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    “IL CINEMA? OGNI VOLTA CHE C’ERA IL CIAK MI VOLEVO AMMAZZARE” - MASSIMO CIAVARRO RACCONTA PERCHÉ HA SFANCULATO IL CINEMA PER ANDARE A VIVERE DA EREMITA A LAMPEDUSA: “SUL SET MI SENTIVO UN PESCE FUOR D'ACQUA. UNO STRESS. HO RITENUTO FOSSE MEGLIO SMETTERE” – “L’EMERGENZA MIGRANTI SULL’ISOLA? LO VEDI DI MENO DI QUANTO NON ACCADA A CHI GUARDA REGOLARMENTE I TG” – “LE NOTTI IN OSPEDALE ACCANTO A ELEONORA GIORGI? SAREI STATO UNA MERDA A NON ANDARE…”


     
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    Estratto dell’articolo di Fulvia Caprara per “la Stampa”

     

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    «Nei miei geni c'è il mare. Sarà perché mia madre è nata a Ustica. Sarà perché tutto è cominciato quando avevo 14 anni, sulla spiaggia di Tor San Lorenzo, ma io al mare ci sto bene, ho una predisposizione per le isole, d'altra parte la vita di città non mi ha mai attirato, il cemento non mi piace e non amo la socialità». In questi giorni a Lampedusa, dove ormai vive per la gran parte dell'anno, Massimo Ciavarro è impegnato con la rassegna cinematografica Vento del Nord che cura da 20 anni insieme a Laura Delli Colli, la recitazione è un capitolo «quasi totalmente abbandonato», ora l'attore si occupa di turismo, ma il suo ideale, il momento più atteso, è quando può stare da solo, godendosi quelle giornate in cui «si alza il maestralino leggero e anche a Natale ti puoi fare il bagno e stare in grazia di Dio» oppure quelle delle «tempeste di vento, in cui senti che la natura comanda».

     

    Diceva che tutto è iniziato su quella spiaggia vicino Roma. In che modo?

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    «Avevo 14 anni, si avvicinò un signore con la macchina fotografica al collo, io sono subito corso via. Per 10-15 giorni l'ho evitato, non capivo perché volesse fotografarmi, ero timidissimo. Alla fine ho fatto le foto, dopo un anno mi hanno chiamato per apparire in un fotoromanzo. Ho accettato, stavo attraversando un periodo duro».

     

    Perché?

    «Era morto mio padre, non ce la passavamo molto bene dal punto di vista economico, fu mia madre a dirmi "prova, vediamo come va". Dopo il primo fotoromanzo arrivarono valanghe di lettere di ammiratrici e fan, avevo deciso di non ripetere l'esperienza, la gente mi riconosceva per strada, io sudavo, ero imbarazzatissimo… però mi offrirono un contratto in esclusiva, la cifra, in quel momento, avrebbe potuto risolvere alcuni dei nostri problemi familiari e così ho continuato.

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    Il cinema è arrivato dopo, un produttore mi fece una proposta, io di studiare non ne potevo più, ero arrivato al decimo esame di giurisprudenza, ma mi ero anche iscritto a una scuola di recitazione dove, tra i tanti alunni, c'erano pure Margherita Buy e Moana Pozzi. Ho pensato che non potevo tirarmi indietro. Il film era Vai alla grande, di Salvatore Samperi».

     

    Subito dopo è arrivato Sapore di mare 2 Bruno Cortini, il film in cui ha conosciuto Eleonora Giorgi. Come andò?

    «Mi prese un colpo, Eleonora era un'attrice già molto nota, io ero preoccupatissimo, temevo di scordare le battute… Mi sentivo un pesce fuor d'acqua, ho capito già allora che sul set sarei sempre stato a disagio.

     

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    Un attore bravo trova la sua essenza quando si batte il ciak, io, invece, ogni volta mi volevo ammazzare. […] a una certa età, ho pensato che non avesse senso andare avanti. Perché avrei dovuto continuare a vivere quello stress? Ho ritenuto fosse meglio lasciare stare».

     

    Con la Giorgi è stato subito amore?

    « […] Sul set di Sapore di mare 2 avevamo fatto amicizia, un giorno, durante una pausa della lavorazione, ci eravamo incontrati per caso, tutti e due avevamo preso una bici per fare un giro a Forte dei Marmi, avevamo appena girato quella scena famosa "pizza fredda e birra calda", volevamo rilassarci, ci siamo fatti qualche drink, abbiamo iniziato a chiacchierare, ci siamo conosciuti un po' meglio».

     

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    E' la donna della sua vita, anche adesso che non state più insieme?

    «Eleonora è stata mia moglie, una parte fondamentale della mia vita, abbiamo fatto un figlio, niente potrà cancellarla […]».

     

    Quando è stata male, lei è andato in ospedale a fare le notti, ha voluto starle accanto e questo l'ha resa felice, ma l'ha anche un po' stupita.

    «Che cosa avrei dovuto fare? Sarei stata una mer…se non fossi andato. Per me è stata la cosa più normale del mondo.

    Anche se ultimamente non ci sentivamo tanto spesso, nel momento del bisogno era logico starle accanto. […]».

     

    […]

    Abitare a Lampedusa ha significato entrare in contatto diretto con la realtà dei migranti. Lei come ha vissuto questi anni di tragedie in mare?

    «Stare qui è diverso. Sai che il problema esiste, ma, per assurdo, lo vedi di meno di quanto non accada a chi guarda regolarmente i tg. Qui c'è sempre stata un'organizzazione efficiente, soprattutto negli ultimi due anni, da quando la Croce Rossa ha preso in mano la situazione. Poi, certo, ci sono delle cose che non si dimenticano».

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    Per esempio?

    «Il naufragio del 3 ottobre 2013, quello in cui si rovesciò una barca a poche centinaia di metri dalla riva. Ero in mare a pescare, si cercavano i superstiti. Ho visto galleggiare buste di plastica con le scritte in arabo, dentro c'erano i biscottini, sulle onde affioravano i sandali dei bambini. Vedere con i propri occhi è un'altra cosa».

     

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