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    LE NOTTI DA INCUBO DI TRASTEVERE - STUPRATA E PICCHIATA UN'ALTRA UNIVERSITARIA DELLA JOHN CABOT. E’ LA QUARTA VITTIMA DA GENNAIO. DENUNCIATO UN CAMERIERE – “IO PIANGEVO, LUI CONTINUAVA. IO MI RIFIUTAVO E LUI MI MENAVA” – L’UOMO SI DIFENDE: “NON SONO STATO IO MA IL MIO FRATELLO GEMELLO” - IL QUARTIERE SIMBOLO DELLA CAPITALE FA PAURA: "QUI È DIVENTATO TUTTO TROPPO BUIO E PERICOLOSO. LE TELECAMERE CHE CI SONO STATE PROMESSE PRIMA DELLE AMMINISTRATIVE. IL RISULTATO AD OGGI È PARI A ZERO”


     
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    Romina Marceca per roma.repubblica.it

     

     

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    Violenze sessuali nei confronti delle universitarie a Trastevere. Il dramma lo racconta di nuovo una studentessa della John Cabot, dopo l'arresto di due giorni fa di un tassista che ha commesso abusi nei confronti di due studentesse dell'università privata statunitense. Stesso spicchio di movida di Roma, stessa paura e coraggio di denunciare.

     

     

    La quarta vittima da gennaio della John Cabot

    La quarta vittima accertata da gennaio, iscritta all'ateneo con sede in via della Lungara, è Maria (nome inventato). È arrivata da pochi mesi in Italia per l'esperienza di studio più importante della sua vita. Vent'anni, del Nordafrica, Maria il primo giugno scorso davanti ai carabinieri della compagnia di Trastevere ha raccontato la sua notte da incubo dentro la sua casa: "Mi ha tirata per i capelli perché non volevo fare quello che mi chiedeva lui e poi mi ha struprata".

     

     

    "Non volevo e lui mi picchiava"

    Parole difficili da pronunciare e con i singhiozzi che si sono susseguiti uno dopo l'altro durante la deposizione. "Io piangevo, lui continuava. Io mi rifiutavo e lui mi picchiava", è la ricostruzione di Maria sul verbale di denuncia. Tutto è successo nella casa che la ventenne condivide con la sua amica e coinquilina, un appartamento a Monteverde. Ma l'inizio di questo stupro è in un bar di Trastevere, pochi passi dalla John Cabot. È dopo la denuncia di Maria e il riconoscimento fotografico che un cameriere di 22 anni è stato arrestato.

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    Prima è finito in carcere, da qualche giorno è ai domiciliari col braccialetto elettronico. Il giudizio immediato è stato chiesto e ottenuto dalla sostituta procuratrice Alessia Natale e fissato per il 14 febbraio, la data che festeggia l'amore. Ma di amore in questa storia non ce n'è nemmeno un briciolo.

     

    Le lesioni alla colonna vertebrale

    Maria e il suo stupratore si sono conosciuti la sera del 27 maggio nel bar di viale Trastevere. Lui è simpatico, lei dopo avere bevuto un bicchiere in compagnia della sua coinquilina lo invita a casa. Lui si presenta come Alessio, di origini kossovare.

     

    "Ero consenziente - spiega lei agli investigatori - quel ragazzo mi piaceva". Peccato che dal consenso si è arrivati agli abusi più impronunciabili. "Lui continuava a picchiarmi perché lo avevo allontanato, era troppo violento", è la versione che per gli inquirenti è genuina. Così come le lesioni alla colonna vertebrale riscontrate dai medici del Fatebenfratelli dell'isola Tiberina.

     

    "Non sono stato io: è stato il mio fratello gemello"

    Lui, dopo la denuncia, ha tentato di sviare gli investigatori. È andato in Romania dopo l'apertura dell'indagine, ha cercato di portare gli investigatori sulla strada del fratello gemello. Ma Maria ha consegnato alla magistrata gli screen shot dei messaggi Whatsapp e la foto dove si vede quel piccolo particolare tra i fratelli omozigoti: la dentatura.

     

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    Quell'uomo, infine, non ha mai chiesto scusa a Maria offrendo 10mila euro per le spese processuali. "L'indagato ha parlato di spropositata foga - scrive l'avvocata Licia D'Amico nell'opposizione alla richiesta di arresti domiciliari avanzata per il cameriere - ma qui stiamo parlando di stupro e di lesioni". La studentessa, dopo lo stupro, ha bussato alla porta della sua amica. "Lo conoscevo anche io - ha ricostruito l'altra studentessa ai carabinieri - e avevo notato che faceva avances a diverse ragazze".

     

    Adesso Maria è ritornata a frequentare l'università, dopo un primo periodo di pausa. Segue un percorso psicologico assistita dalla onlus "bon't worry" e spesso ripete: "Non mi sono mai sentita da sola, faccio di tutto per andare avanti e superare la violenza. Voglio solo giustizia per il male che mi è stato fatto".

     

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    "La movida è cambiata, e Trastevere è ormai pericolosa"

    Nelle stradine di Trastevere, all'ora di pranzo, i locali con i dehors sistemati sui sampietrini sono pieni di universitari stranieri. Soprattutto ragazze. L'argomento davanti a un avocado toast è l'arresto del tassista che ha tentato di violentare due studentesse americane e preso dalla polizia. Una dice: "Il pericolo c'è, però sappiamo dove trascorrere le serate perché ci sono associazioni che aiutano noi studenti abroad a frequentare i luoghi giusti". Certo, il timore di girare per Trastevere a sera inoltrata non manca. "Siamo turbati per le nostre colleghe ma purtroppo questi casi accadono dappertutto", è quanto pensa un'altra ragazza.

     

     

    I seminari per imparare a proteggersi

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    Il presidente della John Cabot University, Franco Pavoncello, assicura che "le nostre studentesse e i nostri studenti seguono costantemente seminari in cui diamo informazioni su come proteggersi". A novembre l'università stilò anche un decalogo per la notte di Halloween. "Le due studentesse aggredite dal tassista hanno fatto tutto quello che potevano. Erano ritornate in taxi nella residenza di via della Lungara, come noi consigliamo", continua Franco Pavoncello. "La sorveglianza nelle nostre sedi è 24 ore su 24 e infatti un nostro vigilantes ha sentito le urla. È intervenuto, poi quell'uomo è stato individuato grazie alle telecamere".

     

    Due denunce al mese per violenza sessuale

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    Nella zona della movida c'è una compagnia dei carabinieri e il commissariato di polizia dove arrivano due denunce al mese per violenze sessuali. I controlli non mancano ma un investigatore spiega la richiesta di più impianti di videosorveglianza che le forze dell'ordine hanno avanzato a prefettura e Comune durante i tavoli di confronto. "Qui le telecamere sono troppo poche, ci sono strade troppo isolate, c'è bisogno di più impianti perché molte violenze non riusciamo a riscontrarle", spiega l'inquirente. "Faccio l'esempio di un palpeggiamento. È la parola della vittima contro quella di un uomo che anche se si localizza con il cellulare è difficile da accusare".

     

    I lampioni che non ci sono

    La soluzione dell'installazione di più telecamere per ricostruire le incursioni delle baby gang, gli stupri, le aggressioni, era arrivata all'indomani della violenza sessuale di Garbatella ma anche del raid contro "Er pantera", un clochard di Trastevere, in piazza Trilussa. Dina Nascetti del comitato Vivere Trastevere è tranchant: "Le telecamere nei lampioni ci sono state promesse prima delle amministrative. Il risultato ad oggi è pari a zero". Ma dal Comune assicurano che l'iter, tra bando e gara, dovrebbe concludersi a fine anno. Cioè tra un mese.

     

     

    "Qui è tutto troppo pericoloso"

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    Alle 14 le lezioni sono terminate e Michael parla con due colleghe davanti a una delle sedi della John Cabot, quella di lungotevere Raffaello Sanzio. Il vigilante controlla che ogni studente passi correttamente il badge per entrare nella struttura. "Noi scontiamo la vicinanza a Trastevere", è quanto pensa Michael, italo-americano, "che è diventata il baricentro di atteggiamenti violenti. La movida è cambiata negli ultimi anni, soprattutto dopo il Covid". Le sue colleghe, italiane, spiegano: "Noi non trascorriamo le serate a Trastevere ma in altre zone della città. Qui è diventato tutto troppo pericoloso".

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