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    LA VENEZIA DEI GIUSTI – “ORIGIN”, DI AVA DUVERNAY È COMPLESSO, FATICOSO, INTERESSANTE, MA ANCHE UN BEL PO’ POLPETTONE – DIFFICILE DA SEGUIRE FUORI DAL SISTEMA CULTURALE AMERICANO, È ANCHE UN FILM NON FACILE DA DIGERIRE PER COME È COSTRUITO, CON CONTINUI RIFERIMENTI ALL’EPOCA NAZISTA E ALLA NASCITA DELLE LEGGI RAZZIALI CONTRO GLI EBREI, MA ANCHE PER I CONTINUI AGGANCI AL RAZZISMO DELL’AMERICA PIÙ PROFONDA E A QUELLA PRESENTE DEI SUPPORTER TRUMPIANI E DEI SUPREMATISTI BIANCHI… - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    origin di ava duvernay origin di ava duvernay

    Meglio dirvi subito che il personaggio che interpreta in questo complesso, faticoso, interessante, ma anche un bel po’ polpettone “Origin” di Ava DuVernay, la brava Aunjanue Ellis-Taylor, cioè Isabel Wilkerson, è non solo una vera scrittrice, unica afro-americana che abbia mai vinto il Pulitzer, ma anche l’autrice del libro che dà il titolo e il senso a tutto il film, cioè “Caste: The Origins of Our Discontents”.

     

    L’idea dello studio della Wilkerson, e il cuore del film della DeVernay, è il sistema non solo americano, ma mondiale di controllo di un gruppo di persone sulle altre, è costruito sull’idea di casta e non di razza.

     

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    Così se è vero che i nazisti ripresero dagli americani bianchi le Leggi Jim Crow di segregazione razziale, è vero che se ne servirono per far diventare una casta sottomessa quella che era una casta più ricca e dominante, quella ebrea.

     

    LA Wilkerson studia attentamente l’idea di casta e dei rapporti fra bianchi e neri in America, ma il suo lavoro la porta in Germania per capire come sia stato possibile applicare lì, durante il nazismo, le idee di sottomissione dei neri da parte dei bianchi.

     

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    Nel film vediamo la Wilkerson perdere in poco tempo il marito, il bonazzo bianco Jon Bernthal, qui in versione professore di matematica e serio progressista, e la mamma, e buttarsi quindi in un momento particolare e triste della sua vita, in uno studio complesso come quello del sistema delle caste che la porterà al suo fondamentale libro (che non abbiamo letto).

     

    Difficile da seguire fuori dal sistema culturale americano, lo ammetto, è anche un film non facile da digerire per come è costruito, con continui riferimenti all’epoca nazista e alla nascita delle leggi razziali contro gli ebrei, ma anche per i continui riferimenti e agganci al razzismo dell’America più profonda e a quella presente dei supporter trumpiani e dei suprematisti bianchi. Insomma, magari vincerà qualche Oscar, ma dopo dieci giorni di proiezioni è un duro colpo anche per il critico più navigato.

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