Marco Giusti per Dagospia
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Dopo un’apertura davvero tiepida, solo 90 secondi di applausi e critiche internazionale non così buone per “Comandante” di Edoardo De Angelis (“un messaggio nobile non fa un film esaltante” scrive “Variety”), che ci fanno rimpiangere non poco la non-apertura con “Challengers” di Luca Guadagnino, ritirato dalla produzione americana, non ha avuto grande successo nemmeno il secondo film del concorso, la curiosa dark comedy politica cilena “El Conde” di Pablo Larrain targata Netflix (salutato dal pubblico col grido di protesta: “pay the writers”).
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Ultima fatica del celebrato regista di “Jackie” e “Spencer”, che l’ha scritto assieme a Guillermo Calderon (“Neruda”, “Una donna fantastica”, “Il club”), con Jaime Vadell come il dittatore Augusto Pinochet in versione vecchio vampiro, Alfredo Castro come il suo terribile cameriere vampiro russo bianco, Antonia Zegers come la suora ammazzavampiri Carmen, Gloria Munmchmeyer come la cafonissima moglie del dittatore, “El Conde”, fotografato in un favoloso bianco e nero dal veterano Edward Lachmann (“Nick’s Movie”, “Carol”), parte da un’idea piuttosto divertente, Pinochet non è morto, finge di esserlo, e è in realtà un vampiro francese, Claude Pinoche, che ha iniziato a mietere vittime al tempo della Rivoluzione Francese, e ha lottato per tutta la vita contro rivoluzionari, anarchici e comunista e ha voluto il potere per arricchirsi.
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Lo vediamo vestito da Pinochet, con tanto di divisa, medaglie, cappello e mantello, volare su Santiago in cerca di carne fresca. Estrae dal petto delle sue vittime il cuore e se lo frulla come fosse una centrifuga. Vive con la orrenda moglie, che ha avuto il solo merito di aprirgli le gambe,e il cameriere russo che ha trasformato in vampiro e che flirta con la moglie in una landa desolata dominata da una ghigliottina che gli ricorda i bei tempi della Rivoluzione Francese. Fino a qui tutto bene, o quasi.
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Poi il film si avvita seguendo una suora ammazzavampiri che si presenta come commercialista in grado di far luce su tutti i suoi conti segreti, in Cile e all’estero che il dittatore, in odor di morte, vorrebbe lasciare a moglie e a figli. Non aiuta un’opprimente voce off che commenta il film in inglese, che scopriremo essere la voce di Margareth Thatcher, anche lei in versione vampiro. In mano a un Lucio Fulci, campione della parodia horror, sarebbe stato qualcosa di più divertente.
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Qui, magari per la nostra scarsa conoscenza delle vicende giudiziarie e delle ruberie del dittatore e della sua figlia, diventa un film che non riesce a evolversi troppo dalla sua idea iniziale e rimane fermo nella sua pur elegante operazione stilistica. Freddo, con un tipo di commedia che farà sicuramente ridere i cileni, ma non un pubblico internazionale, che non riesce ad aggrapparsi a nessuno dei personaggi messi in scena da Larrain. Anche la suora, che rappresenta la mano della Chiesa sul malloppo del dittatore, rimane un bozzetto non rifinito. Purtroppo la precisione di messa in scena di Larrain degli ultimi film, sembra qui perduta, forse per il troppo coinvolgimento del regista con l’orrore del personaggio Pinochet e l’orrenda famiglia assetata di soldi. Dal 15 settembre su Netflix.
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