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    L’AGLIO COL BENE CHE TI VOGLIO – LA NUOVA OSSESSIONE GASTRONOMICA È L’AGLIO NERO CHE NON HA NULLA A CHE VEDERE CON IL CLASSICO BULBO BIANCO: IL SAPORE È A METÀ TRA LA LIQUIRIZIA E L’ACETO BALSAMICO, NON LASCIA CATTIVO SAPORE IN BOCCA DOPO AVERLO MANGIATO ED È PIÙ DIGERIBILE – LA GRANDE CONTROINDICAZIONE DI QUESTO SUPERFOOD È IL PREZZO


     
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    Isabella Fantigrossi per "www.corriere.it"

     

    Ossessione gastronomica

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    Chi si aspetta il caratteristico sapore pungente sbaglia. L’aglio nero, la nuova ossessione gastronomica del momento, nulla ha a che vedere con il classico bulbo bianco. O, almeno, per il gusto. L’origine, invece, è la stessa: si tratta infatti di aglio tradizionale fermentato per qualche tempo. Il risultato? Spicchi dal colore scuro, scurissimo, quasi nero.

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    E un sapore, a metà tra la liquerizia e l’aceto balsamico, capace di sorprendere davvero il palato. Da sempre si utilizza in Oriente, nella cucina giapponese per esempio o in Corea (regno, del resto, delle fermentazioni). E ora anche i grandi chef italiani — ma anche i «foodies» casalinghi — lo stanno scoprendo. Sarà forse il colore che strizza l’occhio agli appassionati di cucina più all’avanguardia (il black food, secondo le previsioni di Uber Eats, il servizio di food delivery di Uber, è la tendenza dell’anno).

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    Fatto sta che l’aglio nero è ormai diventato il «super-food» da scovare nei negozi di specialità più riforniti, nelle botteghe di qualità oppure online. E da aver assaggiato almeno una volta nella vita.

     

    Come si ottiene

    E come si presenta esattamente? Gli spicchi sembrano, sotto la pelle, abbrustoliti. Quasi carbonizzati. In realtà sono morbidissimi e si ottengono da un processo di fermentazione.

     

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    Lasciando cioè i bulbi freschi in cottura a 60 gradi per trenta giorni e poi facendoli ossidare per altri quaranta, si scatena la cosiddetta reazione di Maillard: si formano sostanze antiossidanti e l’aglio così imbrunisce. In questo modo, tra l’altro, si riduce la quantità di allicina, la sostanza responsabile del cattivo gusto che resta in bocca dopo aver mangiato l’aglio tradizionale e della sua scarsa digeribilità. Il profumo è così alla fine più delicato, dolce e complesso.

     

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    «Prima di trovare il mio metodo di produzione — ha raccontato Laurent Girard uno dei più rinomati produttori di aglio nero in Francia —, ho fatto esperimenti per sei mesi e ho buttato via almeno 50 kg di aglio. È una alchimia delicata tra temperatura e umidità e tempo e non svelerò i miei segreti».

     

    Gli chef italiani

    I primi a scoprirlo in Europa sono stati gli spagnoli, che oggi vendono aglio nero anche al supermercato, per esempio il Black Allium, l’«ajo negro» di Las Pedroneras, e poi gli inglesi. Poi, piano piano, si sono convinti anche gli chef italiani. Come Moreno Cedroni — due stelle Michelin alla «Madonnina del Pescatore» di Senigallia — che lo usa per condire la sua pluma iberica con salsa di finocchio e arance. Cristina Bowerman («Glass Hostaria» di Roma, Trastevere, una stella Michelin) cucina gli gnocchetti con i ricci di mare, aglio nero e limone sotto sale.

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    O ancora il re del cioccolato Ernst Knam che, invece, ha inventato una torta dolce con aglio nero: «La gente diceva che ero matto — ha detto il pasticcere una volta —. Ovvio: rimaneva basita sentendo la parola aglio. Ma l’aglio fermentato è tutta un’altra cosa rispetto a quello che conoscono». Nell’ultima edizione di Masterchef, invece, è stato cucinato da una concorrente (Loredana, che ha preparato una zuppetta piccante di borlotti, trippa e aglio nero). Segno che l’ingrediente ha ormai raggiunto anche il grande pubblico.

     

    Per i primi piatti

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    Secondo molti, insomma, i bulbi scuri sono perfetti da ridurre in crema per accompagnare carni, pesce ma soprattutto i primi piatti. Come i cappelletti al baccalà o i tagliolini al burro e salvia che consiglia Nero Fermento, la start up di Ravenna che ha sviluppato la tecnologia per fermentare l’aglio di Voghiera Dop (Ferrara) e che ora vende il nero sia al dettaglio sia ai ristoranti. Oppure come il risotto aglio nero, olio e peperoncino dello chef Fabrizio Ferrari di «Unico Milano», una stella Michelin al ventesimo piano della Wjc Tower in zona Portello.

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    Come si usa

    E come si usa a casa? Intanto, anche se in vendita si trovano i barattoli di spicchi già pelati, gli esperti consigliano di acquistare le teste d’aglio ancora con la pelle perché conservano meglio l’aroma. Il nero, poi, si può sminuzzare oppure schiacciare in crema. Da amalgamare con olio extravergine o burro o anche saltato velocemente in padella per condire la pasta.

     

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    Unica controindicazione: il prezzo ancora alto. Che può costare dai 10 ai 18 euro per 100 grammi, il peso di circa tre teste d’aglio (ciascuna con, all’incirca, 6 spicchi). Praticamente dieci volte tanto l’aglio bianco tradizionale. Ma, in fondo, ogni spicchio basta per insaporire un piatto da portata.

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