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Giulia Zonca per la Stampa
M entre tutti erano pronti ad accompagnare il Liverpool all' uscita, Jurgen Klopp sognava l' impossibile. Non la gloria, ma il momento. L' effetto di una rimonta tanto potente da esigere 4 gol al Barcellona di Messi, l' ebrezza del calcio. Succede così ai visionari, immaginano talmente intensamente e si muovono in modo così diverso dalla folla che i loro pensieri diventano reali.
Oggi Jurgen Klopp è l' allenatore migliore, il candidato ideale, il tedesco più amato dall' Inghilterra (risultato facile), il tattico più raffinato, il motivatore più appassionato, l' uomo da corteggiare. È il prescelto perché non ha paura di perdere e non vive per vincere quindi è vero in un mondo spesso poco credibile.
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Umano in una dimensione sempre più aliena.
La passione per il paddle Ha giocato sette finali e ne ha perse sei, l' unico successo in un confronto diretto risale al 2012, una Coppa di Germania, non il trofeo più prestigioso.
Eppure i titoli mancati non lo hanno segnato. È troppo innamorato del suo mestiere per lasciarsene ossessionare. Mai guru e mai paranoico, sa come divertirsi. Lo dicono tutti, ma il trucco non riesce quasi mai a nessuno, prima o dopo si vedono i fili trasparenti che reggono il sorriso perpetuo, i nervi scoperti che stanno sotto parole apparentemente serene.
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Con Klopp non succede, lui prende soddisfazione dai legami che costruisce, dai club che trasforma, dagli uomini che anima, dai tifosi che gli rendono sempre grazia perché a guardare le sue squadre non ci si annoia mai. Cattura, convince, piace, trascina. È il tizio che al Borussia usciva dallo stadio a piedi dopo le partite di Champions, quello che ha festeggiato la firma con il Liverpool in un pub e offerto da bere ai presenti. Non può più mescolarsi alla folla, troppa attenzione, ma tiene comunque gli stessi toni, l' atteggiamento che si è portato dietro ovunque, la partita quotidiana a paddle al centro di allenamento del Liverpool. Battute frequenti, risposte poco controllate, i pugni all' aria mentre i suoi attaccano, i salti, gli sfoghi, le pubblicità in cui fa l' ironico. Fuori protocollo e lontano dagli eccessi.
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L' applauso di Mourinho Chiunque vuole restare legato all' essenza incontaminata del pallone. Solo lui ci riesce e forse per questo c' è sempre qualche scettico pronto ad alzare il dito e dire «Sì, però non vince mai». Intanto, a sorpresa, è ancora da vedere e poi lui raccoglie personali successi di continuo.
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I suoi gli hanno dato ogni merito dopo la semifinale e lo hanno ringraziato per il discorso con cui ha trasformato la frustrazione in miracolo: «Credeteci. Mettetevi nella testa che si può fare. Voi a Anfield ci potete riuscire. Questa può diventare la notte che racconterete per tutta la vita». Ieri è stato citato in parlamento, il leader dell' opposizione Corbyn ha suggerito al premier Theresa May di «chiedere consigli a chi sa come muoversi in Europa» e lei ha risposto «lo farò, voi dite che non c' è più possibilità di trattativa e lui insegna a insistere».
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Klopp ha fatto campagna anti Brexit, «non è la soluzione» e parla di politica senza ansie «mai a destra, sono di sinistra». Non discute del privato e nemmeno cerca filtri o risposte di plastica che lo mettano al riparo dalle critiche. Ne riceve pochissime, persino l' incontentabile Mourinho applaude: «La rimonta ha un nome, Jurgen Klopp». Ha pure il suo carattere e la sua capacità di guardare oltre, di concretizzare emozioni che gli altri non immaginano.
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