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Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Andrea Morandi per www.repubblica.it
Qualcuno lo ha già indicato come il nuovo Stromae e l'accostamento non è affatto casuale visto che oltre alla nazionalità belga e alle origini africane – uno del Ruanda e l'altro del Congo - Baloji Tshiani in arte Baloji condivide con Stromae anche la stessa folle e geniale idea di musica, un suono senza limiti di genere capace di mescolare pop, world music, funk e hip hop nel tentativo di raccontare esistenze cresciute in bilico tra culture diverse.
Nato da una relazione extraconiugale nel 1978 a Lubumbashi, Baloji a tre anni era già stato spedito a Ostenda, fuggito dalla patria assieme al padre, e dopo un'adolescenza turbolenta – in cui è anche finito in riformatorio – alla fine degli anni Novanta è entrato a far parte degli Starflam, collettivo rap molto famoso in Belgio.
Dal 2008 Baloji ha intrapreso una brillante carriera solista grazie a dischi come Hotel Impala – toccante risposta in musica a una lettera della madre che non vedeva da vent'anni - e Kaniama Avenue che sono stati al centro del concerto che il cantante ha tenuto ieri sera alla Pelanda di Testaccio. La tappa italiana di Baloji ha inaugurato anche Afropolitan, rassegna musicale del Romaeuropa Festival dedicata alle nuove tendenze della scena africana dove si esibiranno anche Swamimillion Aka Lv & Fawda Trio (il 31), Oy (il 1).
Un festival di tre giorni che prende il nome da un termine inventato nel 2005 dalla scrittrice ghanese Taiye Selasi per indicare una nuova generazione di africani metropolitani nati nella loro terra d’origine, ma cresciuti altrove. Esattamente come Baloji che, cresciuto nelle periferie del Belgio, ha scoperto solo a vent'anni il Congo e i suoi suoni: «E ho capito che l'eredità sonora dell'Africa è immensa, ha una ricchezza che spesso viene sottovalutata. Il mio obbiettivo? Riuscire a comporre musica africana moderna, perché sono orgoglioso delle mie radici».
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