DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Claudia Luise per www.lastampa.it
«Potrei avviare una vertenza ma non ho più nemmeno la forza di fare la guerra. Vorrei solo che le cose cambiassero davvero». Laura Collu ha 42 anni e un figlio di sette. È da un decennio che prova a conquistare un contratto stabile; invece, si ritrova a rincorrere impieghi precari che ormai non le consentono nemmeno di pagare le spese.
In un settore, quello dei call center, schiacciato tra la tendenza a tagliare i costi delocalizzando e l’introduzione di strumenti di intelligenza artificiale che riducono la necessità di assumere personale. Lei uno dei volti della precarietà, anche perché da ieri l’azienda per cui lavora in somministrazione le ha comunicato che è “in disponibilità”: «quattro ore al giorno per 400 euro al mese. Fino al mese scorso ne lavoravo anche dieci al giorno e arrivano a più di 1600 euro, oltre ai ticket pasto da 8 euro al giorno».
È a Firenze per la festa della Uil che lancia la campagna sindacale contro il precariato e racconta la sua storia con la voce tremante per lo sconforto. E per la rabbia. «Ho almeno 900 euro di spese fisse, come faccio ad andare avanti? Sono stata punita perché in un momento difficile della mia vita mi sono ammalata e non ho sostenuto più i ritmi richiesti».
I dati sono impietosi. Quelli attivati nel 2023, sono stati per l’82,8% rapporti di lavoro precari. «[…]Senza considerare - sottolinea il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri - altre forme anomale di ingresso nel mercato del lavoro, quali i tirocini extracurriculari e molte partite Iva fittizie che celano rapporti di lavoro subordinati. In più, c’è il vero vulnus: il lavoro nero e irregolare che ha riguardato tre milioni di persone».
Il risultato è che si alimentano “lavoratori fantasma”, per la stragrande maggioranza giovani, che, a causa di questa condizione di precarietà non possono chiedere un mutuo, non possono accedere ad altri servizi, non possono costruirsi un futuro e, spesso, si trasferiscono all’estero o ingrossano le fila delle dimissioni volontarie. Federica, toscana, ha 28 anni. La sua storia è un esempio di ciò che succede quando si resta stritolati in una girandola di stage e tirocini che non consentono né di specializzarsi né di guadagnare uno stipendio dignitoso per essere autonomi.
«Finito il corso di studi ho lavorato tre anni per un’associazione no profit che però mi dava solo un rimborso spese di 400 euro al mese». Intanto ha cercato altro ma ha trovato solo tirocini. «Lavori 8 ore e guadagni 600 euro, una miseria. Ho lavorato anche a cottimo, facevo il montaggio di gioielli, mi pagavano 35 centesimi a bracciale». Intanto sono passati 6 anni: ora svolge tre lavori che le occupano tutta la giornata e arriva a 1.200 euro al mese. […]
E poi c’è Marcello 30 anni, insegnante campano: «Un anno dopo la laurea ho portato il mio curriculum in una scuola paritaria. Mi hanno assunto e ora insegno storia e filosofia». Ma le condizioni che ha accettato sono un pugno allo stomaco. «Risulto assunto regolarmente, la scuola privata mi versa i contributi, mi da una busta paga che devo firmare ma alla fine lo stipendio non lo prendo, devo restituirlo. Mi restano solo i contributi versati e il punteggio, che per me è la cosa fondamentale per conquistare un posto nella scuola pubblica».
[…] «Al governo - dice Bombardieri - chiediamo di adottare politiche strutturali affinché quei ragazzi siano trasformati da fantasmi in persone». Una situazione di incertezza certificata dai dati Eurostat: nel 2023 l’Italia è risultata ultima in Europa sia per tasso di occupazione, con il 61,5% a fronte di una media europea del 70,4%, sia per tasso di occupazione femminile, con un 52,5% a fronte di una media del 65,7%. Altissima è l’occupazione temporanea giovanile: anche qui abbiamo un record negativo piazzandoci, purtroppo, al secondo posto, di questa classifica inversa, con il 43,2%. La più virtuosa, invece, è la Lituania con solo il 4,2% di occupazione a termine.
E il problema della precarietà emerge anche dalle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro: il 34,4% dei rapporti di lavoro cessati nel 2023 ha avuto una durata non superiore al mese. Né lascia ben sperare il 2024. «Un’altra elaborazione Uil, su dati dell’Osservatorio del precariato dell’Inps, conferma che, nel primo trimestre, siamo già al 75,7% di nuovi rapporti di lavoro attivati con tipologie contrattuali temporanee e in presenza di un calo di quelle virtuose, con un meno 5% per i contratti a tempo indeterminato e -11% per quelli di apprendistato» dice il segretario.
Giovani e precari, dunque, ma non solo: anche poveri, ovviamente. Partendo da altri dati Inps, infatti, emerge che la retribuzione pro capite media dei tre milioni e mezzo di dipendenti under 30 di aziende private è stata pari a 13mila euro, poco più della metà della media nazionale.
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