IL CINEMA DEI GIUSTI - CHE BISOGNO C’ERA DI “VORREI VEDERTI BALLARE”? - NESSUNO: IL FILM DI NICOLA DEORSOLA NON È ESATTAMENTE UN CAPOLAVORO - LA STORIA DEL FIGLIO DELLO PSICANALISTA CHE SI INNAMORA DELLA PAZIENTE DI PAPÀ È TRITA E RITRITA - VOLUTO DALLA POLITICA CALABRESE (SANTELLI & SCOPELLITI) L’OPERA PRIMA SARA’ RICORDATA PER LA BARALE VESTITA DI ROSSO - ESAGERATI HABER E LA DE SIO…

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Marco Giusti per Dagospia

Sarà difficile scordare Paola Barale vestita di rosso che fa la gran dama di un cineclub completamente vuoto che parla di capolavori del cinema come fosse Delphine Seyrig in "L'anno scorso a Marienbad". Però non siamo a Marienbad ma in quel di Cosenza, in un film che è stato fortemente voluto dalla ex sottosegretaria alla Giustizia, la pidiellina calabra Jole Santelli, dalla Film Commission Calabria e dal Presidente della Regione, un po' indagatuccio, Rocco Scopelliti. Un delirio.

Si tratta di "Vorrei vederti ballare", opera prima di Nicola Deorsola, già assistente di Giovanni Veronesi, Matteo Garrone, Neri Parenti, ma ideato, scritto e prodotto da Giuseppe Fulcheri, paroliere e musicista, tra i suoi successi il fondamentale "Anvedi come balla Nando!" di Teo Mammuccari, ma anche canzoni per Mina, Mino Reitano, Gianni Bella, Neri per caso. Il film, pronto nel 2009 e distribuito solo adesso grazie alla Microcinema, diciamo che non è proprio un capolavoro.

Ha una storiellina edificante e giovanilistica che segue in quel di Cosenza le vicende dello studente universitario Martino, Giulio Forges Davanzati, figlio di un celebre psicanalista, Alessandro Haber, che per amore di una ragazza anoressica, Giusy, l'interessante Chiara Chiti, figlia dell'isterica Giuliana De Sio, decide di fingersi lui stesso psicanalista allievo del padre e la prende in cura. Col desiderio sì di farla guarire, ma anche di farla innamorare.

Fanno da corona alla storiella d'amore con fuga, oltre a Haber e De Sio, del tutto esagerati, un Gianmarco Tognazzi che parla francese pazzo per il gioco, Luis Molteni come allevatore di tartarughe e Paola Barale come dea dei cineclub. Stracultissimo per povertà di mezzi, riferimenti cinematografici e soprattutto per il tentativo incredibile di trasportare una storiella che poteva ambientarsi ovunque in quel di Calabria nel regno di Scopelliti e della Santelli, lo è ancor di più quando si legge che lo stesso Fulcheri, motore del film, è figlio del professor Mario Fulcheri, docente di Psicologia Clinica in quel di Pescara e che, quindi, il film è una specie di racconto semiautobiografico.

Ci fa tornare ai bei tempi di "Dicembre", 1990, il solo film diretto dal giornalista Antonio Monda, dove ancora Alessandro Haber interpretava il ruolo di un calabrese di successo, il ministro Misasi, vero zio del regista. Anche lì c'erano di mezzo i calabresi e le voglie di fare cinema. Con tutto il rispetto, ma perché? In sala dal 5 dicembre.

 

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