Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
alessandro di battista contestato
La Nemesi. Un’adunata di piazza si riunisce davanti a Montecitorio - presentata come spontanea, in realtà abbastanza organizzata, con dentro soprattutto gente del movimento dei Forconi, tanti autonomisti lombardo-veneti, qualche no vax, molti che inneggiano a slogan neoborbonici. Gridano slogan contro la legge elettorale, su cui è stata appena messa la fiducia, ma soprattutto gridano contro l’intera classe politica.
«Abusivi, andate via», «Cani», «Usurpatori», sono tra le cose più gentili che si odono da questa che vorrebbe essere una rappresentazione del “popolo”. Attaccano questa legge elettorale ma anche la precedente, che ha mandato in Parlamento - dice uno dei manifestanti - «questa manica di usurpatori», «è un Parlamento illegale e abusivo», sostengono.
ALESSANDRO DI BATTISTA CONTESTATO
A quel punto succede l’imprevisto. Alla folla si unisce Alessandro Di Battista, il deputato grillino addetto nel Movimento alle operazioni-show da capopopolo. Dove c’è una piazza c’è lui. Prova a blandire i manifestanti. «Che deve fare il popolo italiano se non venire in piazza? Il problema principale è relativo ai tre quarti di nominati previsti da questa legge elettorale». Un po’ prova a cavalcarne la rabbia, un po’ a usarla politicamente riconducendola al progetto grillino, operazione in cui è stato maestro il suo maestro, Beppe Grillo.
Evoca, proprio Di Battista, il fascismo: «Questa non è solo una legge contro l’M5S, è l’ennesima legge che garantisce ai partiti politici di nominarsi i parlamentari. Mi auguro che non metteranno la fiducia, cosa che hanno fatto due volte nella storia: prima Mussolini con la legge Acerbo e poi De Gasperi con la legge truffa. Mi auguro che non succederà. Noi ora stiamo dentro perché forse con qualche voto segreto facciamo saltare questa porcata. Tutti voi siete convocati domani alle 11 in piazza Montecitorio». Solo che a Di Battista la situazione sfugge di mano. O forse adesso non è più tempo neanche per il Movimento di esser creduto.
«Buffone», «buu», «vattene». «Ma che c... dici», gli urla a mezzo metro un uomo calvo con gli occhiali a specchio [update: mi hanno segnalato su twitter che c’è un video in cui si sente persino un tale che grida a Dibba ciò che i grillini hanno spesso gridato ad altri: “Servo di Goldman Sachs!”; al che Di Battista, che se ne stava andando, perde la pazienza e risponde, «macché Goldman Sachs...»].
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E tanti come lui dicono cose simili, «siete peggio degli altri». I manifestanti in piazza sono del Movimento Liberazione Italia di Antonio Pappalardo, ex generale dei carabinieri e ex deputato, ma ci sono anche tantissimi cani sciolti leghisti o indipendentisti lombardo-veneti che sostengono i referendum per l’autonomia delle regioni del Nord, e tanti no vax. «Grazie, siete tanti, io non lo so chi è che ha convocato questa manifestazione», comincia Dibba, ma non gli fanno quasi finire la parola investendolo coi fischi.
«È stato il generale Pappalardo!», gli urla uno dei forconi. «Vattene», «dimettiti». La scena è raggelante. Dopo aver seminato per anni sentimenti di questo tipo, ora li assaggiano proprio i big del Movimento, anzi ne vengono investiti. Una lezione inquietante su come andrà a finire - male - tutta questa storia.
ALESSANDRO DI BATTISTA CURZI SANTORO