DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
DAGONOTA
sergio mattarella giuseppe conte 2
Dire che Mattarella è incazzato è un mero eufemismo. A 6 giorni dall'annuncio, il Decreto Rilancio e i 55 miliardi promessi ancora non ci sono. Il "poderoso" atto del Governo Conte che dovrà salvare l'ex Belpaese ancora non è finito sulla Gazzetta Ufficiale: per la Ragioneria Generale (Mef) i decreti mancano di coperture. Per il Capo dello Stato che il Decreto Rilancio sia stato annunciato in pompa magna da Conte senza la sua firma è uno sgarbo. Di più: un’offesa (ricordate: Sergio è nato a Palermo). Va bene firmarlo il giorno dopo ma qui di giorni ne sono passati ben 6!
Trattandosi poi di un mattone di 500 pagine con 250 articoli, studiarlo e approvarlo non è una passeggiata di mezz’ora. E si torna all’antico bubbone di questo paese; un bubbone che la pandemia ha fatto scoppiare definitivamente: la burocrazia. Se si vuole salvare, l’Italia intanto deve mettere da parte la giungla delle scartoffie e delle norme oppure sarà seppellita dalla sua stessa carta.
2. I 55 MILIARDI DEL DL RILANCIO NON ARRIVANO
Claudio Antonelli per “la Verità”
L' attesa del decreto è essa stessa il decreto. Perché sancisce la superiorità della macchina burocratica sul contenuto da realizzare e sugli articoli da promulgare. Il governo giallorosso resta in vita grazie agli annunci, agli studi, alle strategie, alle formulazioni che arrivano dai comitati scientifici e dalle task force. E si autogenera a ogni conferenza stampa.
Per carità, diamo atto che il primo a lanciare la moda è stato Matteo Renzi. Alla fine dei cdm, l' ex sindaco di Firenze si presentava con un bel file di power point e annunciava agli italiani gli investimenti alla scuola o il decreto semplificazione.
A far fede erano le slide... e poi arrivano i decreti. Ma Giuseppe Conte ha superato di gran lunga il maestro e va a braccio. I giallorossi non hanno meno le slide. Interrompono i cdm e annunciano decreti che non ci sono e che non hanno le coperture. Sei giorni fa, il premier è apparso a reti unificate e ha confermato 55 miliardi di deficit per sostenere la cassa integrazione, un mini taglio dell' Irap, e un po' di sostegno a fondo perduto per le piccole aziende.
i fondi? I rimanenti 7/8 miliardi da mettere in marchette o cose difficilmente di pubblica utilità come il bonus vacanza per chi fa fatica ad arrivare in fondo al mese o i 500 euro per comprarsi il monopattino.
Solo che mentre scriviamo, il decreto ancora non c' è. Non è finito in Gazzetta perché dalle parti del Mef si lavora per far quadrare i conti. A una giornalista che sabato sera chiedeva dove fosse finito il dl Rilancio, il premier mentre dava per fatto un altro decreto (quello sulle riaperture) che sarebbe stato partorito in realtà 24 ore, si è limitato a dire: «Tranquilli c' è l' accordo politico mancano i dettagli tecnici».
In realtà è in atto un forte scontro sugli ecobonus al 110%. Così come sono stati pensati aprono a probabili extra costi che finirebbero per impattare sul taglio dell' Irap di per sé già minimo. Il taglio dell' Irap è però parte dell' accordo informale chiuso con Confindustria che ha accettato il resto del decreto in cambio di una limatura alle tasse.
Se saltasse così la parte relativa all' Irap, sarebbe da mettere in discussione a sua volta tutto il capitolo sulle erogazioni a fondo perduto. A bloccare il dl ci sono però anche i rilievi di Bankitalia. Il sistema dell' ecobonus, come posto nella bozza d' ingresso al cdm della scorsa settimana, apre al grosso rischio della sovrafatturazione.
Negli articoli legati all' incentivo non si prevedono tetti di spesa (salvo che sui pannelli solari) ed è facile immaginare che se ogni 100 euro ne vengono restituiti 110, parta una maxi produzione di fatture che occultino spese non reali. Ogni legge deve includere garanzie anti criminalità e paletti che blocchino i furbi dal principio.
Sembra che su questo aspetto ci sia ancora molto da fare e che al tempo stesso i 5 stelle non vogliano rinunciare a quello che hanno sbandierato come loro grande successo. Il ritardo blocca i lavori in Aula del dl Liquidità perché i rappresentanti della maggioranza hanno, così come quelli della minoranza pronto una serie di emendamenti solo che non sanno più in che veicolo di legge infilarli. I testi così come i subemendamenti al dl Rilancio sono pronti da ieri mattina.
Ma non c' è il testo e se arrivasse ultra blindato, i parlamentari sanno che dovrebbero infilare le migliorie nel dl Liquidità. Altrimenti si perderebbero una volta per tutte.
Il risultato è che i 55 miliardi promessi ancora non ci sono. I miglioramenti per accedere alle garanzie bancarie ancora non ci sono e e - dulcis in fundo - gli effetti del Cura Italia di cui il dl Rilancio sarebbe dovuto essere il seguito naturale, si stanno impantanando.
SILVIA ROMANO E GIUSEPPE CONTE
Ci riferiamo all' erogazione dei bonus per gli autonomi, ai fondi per la cassa integrazione e al divieto correlato di licenziamento. Insomma un pasticcio che si poteva evitare.
In tempo di emergenza non si interviene con decreti o Dpcm ma con semplici disegni di legge che poi possono trovare maggiore strutturazione in sede parlamentare.
Invece, il dl ancora in fase di parto contiene ben 23 fondi istituiti ad hoc per sostenere specifici settori o classi sociali e circa 150 soglie di accesso a detrazioni, deduzioni, agevolazioni e persino al denaro a fondo perduto. Non sappiamo ancora come finirà in Gazzetta ma difficile che venga semplificato.
GIUSEPPE CONTE FIRMA UN DECRETO
Così il premier Conte ha pensato bene lo scorso sabato di annunciare un nuovo decreto che con un colpo di genio verrà chiamato dl Semplificazione. Dentro ci dovrebbe essere una parziale riforma del diritto societario e una proposta per (a cui lavora un consulente di Cdp) per copiare il modello di governance olandese, lo stesso che ha spinto Fca, Cementir e altri a trasferire la sede all' Aja.
Ma non finisce qui. Una volta approvato il dl Semplificazione sarà la volta di un nuovo decreto per riattivare l' economia. «Dovrà contenere almeno 20 miliardi», ha fatto sapere il vice ministro all' Economia, Laura Castelli, «per aiutare i Comuni e e le imprese».
La grillina non ha usato il termine urgente, per cui di questo passo potrebbe arrivare a Ferragosto.
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