DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Claudio Colombo per âIl Corriere della Sera'
Un giorno d'estate del '63, Ferdie Pacheco girava per i viali di Miami sulla sua Cadillac decappottabile, con Cassius Clay e due ragazze adagiati sul sedile posteriore. A un certo punto, Clay si sporse in avanti e disse al suo dottore: «La vedi quella cosa in alto?» e indicò il cielo con un dito. «La vedi quella cosa, doc? à la nave spaziale».
Pacheco non aveva ancora fatto l'abitudine alle stramberie del suo giovane amico: «Quale nave spaziale, Cassius?». «Quella è la Nave madre. Le razze non bianche sono oppresse dai bianchi, ma presto da quella nave scenderanno persone che cancelleranno i bianchi dalla faccia della Terra. Il loro inferno sarà il nostro paradiso».
Clay, poco più che ventenne, aveva imparato a memoria il mito di redenzione della Nation of Islam, il movimento dei musulmani di colore guidati da Elijah Muhammad, un ex nipote di schiavi nato in Georgia e capo indiscusso del gruppo politico-religioso. Di lì a qualche tempo, Clay sarebbe diventato membro attivo della Nation.
Accadde ufficialmente il 26 febbraio 1964, 50 anni fa: la sera prima, Cassius aveva battuto Sonny Liston, conquistando a 22 anni e 39 giorni il titolo mondiale dei massimi. Non era stato un match facile: Clay, sfavorito 7-1 dai bookmakers, sovvertì il pronostico. Liston, nel minuto di riposo fra 6°e 7° round, scosse il testone e disse basta. Sentiva dolore a una spalla e forse non aveva più voglia di soffrire. Qualcuno parlò di truffa, di match combinato, persino di Liston che aveva scommesso contro se stesso. La mattina del 26 febbraio, Clay si presentò alla Convention Hall di Miami per la prima conferenza stampa da campione del mondo. A un certo punto un cronista aveva alzato la mano: «Cassius, è vero che sei un membro dichiarato dei musulmani neri?».
Sussulto di Clay. David Remnick, autore di una bellissima biografia di Ali intitolata «Il re del mondo», ricorda perché: «Uno, dire "membro dichiarato" sapeva molto di maccartismo. Due, la definizione black muslims, musulmani neri, per gli adepti della Nation era un termine ripugnante». Ma Clay aveva reagito subito. Lanciando il suo primo messaggio politico: «Io credo in Allah e nella pace: adesso non sono più un cristiano, so dove andare e conosco la verità ». Confermando, in pratica, la sua avvenuta conversione.
La svolta religiosa, che avrebbe portato Cassius a situazioni estreme come il carcere per renitenza alla leva e il bando dal mondo dello sport, non era arrivato dal nulla: prima di andare ai Giochi di Roma 60, dove vinse la medaglia d'oro nei mediomassimi, aveva incontrato Elijah Muhammad a Chicago, incuriosito dalla retorica dell'orgoglio razziale che i black muslims esprimevano, ma anche dalla disciplina e dal contegno, dal loro senso di gerarchia e di rispetto reciproco, dal rifiuto di fumare, di bere e gozzovigliare. La curiosità divenne adesione grazie anche alla stretta e tormentata amicizia con Malcolm X, il più radicale tra i seguaci di Elijah, teorico politico dell'autodifesa, che lascerà la Nation prima di essere assassinato nel 1965. Oggi, 50 anni dopo, Ali devolve ancora parte dei suoi introiti (il suo è un «brand» praticamente immortale) alla causa, e non passa giorno che, sfidando anche il Parkinson che lo tormenta da 40 anni, non dimostri di essere un buon musulmano. Non è un azzardo sostenere che in quella manciata di ore tra la sera del 25 e la mattina del 26 febbraio 1964 molte cose cambiarono nella boxe mondiale e nella vita degli americani.
Qualche settimana dopo il match contro Liston, Elijah Muhammad tenne un discorso alla radio. Sostenne che il nome di Cassius Clay «mancava di significato divino»: da quel momento, lui e i suoi fratelli lo avrebbero chiamato Muhammad Ali. Muhammad, Maometto, significa «degno di lode»; Ali è il cugino del profeta. Cassius Marcellus Clay, che amava il proprio nome come se stesso (una volta disse: «à bellissimo: ti fa pensare ai gladiatori romani»), ne fu sorpreso ma accettò il cambiamento: da allora, firma ogni pezzo di carta della sua vita, dal semplice autografo agli atti notarili, con un semplice Muhammad, «uomo degno di lode». E se lo chiami Cassius, neppure si volta.
MUHAMMAD ALI MOSTRA IL GIORNALE CHE CONSACRA IL SUO PASSAGGIO ALL'ISLAMJOE FRAZIER MOHAMMED ALI JOE FRAZIER GEORGE FOREMAN MOHAMMED ALI FRAZIER E ALI FRAZIER ALI
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