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    MATTEO METTE LE ALI – GIA’ PRONTO L’ITINERARIO PER IL VOTO A GIUGNO: NIENTE CONGRESSO, NIENTE PRIMARIE. L’ANNUNCIO NELLA DIREZIONE DEL 13/2 - TEME LA FINANZIARIA DEL PROSSIMO ANNO: LACRIME E SANGUE PER COME HA LASCIATO I CONTI PUBBLICI – PER ORA, MATTARELLA FA GIOCARE PITTIBIMBO CON IL CALENDARIO. MA…


     
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    Goffredo De Marchis per la Repubblica

     

    RENZI MATTARELLA 9 RENZI MATTARELLA 9

    La road map per le elezioni anticipate è già pronta. Si paventa aprile per avere maggiori chance di ottenerle a giugno (l’11). Si apre il tavolo sulla legge elettorale già questa settimana. Si convoca la direzione democratica il 13 febbraio per prendere atto delle condizioni possibili e di quelle impossibili e per definire il fatto che, una volta approvati piccoli aggiustamenti alla norma sul voto, la legislatura è finita, il governo Gentiloni pure.

     

    GENTILONI GENTILONI

    No al congresso anticipato, quindi. E no anche alle primarie per la premiership vagheggiate quando si immaginava una coalizione di centrosinistra. «Pisapia e Boldrini li candiderà il Pd», ripete ora Matteo Renzi. Corre direttamente per Palazzo Chigi il segretario del partito, come da statuto. I risultati del voto diranno se può tornarci o meno. Questo il calendario che Renzi ha fissato sul suo Iphone.

     

    ettore rosato ettore rosato

    Ci sono le variabili, ma l’ex premier pensa di poterle tenere sotto controllo. Non teme sorprese da Paolo Gentiloni, sebbene il presidente del Consiglio non nasconda i suoi dubbi sul voto di giugno o meglio sul risultato che il Pd acciufferà nelle urne quel giorno. Renzi non si infilerà in un lungo ed estenuante tira e molla sulla legge elettorale. Ettore Rosato, già nei prossimi giorni, avvierà le consultazioni. Modello di partenza: il Mattarellum. Già bocciato.

     

    Subito dopo tocca alle preferenze di genere da introdurre al Senato, e dai capilista bloccati anche per Palazzo Madama, regola che ingolosisce tutti i partiti, non solo Renzi. Si può fare facilmente, dicono a Largo del Nazareno. Senza cambiare i collegi.

     

    Un capolista ogni regione. Sono altri 20 posti a disposizione dei leader. Aggiustamenti minimi. A quel punto, raccontano i pasdaran renziani, i partiti coinvolti firmano un documento comune, si prepara il testo di correzione e si mette una fiducia “tecnica”, in modo da non aprire un dibattito parlamentare. Certo, restano le incertezze legate alle motivazioni della Consulta sull’Italicum da restaurare. Ma è bene avere pronto il piano A. Per i B c’è tempo.

    sergio mattarella tra i magistrati sergio mattarella tra i magistrati

     

    L’altra variabile è Sergio Mattarella. Un tentativo vero sulla legge elettorale è dovuto, in particolare per rispetto al capo dello Stato. Qualcuno ha anche ricordato a Renzi un particolare: «Chi darà l’incarico di formare un nuovo governo dopo le elezioni? Il presidente della Repubblica che c’è oggi». Un avvertimento affettuoso. Poi ci sono le scadenze internazionali. Per questo l’idea di aprile appare troppo precipitosa.

     

    DALEMA 1 DALEMA 1

    Ma dal Quirinale i segnali non sono negativi. Mattarella non si offende se qualche dirigente del Pd (Matteo Orfini) indica tempi supersonici per la legislatura: dieci giorni ed è morta. «Sono normali dinamiche politiche. La minaccia delle elezioni — dicono al Colle — è funzionale ad avere il miglior risultato sulla legge elettorale». Significa comunque che la trattativa sul sistema di voto dev’essere seria ed approfondita.

    MICHELE EMILIANO MICHELE EMILIANO

     

    Infine ci sono le correnti del Pd, la scissione di D’Alema, del congresso invocato da Michele Emiliano e Roberto Speranza. Il rischio di una “guerra civile” a sinistra è fortissimo, come ha confidato ad alcuni compagni Nicola Zingaretti, dopo aver proposto una sua tregua: nè congresso nè elezioni. Ma a Renzi interessa soprattutto la maggioranza nella direzione, perché da lì deve arrivare il via libera alla road map ovvero alle dimissioni del premier. Senza mettersi di traverso, Dario Franceschini ripete da giorni che «sarebbe bene andare a votare con una legge che consenta una vittoria chiara. E vale anche per il Pd».

    NICOLA ZINGARETTI NICOLA ZINGARETTI

     

    Una posizione non dissimile da quella del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Ma lo strappo sognato dai nemici del voto subito (e del segretario) non c’è. Almeno per ora. Del resto di fronte agli argomenti di Franceschini, Renzi ha messo un ragionamento altrettanto stringente per giustificare la scelta di giugno: «La prossima manovra economica può essere una legge di tagli e di sacrifici. E il Pd pagherebbe un prezzo altissimo andando alle elezioni a febbraio del 2018».

    FRANCESCHINI DIREZIONE PD FRANCESCHINI DIREZIONE PD

     

    Andrea Orlando Andrea Orlando

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