FORNELLI D’ITALIA - PARLA BOTTURA, ELETTO SECONDO MIGLIORE CHEF DEL MONDO: “BASTA NOSTALGIA PER LA CUCINA DELLA NONNA. AI FORNELLI BISOGNA ESSERE CONTEMPORANEI E RIVOLUZIONARI. IO MI ISPIRO A TINTORETTO”

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Rocco Moliterni per “la Stampa”

 

BOTTURABOTTURA

L’altra sera, nella Guild Hall di Londra, una vecchia chiesa che si trasforma una volta l’anno in un tempio della gastronomia, grazie alla premiazione dei «The World’s 50 Best Restaurants», per un attimo gli italiani in sala ci hanno sperato.

 

Quando dal palco William Drew, caporedattore di «The Restaurant», la rivista cui si deve l’invenzione della classifica, ha annunciato il terzo posto di Rene Redzepi, il mago della cucina nordica del Noma di Copenhagen, che l’anno scorso era primo, è stato facile immaginare in vetta il nostro Massimo Bottura, terzo negli ultimi due anni. A rovinare il sogno sono stati i fratelli Roca di Girona che dalla seconda posizione sono saliti sul trono.

Bottura, è più deluso per la mancata vittoria o più felice per il secondo posto, che comunque rappresenta un grande riconoscimento per lei e più in generale per la nuova cucina italiana?

«Penso che tutto sommato sia giusto che sia andata così. I fratelli Roca meritano il primo posto: si può leggere anche come una sorta di risarcimento per il modo in cui sono stati maltrattati l’anno scorso. Li considero dei grandi: quando io e Rene Redzepi, molto più giovani, lavoravamo insieme a El Bulli, da Ferran Adrià, nel nostro giorno libero andavano a mangiare da loro».

 

BOTTURABOTTURA

Come giudica il risultato in classifica degli italiani? Oltre a lei, sono in ascesa Enrico Crippa (27°) e Massimiliano Alajmo (34°). Ma tra i primi 100, considerando anche Davide Scabin, 65°, siete solo in quattro.

«Non siamo in quattro ma in sei, perché non bisogna dimenticare i riconoscimenti andati a chef italiani che lavorano all’estero come Christian Puglisi, che ha vinto il premio per la cucina sostenibile, e Umberto Bombana che lavora a Hong Kong.

 

 

Significa sei su 100, il che è quasi un miracolo, tenendo conto dei meccanismi di votazione. Noi, tra gli oltre 900 votanti, possiamo contare solo sul panel dei 36 voti italiani, mentre gli spagnoli o i sudamericani o gli asiatici posso fare lobby. Tra l’altro questo vuol dire che sono molti gli stranieri che votano per noi».

 

Come si inserisce questo riconoscimento nella sua attività?

MASSIMO BOTTURAMASSIMO BOTTURA

«Per me questo è un anno pazzesco. Stanno nascendo un sacco di cose nuove, ma, quando le luci della ribalta si concentrano su di te, devi essere capace di far capire che si lavora in team. E sono contento di avere una squadra straordinaria come quella della Francescana, di avere a che fare con personaggi eccezionali come i casari o i contadini che mi forniscono i loro prodotti: sono loro che vanno ringraziati».

 

Dove va la cucina italiana?

«Abbiamo un compito fondamentale, che è quello di portare il passato nel futuro. Dobbiamo sconfiggere la nostalgia per la cucina della mamma o della nonna. Mia mamma, quando viene nel mio locale, dice che faccio bene da mangiare. Però poi chiede i tortellini e mi spiega che quelli che fa lei sono migliori.

 

Noi dobbiamo fare un salto e così oggi ho messo in carta i tortellini nel brodo “di tutto”, perché è fatto di avanzi. Infatti l’altra grande sfida che abbiamo davanti è contro gli sprechi alimentari. Essere capaci di cucinare con gli avanzi, perché oggi l’estetica deve farsi etica».
 

MASSIMO BOTTURA OSTERIA FRANCESCANA MASSIMO BOTTURA OSTERIA FRANCESCANA

L’estetica che ruolo ha nel suo lavoro?
«Amo l’arte contemporanea, collezionavo Cattelan, Shirin Neshat, Vezzoli, quando quasi ancora nessuno li conosceva. Amo il jazz e credo che in cucina si deve essere contemporanei, ma anche saper apprezzare i rivoluzionari, a qualsiasi epoca appartengano.

 

Pensi a Tintoretto, che nel 1594 dipinge un’Ultima Cena come nessuno aveva fatto prima, con gli apostoli che sembrano ubriachi. Mi piacerebbe che la mia cucina riuscisse a dare le emozioni di quell’Ultima Cena».

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