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    IN CINA SI SGRETOLA IL MATTONE: IL SETTORE IMMOBILIARE BARCOLLA SOTTO IL PESO DEI DEBITI - LE AZIENDE HANNO GIA' MANCATI PAGAMENTI DI OBBLIGAZIONI PER 31,4 MILIARDI DI DOLLARI - DOPO EVERGRANDE SONO ANDATI IN DEFAULT OLTRE 30 GRUPPI DEL SETTORE: I FONDI DI INVESTIMENTO SONO SCAPPATI, MOLTE CASE PRE-VENDUTE NON SONO STATE COMPLETATE PER IL CRAC DELLE DITTE E I PROPRIETARI NON PAGANO I MUTUI - GIU' LE VENDITE, I PREZZI E IL VALORE DELLE AZIONI...


     
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    Lorenzo Lamperti per “la Stampa”

     

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    Per lungo tempo ha fatto la fortuna dell'economia cinese, arrivando a pesare tra il 25 e il 30% del Pil. Ma ora il settore immobiliare barcolla e le sue fondamenta sembrano improvvisamente un castello di carte che rischia di cedere sotto il peso dei debiti non pagati.

     

    Nel 2022, i gruppi immobiliari cinesi hanno già mancato pagamenti di obbligazioni per un valore record di 31,4 miliardi di dollari. Come riporta il Financial Times, gli investitori hanno stimato quasi 130 miliardi di perdite sugli oltre 200 miliardi di rimborsi obbligazionari in sospeso. Secondo i dati di Bloomberg, due terzi delle oltre 500 obbligazioni in dollari in circolazione emesse da sviluppatori cinesi hanno ora un prezzo inferiore a 70 centesimi, soglia comune per parlare di "stato di sofferenza".

     

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    La crisi di Evergrande si è rivelata solo la punta dell'iceberg. Oltre al colosso di Shenzhen, in questi mesi sono andati in default su bond offshore oltre 30 aziende di settore, compresi giganti come Kaisa Group e Shimao. Un'obbligazione con scadenza 7 settembre emessa da Kaisa è quotata 9 centesimi sul dollaro, il che implica una perdita di circa 272 milioni di dollari su un capitale di 300 milioni.

     

    Ciò sta portando i fondi di investimento internazionali a ridurre la loro presenza in Cina. I vari BlackRock, Fidelity International, HSBC Holdings, Pacific Investment e UBS Group AG hanno registrato perdite a due cifre fino alla fine di luglio. Bloomberg segnala che BlackRock ha ridotto la sua esposizione sul settore immobiliare cinese di quasi la metà tra dicembre 2021 e giugno 2022, così come Pimco.

     

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    Nel giro di due anni, il valore delle azioni del mattone cinese è crollato di circa il 60%. In declino anche i prezzi: tra le 70 principali città, a luglio ben 40 hanno registrato una flessione dei costi delle case di nuova costruzione.

     

    I dati ufficiali mostrano che le vendite di case sono scese di quasi il 30% nel primo semestre. E a luglio sono calate del 29% su base annuale, più del -18% di giugno.

    Milioni di case pre-vendute sono incompiute, con diverse famiglie che hanno annunciato un boicottaggio dei mutui che espone le banche a potenziali perdite fino a 370 miliardi. Le persone che hanno acquistato case in oltre 300 complessi residenziali dislocati in circa 80 città hanno già smesso di pagare dopo che le costruzioni si sono fermate.

     

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    Il timore sulle mancate consegne ha innescato una crisi di fiducia che porta i cinesi, già provati dall'incertezza causata dal protrarsi della strategia "Zero Covid", a comprare sempre meno. Acuendo dunque la mancanza di liquidità delle aziende. Senza contare le ricadute sociali: dopo le varie proteste delle scorse settimane, il Partito comunista teme che la crisi del settore si tramuti in una questione di ordine pubblico. Proprio durante l'avvicinamento al XX Congresso chiamato a confermare Xi Jinping per uno storico terzo mandato.

     

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    Gli scenari futuri inquietano, con gli obbligazionisti stranieri rassegnati a subire ulteriori inadempienze. Pesano ulteriori 17, 6 miliardi di dollari di pagamenti obbligazionari in scadenza quest' anno e altri 47 miliardi di dollari entro il 2024. Nel 2022 le autorità cinesi, soprattutto quelle locali, hanno cercato di stimolare il mercato con diversi interventi.

     

    Decine di città hanno ridotto i requisiti per i pagamenti degli acconti per gli acquirenti di seconde case e il governo ha tagliato i tassi di interesse ipotecari. Ieri è stato annunciato un nuovo pacchetto di misure di sostegno all'economia, tra cui lo stanziamento dell'equivalente di circa 44 miliardi di euro per investimenti infrastrutturali.

     

     Attese ulteriori mosse da qui al Congresso di ottobre, anche perché Pechino non ha per ora lanciato un vero e proprio piano di salvataggio centralizzato per il settore immobiliare. Rischiando, secondo alcuni analisti, di alzare il prezzo finale di un'operazione che andrà comunque fatta prima che il castello di carte crolli del tutto.

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