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    A CIASCUNO LA SUA CRIMEA - IN VENETO UN GRUPPO DI TAR-TASSATI, PARTITE IVA, IMPRENDITORI E FORCONI INDICONO UN MINI-REFERENDUM PER LA SECESSIONE DA ROMA (PIÙ DI UN MILIONE DI VENETI È FAVOREVOLE) - LA VOTAZIONE IGNORATA IN ITALIA MA SEGUITA DA BBC E AL JAZEERA


     
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    1. VENETO, UN MILIONE VOTA: VIA DALL'ITALIA
    Davide Lessi per ‘La Stampa'

    L'ora "x" è fissata. «Domani alle 18 dichiariamo la secessione», dicono convinti. Come in Crimea anche in Veneto da domenica scorsa si sta votando il referendum per l'indipendenza. Dall'Italia, da «Roma ladrona», da uno Stato che «continua a mungere» una vacca che, dopo la crisi, tanto grassa non lo è più: secondo i dati di Unioncamere, diffusi ieri, il Pil regionale è tornato ai livelli di tredici anni fa. E allora via, si vota. Poco importa che farlo non abbia nessun valore legale.

    LUCA ZAIA SPEZZA IL PANELUCA ZAIA SPEZZA IL PANE

    «Siamo già 1 milione e 307 mila», dicono con toni trionfali da Plebiscito.eu, il comitato che ha organizzato la consultazione. Il quesito principale è: «Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?». A ieri hanno risposto, secondo i dati degli organizzatori, «il 35,02 per cento degli aventi diritto» in Veneto. Pur ammettendo qualche "abuso", un'enormità. Si vota online sul sito del comitato ma anche nei gazebo allestiti nelle sette province.

    Un voto più complesso di quello di Simferopoli, insomma. Ma l'accostamento, Veneto-Crimea, suggestiona tanti. «Dal Canal Grande al balcone di Giulietta un "sì" per tagliare i legami con Roma», il titolo da cartolina scelto da The Independent. Venezia, tolto qualche simbolo identitario - come il leone di San Marco -, non c'entra. Ne è convinto il politologo Paolo Feltrin. «La Serenissima la conoscono in pochi, ma dentro ogni veneto c'è un secessionista filo-austriaco», dice sorridendo. Poi torna serio: «Questo è l'ennesimo segnale di insofferenza, di malessere».

    BEPPEGRILLOBEPPEGRILLO

    Non è un caso che tra gli elettori ci siano "forconi" del comitato 9 dicembre, leghisti fuoriusciti, i delusi dal Movimento 5 Stelle e da Forza Italia. Il popolo del Nordest, insomma: commercianti, imprenditori, partite iva, artigiani «tartassati». Ma anche giovani laureati, disoccupati e cassaintegrati. In tempi di crisi le «piccole patrie», in Sardegna come a Trieste, diventano opportunità.

    «Sono viste come modelli efficienti», conferma Feltrin. Gli industriali annuiscono. «La colpa non è di chi organizza il referendum per l'indipendenza ma di chi, al governo, non ha saputo dare risposte», dice l'imprenditore Massimo Colomban.

    Che il malessere ci sia, e alto, l'ha ben capito Grillo che, solo pochi giorni fa, ha pubblicato sul suo blog la piantina dell'Italia divisa in macroregioni. La Lega, dopo anni al governo regionale e nazionale, questa volta è costretta a rincorrere. «Il popolo va rispettato», ha detto ieri a Roma il governatore Luca Zaia ai cronisti stranieri. Con un occhio rivolto a loro, l'altro a maggio quando ci sarà un referendum legale: il voto europeo.

    REFERENDUM PER LINDIPENDENZA DEL VENETOREFERENDUM PER LINDIPENDENZA DEL VENETO

    2. LA VOTAZIONE IGNORATA IN PATRIA MA SEGUITA DA BBC E AL JAZEERA
    Claudio Antonelli per ‘Libero Quotidiano'

    Mentre il referendum sull'indipendenza veneta si avvicina al milione e 200 mila votanti, l'Italia più che interrogarsi sulle ragioni del malessere preferisce puntare il dito sull'illegittimità del plebiscito. Dubbio comprensibile, sebbene la Costituzione
    non ne vieti di per sé la scelta espressiva.

    Sarebbe però più interessante analizzare il fenomeno da un punto di vista più ampio, dal momento che non si tratta di un caso isolato in Europa. La Scozia e la Catalogna dimostrano che forse si sta avviando un ripensamento delle logiche che hanno contraddistinto gli ultimi venti anni e il progressivo accantonamento del concetto di macroregioni. In un'intervista a Libero il governatore leghista della Regione Veneto Luca Zaia, in merito alle motivazioni di questo plebiscito, aveva detto che molte persone vogliono l'indipendenza «perché, strangolate dalla crisi, chiedono tassazioni più basse».

    Poi lasciandosi andare aveva aggiunto: «Mi piacerebbe che pensassero all'indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia». Non è forse un caso se l'opinione pubblica straniera si sta dimostrando molto attenta al voto in corso in Veneto. Hanno dedicato articoli e approfondimenti il Times, il Telegraph, l'Independent, The Australian, HuffPost Canada e ovviamente un lungo elenco di testate scozzesi.

    La prima a puntare i fari sugli organizzatori di plebiscito.eu e a intervistare il promotore del sì, Gianluca Busato, è stata Russia Today. Per ovvi motivi il canale news ha cavalcato la vicenda cercando di accostarla il più possibile al referendum appena votato in Crimea. E ha spedito a Venezia una troupe. La forzatura è da un certo punto di vista comprensibile se si vuole fare propaganda. Ma un'attenzione simile è arrivata anche dalla tivù di Stato inglese. L'altro giorno la Bbc ha dedicato al referendum il terzo titolo del notiziario. Anche il corrispondente da Roma ha accostato il referendum veneto a quelli che toccheranno la Catalogna e la Scozia il prossimo settembre.

    REFERENDUM PER LINDIPENDENZA DEL VENETOREFERENDUM PER LINDIPENDENZA DEL VENETO

    Oggi a Silea, presso la sede del Comune, si terrà una conferenza stampa a cui hanno già chiesto di partecipare Russia24, NbcNews e Al Jazeera International. Tolta la prima testata, le altre due non possono certo essere tacciate di interessi di parte. Molto è dovuto all'abilità mediatica degli organizzatori e alla pazienza che hanno avuto nel costruire una
    rete di sostenitori esteri ed italiani (una sorta di Confindustria ombra secessionista) che ha un piede in veneto e uno a Londra.

    Allargare la discussione fuori dal dialetto veneto e portarla a Bruxelles e in Inghilterra di fatto sta elevando la valenza del referendum stesso. Tutti sanno che anche se ci fosse un milione di veneti a favore del sì l'indomani non succederebbe nulla. Ma, come hanno capito i media stranieri, servirebbe a mantenere accesa la discussione. E innalzarla alla pari di diatribe indipendentiste storiche come quella scozzese o catalana. Certo tutto dipenderà da due fattori.

    Il primo riguarda la politica locale e come tenterà di cavalcare gli eventi. Il secondo fattore sarà legato al fisco. Se il movimento indipendentista punterà tutto sulle tasse (o peggio sullo sciopero fiscale), anche se in apparenza sembra una leva forte, perderà di credibilità e rischierà di fare la fine dei gruppuscoli veneti degli ultimi anni.

     

     

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