MICOL FLAMMINI - LA CORTINA DI VETRO
Estratto da “La cortina di vetro”, di Micol Flammini (ed. Mondadori – Strade Blu)
Il 20 giugno 2022 la Lituania ha impedito il transito ai treni merci che venivano dalla Russia e portavano rifornimenti a Kaliningrad. La decisione di interrompere il traffico ferroviario di acciaio e metalli ferrosi è in conformità con le sanzioni dell’Unione europea, varate dopo l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, che prevedono che le merci sanzionate non possano passare sul territorio dell’Unione europea.
Di fronte a quella presa di posizione, Mosca ha risposto che ci sarebbero state conseguenze molto gravi in reazione al «blocco di Kaliningrad». Non si trattava di un blocco, perché i treni che trasportavano persone e beni non sanzionati potevano passare sul territorio lituano senza restrizioni, ma il Cremlino era intenzionato ad approfittare dell’episodio per alzare i toni.
MICOL FLAMMINI
Il capo del Consiglio di sicurezza russo, Nikolaj Patrušev, è volato a Kaliningrad per dimostrare che Mosca era pronta a reagire con fermezza. Ben sapendo che per la Russia attaccare un paese che fa parte della NATO e che ospita dei contingenti dell’Alleanza atlantica sarebbe un suicidio, la Lituania non si è lasciata spaventare.
D’altra parte, proprio tra Lituania, Polonia e Kaliningrad si trova uno dei maggiori punti di fragilità europea e atlantica che prende il nome di «corridoio di Suwalki», una striscia di terra di 65 chilometri che divide quattro nazioni e in cui si fronteggiano due blocchi: da una parte la NATO, con Lituania e Polonia a nord e a sud, e dall’altro Russia e Bielorussia, rispettivamente a ovest e a est del corridoio.
Se Mosca e Minsk, procedendo dai lati, tentassero con successo di chiudere il corridoio e quindi anche il confine che separa Vilnius da Varsavia, la Lituania e tutti i paesi baltici si troverebbero isolati, confinati di nuovo dall’altra parte di un muro, con i militari della NATO che operano a rotazione sul territorio lituano tagliati fuori dalla possibilità di ottenere rifornimenti via terra.
Nikolaj Patrushev
In Ucraina, la Russia sta già mostrando di avere molte difficoltà, un’azione militare contro i territori dell’Alleanza atlantica sarebbe più complessa e disperata, ma è proprio questo lo scenario che Patrušev e gli altri uomini di Mosca minacciavano quando la Lituania ha deciso di fare rispettare le sanzioni.
Un attacco al corridoio di Suwalki metterebbe la NATO e la Russia in guerra direttamente l’una contro l’altra e chi evoca la possibilità di uno scontro simile lo fa spesso pensando a un Cremlino che, in difficoltà, come ipotesi estrema decida di tentare il tutto per tutto e di mettere la NATO e l’Unione europea davanti all’impensabile: combattere un conflitto dentro ai loro confini.
corridoio di suwalki
Se Mosca cercasse di colpire l’Unione europea, probabilmente lo farebbe proprio lungo il corridoio di Suwalki, decidendo di bloccare e controllare un confine europeo e ritagliandosi una strada che colleghi Kaliningrad alla Bielorussia, legata alla Russia da molti trattati. Dal 24 febbraio 2022, la NATO ha rafforzato la sua presenza nei paesi baltici e ha già un piano d’azione per rispondere in caso di attacco.
L’impresa sarebbe estremamente pericolosa per l’esercito russo e, dopo la decisione della Lituania di fermare i treni merci, Mosca ha risposto piccata, ma dimostrando che, al di là delle minacce, per reagire alle sanzioni avrebbe potuto fare ben poco. Nel tentativo di non incrinare l’unità e la vanagloria nazionali, a questa debolezza ha cercato di rimediare la «Komsomolskaja Pravda», quotidiano storico schierato con Putin, riportando alla memoria un’antica querelle culinaria, vinta, secondo i giornalisti, da Mosca.
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Negli anni dell’Unione Sovietica, la Lituania, assieme a Lettonia ed Estonia, era uno dei maggiori produttori di pesce in scatola specializzati nella conservazione della papalina, un pesce simile alla sardina. Con la caduta dell’URSS e poi con la decisione di Vilnius, Riga e Tallinn di aderire all’Unione europea, il commercio del pesce in scatola iniziò ad andare in crisi, un po’ perché gli altri paesi membri non ne consumavano e un po’ perché gli stabilimenti non rispettavano gli standard di Bruxelles.
La crisi del settore iniziò a farsi sentire, seguirono i licenziamenti e la chiusura delle fabbriche, ma la papalina, che gli europei disdegnavano, piaceva molto ai russi. Proprio a quei vicini dai quali le tre repubbliche si erano allontanate. Ci pensò Kaliningrad a rimediare. L’exclave rilevò i macchinari degli stabilimenti e i marchi produttori della papalina in scatola. Avviò un rebranding patriottico e mise tutto sotto un unico marchio con un nome che doveva suonare come una beffa: «Per la patria».
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Secondo la «Komsomolskaja Pravda», questo era il segnale della rivincita di Kaliningrad e anche il simbolo inconfutabile del tradimento dei baltici, che per abbracciare l’Ovest avevano dovuto rinunciare a un motivo di orgoglio nazionale mentre, se fossero rimasti con Mosca, avrebbero avuto molti più acquirenti di papalina in scatola. È propaganda funzionale ad alimentare nel popolo russo l’idea che stare con il Cremlino sia più conveniente, ma, storia della papalina o meno, l’ingresso nel mercato europeo ha permesso ai tre paesi baltici di crescere economicamente in modo ininterrotto da quando sono entrati a farne parte e hanno adottato l’euro come moneta.
PESCE PAPALINA
Dal 1990 al 2020, in Lituania gli stipendi sono aumentati del 276 per cento, in Lettonia del 200 e in Estonia del 237, variazioni che sono le più alte tra tutti i paesi membri (fonte OCSE), e l’arricchi- mento ha reso le repubbliche baltiche meta ambita di tan- ti vicini ex sovietici, pronti a emigrare pur di migliorare le proprie condizioni economiche.
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