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Marco Giusti per Dagospia
PINOCCHIO DEL TORO GUSTAFSON 4
Che vediamo stasera? Vi dico subito che in streaming avete almeno due filmoni nuovissimi. Su Netflix è appena uscito, dopo un breve passaggio in sala di non grande successo, “Pinocchio” di Guillermo Del Toro e Mark Gustafson, kolossal animato ultradark, ambientato nell’Italia fascista in piena guerra, con tanto di podestà cattivo e di Duce, quello di Credere Obbedire Combattere, che va a vedere il teatrino della marionette e si ritrova insultato da Pinocchio come Vostra Escremenza.
Molto amato dalla critica americana, anche perché riunisce due talenti, quelli di Del Toro e quello di Gustafson, vecchio maestro della stop motion, francamente lo trovo molto, ma molto cupo, non adatto ai bambini, anche perché inizia con Geppetto che ha un figlio, certo Carlo, che muore durante un bombardamento nella Prima Guerra Mondiale e Pinocchio risulta quindi da subito come un quasi figlio, che seguita a morire e risorgere per tutto il film perché burattino, e la morte, assieme alla guerra e al fascismo, diventa il tema principale del film. E’ una meraviglia però il Conte Volpe (non Volpi) costruito sulle possibilità vocali di Christoph Waltz, che passa da una lingua all’altra come il suo Hans Landa in “Inglorious Bastards”.
L’altro filmone appena uscito su Apple Tv con non poche ambizioni da Oscar, e in Italia non ha avuto neppure una uscita tecnica in sala, è il kolossal “Emancipation”, diretto da Antoine Fuqua, gran maestro dell’action violento, prodotto e interpretato da Will Smith che si ripresenta così davanti all’Academy dopo il premio vinto con “King Richard” e il pasticcio combinato in diretta con Chris Rock. Il film, lungo più di due ore, con una meravigliosa fotografia parte in bianco e nero parte con lievi colori quasi da muto del tre volte premio Oscar (su dieci nomination) Robert Richardson, che ricorderete per “The Hateful Eight”, “Casino”£, “JFK”, “Shutter Island”, “Kill Bill” e, soprattutto, per “Django Unchained”, è decisamente superiore a quel che ne scrivono i critici americani. Anche perché ha una tenuta visiva e di messa in scena, grazie a Richardson e a Fuqua, assolutamente strepitosa e credo che il principale problema sia proprio il casino combinato da Will Smith la notte degli Oscar.
Ricco, Apple lo ha comprato per 120 milioni di dollari, sceneggiato bene anche se in maniera un po’ monocorde da Bill Collage e tratto da una storia vera accaduta a uno schiavo in fuga, certo Peter, durante la fine della Guerra di Secessione che si ritrovò a combattere in una dei quattro reggimenti della cosiddetta Guarda Nativa della Louisiana, non è propriamente un film sullo schiavismo, quanto una grande film picaresco con una fuga incredibile nelle paludi della Louisiana, un’ora di spettacolo, dove il Peter di Will Smith, con barbetta caprina, si ritrova alle costole il cattivissimo cacciatore di schiavi Ben Foster assieme ai suoi cani e deve superare una serie di prove durissime, come lo scontro tra un alligatore gigantesco, serpenti, api. Il tutto per poi ritrovarsi, vestito da nordista nel pieno di una sanguinosa battaglia all’attacco di una collina piena di sudisti armati di cannoni. Se la scena della battaglia è spettacolare, devo dire che preferisco però la lunga fuga nella palude con Ben Foster che insegue Will Smith ferito e affamato. Comunque assolutamente da vedere.
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