Rinaldo Frignani per corriere.it
JOHNNY LO ZINGARO
«Una volta vorrei vendicarmi di questa società che mi ha maltrattato». Giuseppe Mastini lo disse prima di un permesso premio a un compagno di detenzione. Protagonista di omicidi, rapine, furti, inseguimenti mozzafiato con le forze dell’ordine, il 60enne meglio noto alle cronache come Johnny lo Zingaro ha insanguinato la Capitale negli anni Ottanta.
Ieri a mezzogiorno non si è presentato da un permesso premio nel carcere di Bancali, in provincia di Sassari. La seconda evasione in tre anni, dopo quella - analoga - dal penitenziario di Fossano (Cuneo). Adesso le note di ricerca di Mastini sono state diramate in tutta Italia, alle frontiere e soprattutto ai porti della Sardegna.
JOHNNY LO ZINGARO
«Autore di numerose rapine a mano armata, coinvolto nel processo per l’omicidio di Pierpaolo Pasolini condannato per altri due omicidi, tra cui quello dell’agente Michele Giraldi del commissariato romano X Tuscolano, oggi Giuseppe Andrea Mastini, detto Johnny lo zingaro, ancora una volta non è rientrato da un permesso premio. Eppure questo ergastolano durante un permesso premio nel 2014 si era già reso responsabilità di irregolarità e nel 2017 aveva fatto esattamente la stessa cosa».
Così Vincenzo Chianese, segretario generale di Es Polizia, commenta l’evasione di Mastini. «La normativa che consente di uscire dal carcere anche a persone che palesemente non dovrebbero poter circolare va assolutamente cambiata e non solo per evitare che i familiari delle vittime ogni volta che accadono certe cose avvertono di nuovo lo stesso dolore, ma anche perché la sensazione di impunità che c’è nel nostro Paese mina profondamente la credibilità dello Stato».
La carriera criminale
JOHNNY LO ZINGARO
Originario di Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo, Mastini appartiene a una famiglia di giostrai di etnia sinti che si sono trasferiti a Roma con la loro roulotte all’inizio degli anni Settanta. A undici anni, dopo essere già entrato a quell’età nel giro della malavita del Tiburtino, il «biondino», altro suo soprannome, viene coinvolto in un conflitto a fuoco con la polizia. Ferito a una gamba, ne porterà le conseguenze nel camminare.
Ma Johnny deve soprattutto la sua notorietà criminale a quanto accaduto a Roma la notte del 23 marzo 1987 quando venne catturato nei pressi di Fiano Romano dopo un rocambolesco inseguimento da parte di polizia e carabinieri al termine di rapine, omicidi e sequestri di persona.
Allora Mastini e la sua compagna di allora — Zaira Pochetti, 20 anni, di Passoscuro, sul litorale romano, già studentessa di Scienze politiche alla Sapienza e residente in un convento di suore — furono intercettati in auto, una Fiat, da un’autoradio del commissariato Tuscolano all’incrocio fra via Quintilio Varo e la circonvallazione Tuscolana, al Quadraro.
johnny lo zingaro
L’uomo era ricercato per una serie di rapine, oltre al fatto di essere evaso dal carcere minorile di Casal del Marmo (primo allontanamento), anche allora per un permesso premio per buona condotta, dove era stato rinchiuso con una condanna a 12 anni per l’omicidio di un tranviere, Vittorio Bigi, ucciso per rapina al Tiburtino. All’alt della polizia, Johnny spara con una 357 Magnum uccidendo all’istante l’agente Michele Giraldi e ferendo gravemente il collega di pattuglia, Mauro Petrangeli.
«Tanto non mi prenderanno mai»
In viale Palmiro Togliatti è invece un carabiniere in borghese a cercare di fermare la coppia: altro conflitto a fuoco, con il militare dell’Arma miracolosamente illeso in una cabina del telefono crivellata di proiettili dove si era rifugiato per chiamare rinforzi (gli smartphone non c’erano, ovviamente).
In via Nomentana l’auto della coppia si ferma e Mastini rapina la Lancia Gamma a una ragazza che si trova con il fidanzato, Silvia Leonardi, che viene presa in ostaggio e rilasciata qualche ora più tardi alla Bufalotta. «Tanto non mi prenderanno mai», sussurra alla giovane che qualcuno ipotizzò fosse addirittura rimasta in qualche modo ipnotizzata del suo rapitore.
Fatto sempre seccamente smentito dalla diretta interessata. A Fiano poi, dopo una lunga caccia nelle campagne -20 ore che tennero tutta la Capitale con il fiato sospeso, un’emozione terribile lunga un giorno, simile forse a quella provocata da Luciano Liboni, detto il Lupo, a fine luglio 2004 -, fra torrenti e anfratti, la cattura di Mastini e Pochetti, con la donna che morirà nel 1988 dopo essere stata assolta.
johnny lo zingaro
Una giovane di origini umili, figlia di un pescatore del borgo a una quarantina di chilometri da Roma, con una vita complicata, due fratelli morti (uno ucciso da un altro fratello ancora e l’altro annegato in una battuta di pesca), affascinata però da quel ragazzo così ribelle, spietato e deciso a portarsi via tutto a colpi di pistola.
«Tanto non lo prenderete mai», disse a chi l’aveva bloccata, mettendo da parte la timidezza con la quale era stata descritta, forse da chi non la conosceva bene, senza sapere che il suo idolo era già in camera di sicurezza.
Il coinvolgimento nel caso Pasolini
johnny lo zingaro
L’anno successivo Johnny lo Zingaro viene condannato all’ergastolo ma assolto dall’omicidio del console italiano in Belgio Paolo Buratti, ucciso a colpi di pistola nel corso di una rapina nel 1987 nella sua villa a Sacrofano. In quell’occasione l’imputato nega, come ha fatto sempre, di essere anche il responsabile della morte del tranviere.
Nel frattempo Mastini era stato anche coinvolto nelle indagini sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, del quale si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, dopo aver conosciuto a Casal del Marmo Pino Pelosi, condannato per quel delitto e deceduto nel 2017 a Roma. In particolare fra i sospetti su Johnny, quello per un anello perso da Pelosi all’Idroscalo di Ostia, luogo dove fu ucciso il regista e scrittore, che si disse gli fu regalato proprio da Mastini.
Il sindacato della Penitenziaria: ma chi gli ha permesso di uscire?
pasolini
E mentre in Sardegna da oltre due mesi proseguono le ricerche di Graziano Mesina, 78 anni, già primula rossa del banditismo sardo, soprannominato Grazianeddu, sparito dalla sera del 2 luglio scorso non appena avuta la notizia della conferma in Cassazione della condanna a 30 anni per traffico internazionale di droga (forse per andare in Corsica o Tunisia), le evasioni come quella di Mastini sono tra le «conseguenze alle quali si va incontro con lo smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari e delle carenze di organico della polizia penitenziaria, che ha 7mila agenti in meno.
pier paolo pasolini sul set di salo'
Quel che accade ogni giorno nelle carceri del Paese ci preoccupa», come spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. «Verrebbe da porsi l’interrogativo: ma i permessi premio vengono concessi previa preventiva adeguata valutazione del soggetto da parte di chi è preposto a tale compito? Viene davvero valutata la pericolosità del soggetto, l’appartenenza, i contatti che lo stesso ha con ambienti malavitosi?», continua Capece. «È necessario operare una decisa inversione di rotta nella concessione dei permessi premio a taluni soggetti detenuti - aggiunge -; occorre una stretta, in termini di rigidità, soprattutto nei confronti di quei soggetti che si sono macchiati di reati di grave pericolosità sociale.
johnny lo zingaro
A nostro avviso, occorre un urgente tavolo tecnico di tutti gli attori in causa, magistratura, autorità penitenziarie, polizia penitenziaria per mettere in campo, con la competenza e il contributo di tutti, una strategia comune, capace di rispondere in maniera più incisiva alle esigenze di sicurezza delle strutture e anche del territorio, dal momento che taluni detenuti che non rientrano dal permesso, di sicuro rientrano nel loro territorio a delinquere.
E questo, per una società civile, non è ammissibile, tollerabile». «Le nostre denunce rimangono senza risposte ed adeguati provvedimenti. Gli agenti di polizia penitenziaria devono andare al lavoro con la garanzia di non essere insultati, offesi o – peggio – aggrediti da una parte di popolazione detenuta che non ha alcun ritegno ad alterare in ogni modo la sicurezza e l’ordine interno.
Non dimentichiamo che contiamo ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’amministrazione penitenziaria. E sarebbe davvero il caso di pensare di affidare al corpo di polizia penitenziaria il controllo dei soggetti detenuti ammessi a misure alternative, area penale esterna, permessi premio”, conclude Capace.
johnny lo zingaro
L’ultima fuga è durata meno di un mese
Dopo l’ultima evasione dal cuneese - approfittò di un permesso di lavoro per andare alla Scuola di formazione e aggiornamento della polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, vicino Savona - Mastini è stato ripreso a Taverne d’Arbia, in provincia di Siena, con la sua ultima compagna, Giovanna Truzzi, anche lei evasa dai domiciliari a Pietrasanta, vicino Lucca. La polizia ha impiegato meno di un mese per trovarli, dopo aver intercettato i parenti di lei, e dopo aver ricostruito le fasi della fuga di Mastini, in taxi fino a Genova.
johnny lo zingaro arresto
A insospettire gli investigatori l’ordine da parte dei familiari della donna di un materasso che doveva servire per i nuovi ospiti da nascondere in casa. Qualche giorno più tardi Johnny lo Zingaro, ha chiesto la grazia spiegando che quell’evasione di tutti e due era per amore. Adesso una nuova fuga dopo aver passato in carcere una lunga parte della sua esistenza, passando da Casal del Marmo a L’Aquila e poi ancora da Pianosa (Livorno) a Rebibbia, quindi a Volterra. Poi altri penitenziari, compreso quello sardo di Badu ‘e Carros (Nuoro) e quelli di massima sicurezza, proprio come Bancali. Il gruppo Gang gli ha dedicato una canzone che in una strofa dice: «Johnny non si arrenderà, nè finestre nè mura nè celle mai potranno fermare la sua libertà».
johnny lo zingaro