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“LO ZODIACO? CHIUSO PER COLPA DI 4 KOSOVARI” - IL RISTORANTE È FALLITO PER LE CAUSE DI EX DIPENDENTI. “UNA STORIA DA CRONACA NERA” – I SOCI SPIEGANO CHE LA VICENDA DEI LAVORATORI NON PAGATI È ADDEBITABILE ALLA PRECEDENTE GESTIONE. “È UN LUOGO MAGICO, NON PUÒ FINIRE COSÌ. RIAPRIREMO". LE INDAGINI SU FACCENDIERI E PRESTANOME E QUEL GRUPPO DI SEDICENTI IMPRENDITORI CHE…
Fabrizio Peronaci per corriere.it
La notizia, all’indomani del lockdown causato dal Coronavirus, ha cominciato a circolare a inizio giugno. Il caffè-ristorante «Lo Zodiaco», aperto negli anni ‘50, uno dei locali più famosi di Roma per lo strepitoso panorama dalla collina di Monte Mario, era stato dichiarato fallito.
Un mesto finale per una location amata da artisti, intellettuali, gente di spettacolo, ma soprattutto dalla gente comune, dagli innamorati delle ultime 3-4 generazioni, attratti dall’incantevole terrazza sulla quale scambiarsi baci e promesse. E adesso, mentre il curatore fallimentare è al lavoro, spuntano i retroscena. Una storia (molto italiana) nella quale si intrecciano cause di lavoro, interessi opachi e pregresse illegalità, già al centro di inchieste della Procura.
A raccontare per filo e per segno come è crollato il mito de «Lo Zodiaco» sono stati, sulla pagina Fb dedicata al ristorante, i «soci dell’azienda», come si sono firmati in fondo a un lungo post Roberto Rossi e Roberto e Nadia Zagaglia. «Come tutti avete potuto notare - è la premessa - la nostra attività è fallita. Perché? Perché 4 dipendenti kosovari, che avevano lavorato con la vecchia gestione, già nel 2015 avevano chiesto e ottenuto da noi il pagamento di oltre 120.000€ per liquidazioni dovute dai vecchi gestori e che noi abbiamo pagato, sempre in sede fallimentare, in un’unica soluzione.
Successivamente, sempre gli stessi lavoratori, appena incassato, si sono ripresentati con un’altra causa nel civile, sempre nei confronti della vecchia gestione, riguardante ore straordinarie non retribuite, permessi non pagati, ferie non godute, rivendicando (udite bene) la cifra esorbitante di oltre 700.000€». Noi della nuova gestione, aggiungono i tre soci, «non essendo a conoscenza di questa causa perché insediati da pochissimo, ci siamo presentati solo nell’ultima udienza utile, quando ormai era tardi: però, leggendo la sentenza, abbiamo apprezzato molto la decisione del giudice, che ha trasformato la cifra richiesta dai 4 kosovari da oltre 700.000 a 300.000 euro».
Sembrerebbe una storia come tante, se non fosse per un’anomalia: a mettere mano al portafoglio, «per un totale di 1.500.000 di euro di debiti accumulati dai precedenti gestori purtroppo già noti alla cronaca nera romana», sarebbe stato il datore di lavoro sbagliato. E qualche incertezza avvolge anche la figura dei «quattro kosovari», non è chiaro se semplici camerieri o altro.
«A questo punto - aggiunge il terzetto - siamo ricorsi subito in appello, fiduciosi, presentando richiesta di sospensiva ai giudici, i quali stabilivano che, in attesa della sentenza, la cifra richiesta dai kosovari doveva calare da 300.000 a 100.000 euro. Molto contrariati, i kosovari hanno però iniziato un’azione di pignoramento, andata poi a buon fine, per un ammontare di 65.000€. Quindi, noi della nuova gestione eravamo convinti di dover attendere la sentenza di appello, ma i kosovari invece agivano nuovamente per via fallimentare...» E questo sarebbe stato il colpo di grazia, che ha portato alla sentenza dello scorso 4 marzo, in pieno lockdown.
Resta la domanda: che fine hanno fatto i vecchi gestori? La risposta, nel post, è chiusa in una parentesi. «Vogliamo ringraziare pubblicamente i nostri 35 lavoratori, tra fissi e stagionali. Siamo stati una squadra coraggiosa perché insieme abbiamo dovuto affrontare anche una triste realtà collegata alla cronaca di Roma degli ultimi anni (a questo proposito magari il cognome Loreti vi dice qualcosa). Questo incubo è stato vissuto e affrontato da noi tutti insieme e in silenzio, anche se lo abbiamo denunciato nelle nostre cause e querele, purtroppo archiviate.
Ma confidiamo - è la conclusione - che la giustizia italiana possa modificare questa incredibile storia dal finale molto amaro. Noi non ci arrendiamo. Lo Zodiaco è un luogo magico e iconico di questa città e non può e non deve finire così. Faremo tutto il possibile per riaprirlo. Grazie di cuore...» Firmato, appunto: «Roberto Rossi-Roberto e Nadia Zagaglia. Soci dell’azienda». Con la postilla: «Chiunque voglia condividere questo articolo è autorizzato a farlo».
Fin qui, la versione resa pubblica, diventata presto virale in Rete, a conferma dell’affetto dei romani per «Lo Zodiaco». Il riferimento ai Loreti, d’altronde, è molto preciso: tre anni fa, in seguito a un’inchiesta della Guardia di Finanza conclusa con sette arresti, era infatti emerso che un gruppo di sedicenti imprenditori specializzati nel salvataggio di aziende in crisi era subentrato in alcuni noti ristoranti, tra i quali la «terrazza degli innamorati» sopra piazzale Clodio. È stata quella gestione, che mise al lavoro personale straniero, a porre le basi del crollo? Oltre 1.200 i commenti in coda al post. Molti di solidarietà, ma non solo. «Sinceramente non capisco perché avete rilevato la vecchia società e quale avvocato vi ha consigliato», «Mah, forse prima andrebbero fatti dei controlli», «Chi è il vostro commercialista?»
vista panoramica di roma nord dallo zodiaco
Critiche anche per l’insistenza nel precisare la provenienza dei ricorrenti («Il fatto che i dipendenti siano stranieri cambia poco le cose», «Questo è razzismo», «Se era loro diritto avere quei soldi significa che sono stati sfruttati») e, da parte di una giovane mamma, per averci rimesso del suo. «Mi piacerebbe poter credere nella vostra assoluta buona fede - ha scritto F.A. - ma se è tutto vero perché il 14 febbraio, a meno di tre settimane dalla dichiarazione di fallimento, avete insistito per avere l’acconto per la prenotazione della prima Comunione di mia figlia?»
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