Laura Larcan per "il Messaggero"
Villa Ada
L'ultimo segreto di Villa Ada sta nascosto nelle fitte trame della boscaglia, sulla cresta del versante che affaccia verso via Anna Magnani e la Moschea. Non altro che uno dei colli più remoti e selvaggi, del tutto estraneo ai flussi del pubblico. È qui che si può intercettare uno spettrale rudere monumentale, una torretta in muratura a pianta esagonale.
Una struttura enigmatica, avvolta da quell'impietoso strato di abbandono che ne ha oscurato ogni pregio. Stava lì, dimenticata, nell'oblio del tempo, toccata solo dalla mano di qualche vandalo inconsapevole e irrispettoso. Come spesso accade ai tanti gioielli di Villa Ada.
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Per fare luce su questa torretta di cui s'era persa memoria c'è voluto un lungo lavoro di indagine tra carta d'archivio, libri di storia, mappature del terreno.
IL TEAM L'Osservatorio Sherwood ha mobilitato un piccolo team di ricercatori, composto dall'ingegnere Romano Moscatelli di Sotterranei di Roma e dal naturalista Flavio Tarquini dell'Orto Botanico di Roma, struttura d'eccellenza de La Sapienza. A poco a poco si è svelato così il segreto del Roccolo del Re.
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Per capirne la storia bisogna andare indietro nel tempo fino al primo sovrano d'Italia, Vittorio Emanuele II che «per la sua leggendaria passione venatoria si era guadagnato l'appellativo di Re cacciatore», racconta Lorenzo Grassi che ha coordinato l'impresa storica.
«Nel 1872, dopo la presa di Roma e il trasferimento della corte Savoia nella nuova Capitale - continua Grassi - il Re aveva acquistato diverse proprietà sulla via Salaria per formare una tenuta di 200 ettari, ricca di animali selvatici, dove poter continuare a praticare il suo passatempo preferito. Tra i lavori della nascente Villa Savoia il sovrano ordinò la realizzazione di alcuni laghetti per favorire la presenza di selvaggina».
Veduta interna della Torre di Villa Ada
Ed è proprio nella parte nord-occidentale della villa che intorno al 1875 circa sorse l'originale struttura venatoria ad opera dell'Ufficio del Gran Cacciatore di Sua Maestà.
LA TECNICA VENATORIA «Quella del Roccolo era una pratica di caccia con postazione e reti che veniva usata per catturare uccelli migratori vivi», sottolinea Grassi. L'équipe di studiosi è riuscita a ricostruire nel dettaglio tutta la struttura, un esempio raffinatissimo di architettura vegetale, formata da costruzioni artificiali ed elementi naturali.
Strategico è stato il lavoro incrociato con autobiografie e libri storici, come quello di Enrico d'Assia, nel libro Il lampadario di cristallo, in cui annotava le sue emozioni infantili. E scriveva: «Al Roccolo si arrivava attraversando un fitto bosco che a noi bambini metteva un po' di paura: sulla sommità c'era un padiglione a torretta, in cima al quale si saliva con una scaletta a chiocciola esterna. Da lassù si godeva una bellissima vista della piana del Tevere».
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E sempre da Enrico D'Assia sappiamo quanto fosse forte l'attaccamento di Vittorio Emanuele II alla caccia, tanto che un freddo giorno d'inverno rimase così a lungo appostato nel parco per stanare una lontra che finì per ammalarsi di polmonite e morirne poco dopo il 9 gennaio del 1878.
ARCHITETTURA VEGETALE «Ad un'analisi ravvicinata, il Roccolo di Villa Ada ha mostrato delle raffinatezze - avverte Lorenzo Grassi - dalle lastre in ardesia delle scale esterne alle ingegnose staffe d'angolo, dai colori brillanti come il rosso che incornicia le finestre, al balcone panoramico, sino al camino realizzato nel piano interrato, fino all'elegante tetto spiovente in legno e al parafulmini».
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Facevano parte del Roccolo il casello, una torretta in posizione elevata, il tondo, un prato con al centro alberi da frutto per attirare gli uccelli, e il colonnato, un doppio filare di alberi con le reti ben nascoste. Nelle foto aeree di Villa Ada degli anni '40 è ancora visibile la conformazione del Roccolo, con il prato del tondo e il colonnato di alberi. «Proprio qui abbiamo trovato dei grandi alberi di frassino, possibile memoria vegetale di quel lontano passato», riflette Grassi.
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Ad aggiungere mistero al mistero di questa torre, poi, sono le tracce di buchi lasciati da sei colpi di arma da fuoco. Cosa può essere successo qui? «Sarebbe auspicabile - commentano gli studiosi - un intervento urgente di restauro da parte del Comune, anche perché le strutture sono a rischio crollo».