedale Necker di Parigi. Non solo i bambini presentano sintomi meno gravi, ma a quanto pare contraggono - e quindi trasmettono - il virus meno di quanto si credesse. Va in questa direzione uno studio cinese pubblicato il 24 febbraio sul Journal of the American Medical Association, che si basa su 44 mila casi Covid-19: tra loro i bambini contaminati di età inferiore a 10 anni sono meno dell’1 per cento, e i giovani dai 10 ai 19 anni sono l’1 per cento. Altri 15 studi vengono attualmente effettuati in Francia sulla popolazione più giovane per capire come reagisce realmente al Covid-19, e per confermare o meno la nuova ipotesi sulla scarsa contagiosità dei bambini.
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