BODYCAM
Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
Quando le parole «software» e «cinese» si uniscono, nell’intelligence sale il livello di attenzione. Figurarsi se «software» e «cinese» coincidono con un progetto di bodycam per le forze dell’ordine. È accaduto così che una nota dei servizi ha acceso un faro sulla sperimentazione delle «telecamere indossabili» per i poliziotti.
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BODYCAM
L’informazione è giunta a rappresentanti del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e soprattutto al ministro dell’Interno, che — secondo fonti autorevoli — ha subito chiesto dettagli al Dipartimento di pubblica sicurezza. Sia chiaro, tutto si è svolto nella più assoluta correttezza. La strumentazione è stata acquisita dopo una gara avvenuta nel 2020, ai tempi del governo giallorosso di Giuseppe Conte: a vincerla è stato un consorzio di aziende di cui è capofila la Accenture, multinazionale che opera nel settore della consulenza strategica e dell’esternalizzazione.
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Ma l’intelligence ha individuato in una società italiana legami «con la Cina» e nella nota suggerisce in prospettiva di «scegliere telecamere di provenienza europea o americana» che «possano essere collegate anche con altri dispositivi a disposizione delle forze dell’ordine»: «In questo modo si avrebbe maggiore sicurezza». […]
C’è un motivo però se il ministro dell’Interno ha deciso di seguire il dossier. Matteo Piantedosi è consapevole di quanto sia serrata la competizione tecnologica su scala internazionale in questo settore. E sebbene sia stato rassicurato sulla sicurezza del progetto, ha già dato la linea ai collaboratori con una frase inequivocabile: «Se fai parte di un club, ne fai parte fino in fondo». Il «club» è l’Occidente. E nell’attuale contesto, su una materia così sensibile, bisogna porre molta attenzione.
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La vicenda delle bodycam — per quanto priva al momento di rischi — solleva un delicato tema politico nascosto dietro una questione formalmente tecnica. Le gare di appalto per il settore pubblico hanno modalità burocratiche, ma per settori sottoposti al regime di sicurezza nazionale — sui quali c’è già la supervisione del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza — «andrebbe creato un sistema di acquisto diverso», commenta un esponente del Copasir: «Potrebbe essere regolamentato con una direttiva della presidenza del Consiglio o con un’apposita legge».
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[…]In Italia l’infiltrazione di Pechino nel dominio cibernetico è elevato, tanto che la scorsa legislatura fu presentata in Parlamento un’interrogazione dai deputati Enrico Borghi e Filippo Sensi sul ruolo della multinazionale cinese Hikvision, legata al regime, bandita in America e osteggiata in Europa. I suoi sistemi di videosorveglianza sono «installati nelle procure italiane, all'aeroporto di Fiumicino, nel centro di produzione Rai e risultano presenti anche presso la sede del governo a palazzo Chigi». Inchieste giornalistiche hanno dimostrato che i dati sensibili sono inviati a un server in America «ma poi finiscono in Cina»..