Gianluca Nicoletti per “la Stampa”
GUIDO ANGELI
Wanna Marchi entra a pieno diritto nell'epica di una docuserie Netflix. Ancora da viva sarà raccontata attraverso la storiografia televisiva. È un privilegio solitamente postumo e riservato a chi abbia rappresentato un tassello non trascurabile nella storia del nostro Paese. L'importante è non farla passare per un genio, o per una grande innovatrice televisiva. È stata solamente una donna molto capace di cogliere alcune debolezze genetiche degli italiani e farci sopra profitto.
Lei e il circo Barnum di cui era a capo ha giganteggiato per un decennio, permanendo nella nostra memoria collettiva con assai più profonda traccia, tra la folta schiera di imbonitori che si portò dietro la prima carovana di tv commerciali. Non furono innovatori, non inventarono alcunché già non si fosse manifestato nelle fiere di paese, nelle campagne, nelle piazze cittadine. Come alle corti dei potenti o alla riffa dei simoniaci.
Wanna Marchi, rispetto ai materassai con rete e copriletto annessi, i mobilieri del truciolato, i mercanti di patacche d'arte, fu la regina in assoluto della coorte dei venditori di «experience», come si direbbe oggi, che però potremo facilmente tradurre con il termine gergale di «fancazzole».
Wanna Marchi fu ancor più la pitonessa del sacro culto della fancazzola, nell'epifania telelibera di una millenaria arte di vendere illusioni, che tanto più paiono prossime alla concretezza tanto più rasentano l'assurdo, in un rapporto costo-beneficio cosmicamente svantaggioso per chi acquista.
MAURIZIA PARADISO
La fancazzola di Wanna Marchi, come della figlia Stefania con cui seppe fondersi in indissolubile monade bifronte, ebbe la maggior fortuna di culto proprio nei decenni 80/90, quelli in cui agli italiani fu permesso sognare di aver lambito il paradiso in terra. Paradiso che altro non fu che l'annuncio di poter raggiungere un non ben definito Nirvana, solamente attraverso il contatto allucinato con della merce.
È importante definire il contesto in cui si produsse la sua fortuna miliardaria. Ricordiamo per i più giovani che non esisteva Internet e non c'era Amazon. Chiunque ambisse a ricevere beni di consumo a casa propria, e senza contatto sensoriale con ciò che acquistava, non aveva altro supporto che il catalogo Postal Market, il succedaneo a ogni desiderio (compresi i più impudichi dei maschi adolescenti, fruitori indiretti di quelle pagine tentatrici).
Il catalogo entrò stabilmente nelle case degli italiani dalla fine degli Anni 50 alla fine dei 90. Quello che ne derivò in seguito non fece la storia: l'ultima edizione, nel '99, già apparteneva a un gruppo tedesco e il manager che lo gestiva, Eugenio Filograna, che fu anche senatore di Forza Italia, tentò la carta del glamour per famiglie, pubblicando nel primo numero una collezione di lingerie maliziosa, indossata da Gabriella Carlucci in guepierre e completini leopardati. Aggiunse una sezione in cui erano in vendita manette con peluche rosa, vibratori e preservativi in confezione «famiglia».
MAURIZIA PARADISO 2
Osò veramente troppo rispetto alla verecondia del target femminile, che rinnegò definitivamente il supporto cartaceo, mentre nel frattempo iniziava ad apprezzare la modalità della televendita, che rappresentava l'evidente vantaggio di essere targettizzata.
Gli oggetti innominabili erano venduti nottetempo da fantasmagoriche televenditrici, si immagina a solo vantaggio di maschi adulti e figli in crescita.
Vale la pena qui di ricordarne due tra tutte: la «Venere bianca», al secolo Manuela Falorni da Fucecchio, recentemente risorta a 63 come imprenditrice di fitness, al tempo però dispensatrice delle sue grazie a Rete mia, in un programma dedicato ai suoi «orgasmini», che fu paradigma di quella prima vendita di merce impalpabile rappresentata dai famigerati numeri a pagamento di chat erotiche. Quelli stessi da cui la signora Pina Fantozzi fu costretta a farsi ingaggiare, per poter pagare la compulsione all'ascolto zozzo del ragionier Ugo pensionato.
Anche Maurizia Paradiso eccelse nelle televendite notturne di oggetti astrusi dall'uso inequivocabile, contestualizzati però in una cornice talmente surreale da depotenziarne la carica proibita di succedanei sessuali: sembravano piuttosto espressioni di arte concettuale, anticipatrici di ogni narrativa cyberpunk.
manuela falorni 9
Meritano una menzione la giostra panoramica delle lingue rotanti e la mano vibrante telecomandata. È proprio in questo girone eterodosso della vendita di gadget che rasentavano l'improbabile che, a mio parere, riesce ad allignare la liturgia pomeridiana di Wanna e Stefania Marchi. Ciò, senza dubbio alcuno, fu attività mirata a lucrare sull'ignoranza altrui, rappresentò però la più concreta profezia di quello che oggi ci siamo rivelati essere nella nostra percentuale, anche politicamente emergente, di pensiero arcaico e superstizioso.
Wanna Marchi vendeva all'inizio pillole «scioglipancia», le vendeva sbattendo sul tavolo tranci di coratella bovina e celebrando l'apoteosi di quello che oggi condanniamo come «Body shaming». Si rivolgeva direttamente alle donne sovrappeso, dicendo che facevano schifo. Oggi nessuno potrebbe mai impunemente ripetersi in quel repertorio, è sicuro però che nelle sue pillole ci fosse lo stesso «nulla» che rappresenta l'ingrediente base di un'infinità di integratori, preparati omeopatici, straordinari medicamenti suggeriti da eroici rappresentanti della «medicina alternativa».
SERGIO BARACCO
Le interminabili e reiterate litanie, che Wanna e Stefania portavano in tv ogni pomeriggio, avevano la stessa evidenza scientifica dei mantra novax che negli ultimi due anni hanno avuto dignità di esistenza nei più importanti talk della tv generalista nazionale. Lei, però, passerà alla storia, i suoi epigoni al massimo avranno una transeunte fama parlamentare. L'apoteosi della fancazzola fu quando tutto ciò si trasformò in pura avanguardia. Il grado zero della scrittura televisiva avvenne quando madre e figlia si improvvisarono sacerdotesse del Candomblè, capaci di evocare nell'Italia, devota a Padre Pio, la straordinaria discesa tra gli umani del mago Do Nacimiento.
roberto baffo da crema
Allora nessuno fece caso al vilipendio dei valori dell'Occidente cristiano, quando le due donne invocavano, urlando e simulando possesso, tutte le divinità della Santeria. A beneficio delle italiane, donne e madri, che stiravano davanti alla tv i pantaloni del marito e compravano a distanza il sale consacrato, che avrebbe loro evitato corna e disgrazie.
WANNA MARCHI STEFANIA NOBILE wanna marchi e stefania nobile 9 roberto baffo da crema wanna marchi e stefania nobile in tv WANNA MARCHI 5 WANNA MARCHI 4 WANNA MARCHI MAGO DO NASCIMENTO