SUICIDIO ASSISTITO: CAPPATO E ALTRI INDAGATI IN NUOVO CASO
Margherita Botto
(ANSA) - Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, Cinzia Fornero, volontaria dell'associazione Soccorso Civile, e a Paolo Botto, fratello della professoressa di 74 anni Margherita, malata oncologica che è morta ieri mattina in Svizzera, sono stati iscritti nel registro degli indagati della procura di Milano per aiuto al suicidio.
L'indagine riguarda la morte assistita della docente in una clinica di Zurigo dove è stata accompagnata dal fratello e da Cinzia Fornero. Cappato è il presidente dell'associazione che ha organizzato il viaggio. I tre stamani si sono autodenunciati.
MARGHERITA BOTTO: "AIUTATEMI A PORRE FINE ALLA MIA VITA IN MODO DIGNITOSO E SENZA ULTERIORI SOFFERENZE FISICHE E PSICOLOGICHE"
Estratto dell'articolo di Andrea Siravo per "La Stampa"
Margherita Botto
«Aiutatemi a porre fine alla mia vita in modo dignitoso e senza ulteriori sofferenze fisiche e psicologiche». Parole soppesate e scelte con cura dalla professoressa universitaria Margherita Botto, settantaquattrenne milanese, contenute nella lettera con cui ha chiesto il suicidio assistito a una clinica svizzera. La stessa in cui la traduttrice per Einaudi di grandi autori francesi come Emmanuel Carrère, Alexandre Dumas e Stendhal è morta ieri.
Dopo una lunga carriera accademica di ricerca e insegnamento di letteratura e di linguistica francese nelle università di Pavia, Sassari e Bergamo. Alla quale in parallelo dalla fine degli anni Settanta si è dedicata alla traduzione dapprima di saggistica. Agli esordi lavorando sulle opere di Tzvetan Todorov, Roger Chartier e Marc Fumaroli. E quindi alla narrativa con i grandi classici dell'Ottocento fino agli autori contemporanei come Fred Vargas. [...]
Una donna malata di cancro sceglie il suicidio assistito
«L'oncologo - sottolineava la professoressa nella missiva al centro elvetico - mi ha chiaramente spiegato che il protocollo di cura ha lo scopo di ottenere un "contenimento del tumore" (citazione testuale). Quindi non una guarigione». Una prospettiva non contemplata da Botto. «Le mie speranze di poter ritornare ad una qualità della vita non dico soddisfacente, ma almeno accettabile sono molto ridotte o nulle.
Il proseguimento del protocollo di cura mi esporrebbe a ulteriori sofferenze per almeno un anno o più, senza molte probabilità di successo. In questa situazione intendo liberamente ed autonomamente porre fine al protocollo di cure, affrontandone consapevolmente le infauste conseguenze». [...]
suicidio assistito 2 suicidio assistito 3