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Intervista a Roberto D’Agostino - Estratto del libro “Italian Nightclubbing” di Alessandra Izzo e Tiziano Tarli
Cosa ricordi degli anni sessanta?
Gli anni sessanta sono stati gli anni dei piccoli club e delle cantine. Erano i tempi della scuola, tutti volevamo ballare, compravamo già i primi dischi. Poi nel 1965 nasce il Piper club e da lì è stata una valanga.
Dall’esplosione del Piper dopo poco il clima si incupisce e non si balla più:
Gli anni sessanta sono finiti col sessantotto. Quando l’ideologia e la politica entrano in gioco prepotentemente, inizia un decennio insopportabile. Dal ‘68 al ‘78, quando muore Moro, in Italia e non nel mondo, è stato un decennio veramente orribile. Una sorta di guerra civile.
Cosa pensi della disco music? Perché era considerata una musica per fasci?
Io vado a New York nel 1972, e lì c’era l’inizio della disco music. Mi ricordo benissimo che quel tipo di musica era appannaggio di certi quartieri neri, certe discoteche nere. Lo stesso tipo di musica, una volta che arriva in Italia invece diventa la musica dei fascisti. Le discoteche, come le palestre, erano luoghi dove la destra dominava.
La disco music da noi è considerata di destra perché la ballavano i fasci, invece è una musica che nasce dai quartieri black, non ha nulla a che vedere con la destra. In Italia questo succede a causa della canzone d’autore, dove il cantante doveva avere il pugnetto chiuso. Tutte queste cose orribili che si facevano con una chitarrina.
Ma non c’era la musica, erano canzoni che contenevano una sorta di principi politici che venivano sparati ad un pubblico che voleva solo quello. E’ l’ideologizzazione della gioventù che è stata micidiale. Tu pensa a quello che hanno fatto al nostro miglior prodotto musicale che è stato Lucio Battisti. Tutti i cantautori insieme non valgono un brano di Battisti.
La tua esperienza al Titan?
Io mi trovai a fare il DJ al Nuovo Titan dopo il delitto Moro. In quel momento storico la scelta era o di prendere la pistola o di allontanarsi da quel tipo di approccio politico. Il Titan diventa una discoteca rock, perché almeno era lontana dalla disco music che purtroppo aveva questo marchio. All’epoca c’erano Lou Reed, Patty Smith, Bob Marley, Rollling Stones. Il rock si ballava tutto. Dopo dieci anni di cortei finalmente si torna a ballare.
cover libro italian nightclubbing
Il Titan era un paradiso terrestre che ricreava una realtà parallela alla merda della vita quotidiana. Con il divertimento del sabato sera c’è il riscatto dei ragazzi come avviene un po’ nel film di Travolta. In fondo, uno entra in un locale e non è più quello che è, ma si trasforma in quello che vorrebbe essere. La discoteca diventa un mondo a parte, parallelo. Poi una volta uscito, si ritorna al solito tram tram.
Che ne pensi dei travoltini, nel servizio dell’ Altra domenica li prendi un po’ in giro:
No, in realtà dopo dieci anni di pistolettate, qualche eccesso poteva sembrare un po’ ridicolo ma ci stava tutto. Il travoltino è un po’ cafoncello anche perché il mondo americano era diverso da quello italiano, quindi un po’ la cosa stonava, però io mi ricordo che tutta la musica nera era fantastica.
Andavo spesso in America e vidi una volta questo gruppo, i War, che avevano come band di supporto gli Earth wind and fire. Fu una cosa pazzesca, ero fuori di me. C’erano dei gruppi favolosi.
La musica nera degli anni settanta è stata veramente un capolavoro. E poi ha influenzato tutti. Il rock è stato influenzato dalla musica nera da una parte e dall’elettronica dei Kraftwerk. Poi abbiamo avuto la musica degli anni ottanta, la new wave, che ha a che fare con una danzabilità che è nera e con un suono elettronico che è tedesco.
Parlaci dell’esperienza Ballo e non solo a Villa Ada per l’estate romana:
Lì ho cambiato tutto! C’era da fare con Nicolini una sorta di festa di riconciliazione. La gente non usciva più di casa per via delle brigate rosse, degli scontri e dei rapimenti. Allora lui mi chiese di fare qualcosa, ed io ritirai fuori la musica dell’Italia felice, quella del boom economico, degli anni sessanta, prima del sessantotto.
Il ballo e non solo è un tentativo riuscito di ritrovare il piacere di vivere. La gente ballava con l’hully-gully, con il ballo di Simone, ‘ste cazzate qua. Però era divertente, capito? Liberatorio, allegro. Era un modo per stare insieme agli altri e ricreare un’aggregazione negli spazi urbani che era stata negata per troppo tempo.
Gli eccessi degli anni ottanta, tutto quell’erotismo, quel riflusso come veniva chiamato, aveva motivo di esistere perché nasceva dal decennio precedente. Se non contestualizzi nel periodo storico, non riesci a capire perché c’erano certe esagerazioni, certe cafonate, certi rimbambimenti. Purtroppo quello che avevamo subito era stato talmente pesante che abbiamo avuto bisogno di avere un po’ di bollicine nella testa.
Gli anni ottanta sono stati un decennio folle, veramente bellissimo. In Italia viene sempre accantonato perché c’era Craxi: e sti cazzi di Craxi! C’era di tutto, non solo Craxi. Quando io parlo dell’edonismo reganiano a Quelli della notte, è perché c’era veramente la ricerca del piacere, di un piacere immediato, di breve durata. Vogliamo subito il piacere, entro stasera, entro stanotte, in discoteca, perché domani non si sa quello che accadrà.
Non era più la storia del vogliamo il sol dell’avvenire. No, io il sol dell’avvenire lo voglio qui, stasera mi voglio divertire e poi domani ci ripensiamo. Era un edonismo portato a dire vediamo un attimo come va a finire stanotte.
Negli anni 90 i club subiscono una flessione importante, perdono la loro centralità, qual è la causa secondo te:
E’ arrivato l’aids! Cioè tutto il motore degli anni ottanta è la cultura gay. Dove c’erano i gay c’era il divertimento. Alla fine degli anni ottanta arriva l’aids ed è la fine. New York muore letteralmente. L’aids fa fuori tantissima gente. Il divertimento comincia a cambiare per questo motivo qua. A livello musicale qualcosa di buono nei novanta ancora c’è, tipo l’arrivo della house music. Però si perde quella follia, quell’urgenza del decennio precedente. Comunque sai, le cose non è che possono durare in eterno. E’ un ciclo di alti e bassi. E nei novanta comincia la discesa.
Qual è stato un club mitico nell’Italia di allora?
La Baia imperiale è stata uno shock. Ha messo le fondamenta del divertimento da quel momento in poi, perfino ad Ibiza. Ma tutta la costa adriatica, da Gabicce a Cattolica, alle altre località hanno determinato il divertimento, come andava organizzato. Tutti poi hanno copiato la costa adriatica.
Cosa hanno rappresentato i club in quegli anni?
I club erano una sorta di oratorio laico. I ragazzi si formavano lì, lì diventavano grandi, conoscevano il sesso, tutto ciò che faceva parte della loro vita, tutte le loro esperienze formative, la musica, la socialità, gli eccessi.
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