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    A DIECI ANNI DALLA MORTE DI ENZO JANNACCI IL FIGLIO PAOLO LO RACCONTA: "DUE LAUREE HA PRESO, MEDICINA E CHIRURGIA. HA FATTO UN MASTER DI 6 MESI, E HO TROVATO POI IL DIPLOMA A CASA, ALL'OSPEDALE DI HARLEM A NEW YORK. LÌ HA CAPITO CHE ERANO BRAVI A TRATTARE SUBITO QUELLI CHE ERANO SOTTO CHOC, MENTRE DA NOI S'IMPEGNAVANO PRIMA A SCRIVERE LA SCHEDA ANAGRAFICA..."


     
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    Estratto dell'articolo di Marinella Venegoni per “la Stampa”

     

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    Paolo Jannacci è un cuore d'oro, un musicista di razza senza tormenti del quale il padre Enzo andava fiero. Tanto che il figlio, negli ultimi anni, si trasformò un po' in padre. Rarità fra i figli di tanti nomi illustri, ancora oggi vive una doppia vita artistica, in proprio e per conto del papà, del quale ripercorre al pianoforte le gesta con sapienza ed allegria.

     

    A 10 anni dalla scomparsa di uno dei giganti del cantautorato italiano, risalgono le azioni di Enzo Jannacci: uno che di dischi ne ha venduti pochi, come dice il figlio, anche se la sua figura svetta per originalità e profondità, coprendo zone dell'arte inesplorate dai colleghi più blasonati, dal jazz al cabaret impastato con i personaggi bislacchi che inventava. È uscito da poco un libro, una biografia musicale necessaria e accurata, scritta da Paolo stesso e Enzo Gentile, titolo Ecco tutto qui. Paolo Conte dice sempre che Jannacci è il suo musicista preferito, insieme hanno fatto volare Messico&Nuvole nel 1970; altri ne stanno raccogliendo il testimone, dallo stesso erede a Elio di EeLST, in viaggio in Italia con un tour celebrativo di grande successo.

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    Caro Paolo, mercoledì 29 saranno 10 anni che Enzo Jannacci se n'è andato.

    «Celebreremo tutte le ricorrenze il 3 giugno, quando compirebbe 88 anni, all'Arcimboldi in un evento unico. Ho inventato il titolo Jannacciami, è un abbraccio di musica a Milano. Ci saranno tutti i suoi musicisti e un bel po' di colleghi, come Elio, J-Ax, Ale e Franz, Massimo Boldi, Cochi e Renato, spero. Faremo le canzoni più celebri e anche pezzi poco conosciuti come Desolato (della quale c'è un delizioso video con tutta la crema del rap tradizionale italiano, ndr)».

     

    Era contento Enzo del fatto che lei mentre andava a scuola studiasse anche musica?

    «Ho cominciato a 4-5 anni a scoprire la musica e la mia voce, quando papà ha visto che avevo orecchio mi ha instradato, prima lui e poi i maestri. A scuola non avevo grandi voti, son cresciuto di botto durante l'esame di maturità, mi son svegliato e da lì è stato più semplice lo studio degli strumenti. Non studiavo mai, mi avevano mandato a Como a imparare di più. Ho 50 anni, prima o poi prenderò il diploma al Conservatorio come mio papà».

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    Che ricordo ha di suo padre medico?

    «Che abbia fatto solo il medico, non mi ricordo. Penso a quando visitava, ai pazienti che lo aspettavano, a com'era contento quando scopriva i mali della gente. Non si sbilanciava, non raccontava mai a casa, ma io ero fiero di lui. Due lauree ha preso, medicina e chirurgia. Ha fatto un master di 6 mesi, e ho trovato poi il diploma a casa, all'ospedale di Harlem a New York. Lì ha capito che erano bravi a trattare subito quelli che erano sotto choc, mentre da noi s'impegnavano prima a scrivere la scheda anagrafica. Avrei voluto fare medicina anch'io ma mi sconsigliò, diceva che c'era troppa burocrazia e tutto era complicato».

     

    Una personalità esuberante, eclettica, quella di Jannacci. Com'era nella vita privata?

    «C'erano dei picchi che rispettavano il suo carattere. Bassi di tristezza o apprensione, oppure era galvanico. Paradiso o inferno, gli artisti sono così. Non ho mai faticato a seguirlo, lui alla band dava lo stimolo "per far la differenza", diceva.

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    Nel mio piccolo di quando provavamo, cercavo a mia volta qualcosa che stupisse anche noi. Poi nel periodo più adulto parlavamo molto dei nostri guai, e l'ironia era la risposta».

     

    Paolo Conte dice ancora che Enzo è il più grande.

    «Lui adesso è il mio faro, canto spesso Parigi. Doveva sentire il papà quando mi raccontava di Paolo: "Prova a riascoltare i versi di Aguaplano", mi diceva, e rimetteva su la canzone del pianoforte che galleggia nell'oceano: "Ci va una bella forza per lanciare/ Un piano a coda lunga in alto mare". Era affascinato, lo citava nelle canzoni. In Parlare con i limoni dice: "Che bella quella canzone/ Che parla della pioggia, della Francia e non fa confusione/ E in mezzo a tutta ‘sta ignoranza è facile dire/ È proprio necessario poi?».

    Enzo Jannacci al Derby tra i suoi “figli” tra cui Ernst Thole, Abatantuono, Boldi e Faletti Enzo Jannacci al Derby tra i suoi “figli” tra cui Ernst Thole, Abatantuono, Boldi e Faletti

     

    (...)

    Un rimpianto?

    «Mi sarebbe piaciuto in verità che mi avesse guardato quando sono andato in gara a Sanremo, e mi avesse poi preso in giro. Diceva sempre: "Se vede che non sei in grado, il pubblico ti mangia vivo"».

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