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Antonio Cianciullo per “Repubblica - Casa”
La casa antisismica ha scelto la filosofia dell’adattamento. Meglio flettersi che irrigidirsi, meglio accompagnare l’onda tellurica che opporsi. L’evoluzione della tecnologia sta portando a materiali sempre più sofisticati che vanno tutti nella stessa direzione: assorbire la scarica di energia sismica sacrificando la parte per salvare il tutto, deformandosi per evitare il crollo.
«Attenzione però, la casa perfettamente sicura non esiste perché l’energia in gioco è enorme. La scala della magnitudo è logaritmica: un grado in più vuol dire che il sisma è circa 30 volte più potente, due gradi in più circa mille volte più potente. In pratica tutto dipende dal tipo di terremoto, dalla distanza tra la casa e l’epicentro, dal terreno su cui è costruito l’edificio, dal sottosuolo attraversato dalle onde simiche», avverte Antonio Occhiuzzi, direttore dell’Istituto per le tecnologie della costruzione del Cnr.
«Questo non vuol dire che bisogna scoraggiare gli investimenti antisismici: al contrario bisogna mirarli bene e nel mondo della ricerca italiana ci sono le competenze per fare un buon lavoro».
Le tecnologie di prevenzione più avanzate puntano al cosiddetto disaccoppiamento tra la casa e il terreno. Gli edifici vengono poggiati su cuscinetti in teflon o gomma e acciaio che in caso di terremoto fanno da ammortizzatore: il risultato è notevole. Il costo per le nuove costruzioni viaggia attorno al 5 per cento, ma c’è chi ritiene che questa maggiore sicurezza nella base permetta di risparmiare sulle spese di edificazione portando il bilancio in pareggio. Invece il prezzo per gli edifici esistenti è alto e si giustifica solo in caso di opere di rilevanza storica o artistica.
Per le normali abitazioni dunque è meglio ricorrere alle tecniche tradizionali, affinate da nuovi materiali. Ma bisogna distinguere tra case in muratura, case in cemento armato e case in legno. Ecco una sintesi di che cosa si può fare in questi tre casi.
Case in muratura. Sono le case tradizionali a uno o due piani in pietra o mattoni. Possono avere una buona resistenza, a patto di rispettare alcuni criteri: alta qualità dei materiali di base, cucitura dei blocchi di muratura portante con iniezioni di malta, catene e cordoli in calcestruzzo saldati a elementi metallici che lavorano in verticale formando una sorta di “scatola” che viene tenuta assieme dal “coperchio”, il solaio.
Case in cemento armato. Bisogna intervenire sui pilastri irrobustendoli con fibre in carbonio e inserendo nella struttura elementi metallici collegati tra di loro. «Per essere più precisi, bisogna fare un’analisi dei singoli edifici perché molto dipende dal terreno su cui poggiano», aggiunge Paolo Clemente, l’esperto del settore dell’Enea. «In linea di massima è meglio la roccia, ma uno strato sottile di sabbia può essere utile. Lo avevano scoperto già i Greci, che costruirono i templi dorici di Paestum ponendo sotto le fondamenta un cuscino di sabbia».
Case in legno. Nel Nord Europa, negli Stati Uniti e in Canada è da sempre l’elemento base dell’edilizia e le sue prestazioni in termini di sicurezza antisismica sono state molto rivalutate: l’importante è un buon collegamento fra le travi e i pilastri. Un edificio in legno di sette piani è stato testato in Giappone su una piattaforma che ha simulato il terremoto di Kobe: è rimasto in piedi senza una crepa.
«Oggi l’obbligo di adottare criteri antisismici scatta solo nelle ristrutturazioni di grandi edifici: è arrivato il momento di incentivi diffusi ed efficaci in grado di creare un volano di buona edilizia come è stato fatto per gli interventi di efficienza energetica», propone Fabrizio Tucci, docente di Progettazione dei sistemi costruttivi alla Sapienza e coordinatore del Tavolo per l’edilizia degli Stati generali della green economy.
Sulla stessa linea l’ex presidente del parco del Gran Sasso e Monti della Laga, Walter Mazzitti: «Dalla tragedia del terremoto può nascere la possibilità di ricostruire i paesi devastati non solo in maniera sicura dal punto di vista sismico ma anche restituendo ai centri storici la loro pulizia architettonica, alle volte appannata da interventi poco felici. Sarebbe una possibilità in più per il rilancio turistico delle aree colpite».
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