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Pietrangelo Buttafuoco per il “Fatto Quotidiano”
Chi di qualunquemente ferisce, di qualunquemente perisce. A Che tempo che fa, nella domenica solenne dell'Happy regime, è andata in onda la beatificazione di Giuseppe Sala, il manager di Expo lanciato da Matteo Renzi per la campagna elettorale di Milano.
Purtroppamente, come un qualunquemente qualsiasi - nell' ostensione del sacrissimo candidato-a prestarsi è stato Antonio Albanese. Vi ha fatto la con celebrazione.
Tutta la potenza di Cetto La Qualunque, la già superba maschera di Alex de La Fame e la Sete, è andata a finire a schifio per fare comparaggio con Fabio Fazio che, bontà sua, almeno lui deve comunque battere chiodo per giustificare il suo ricco contratto Rai.
La sofisticata macchina attoriale di Albanese, ohibò, messa a servizio di un servizietto. Gli autori, invece di chiamare Luciana Littizzetto - consolidata nei riflessi condizionati (e dunque usurati) della correttezza ideologica, obbligata anche lei a batter chiodo - hanno scritturato Albanese. E si capisce che in quel semplice canovaccio qual è Che tempo che fa-tre interviste e un comico, il format è tutto qua- a far da spalla al candidato è stato accuratamente evitato Nino Frassica perché questi, guitto e genio, figlio di Indietro tutta e non della presunzione intellettuale, l'avrebbe smontata da subito l' operazione.
Frassica, di certo, di fronte alla "disponibilità di base" alla candidatura di Sala gliel'avrebbe disseminata di lampi sovversivi e spericolati nonsense. Alla "base" di Sala, infatti, Frassica avrebbe aggiunto l'altezza, e quindi - il meccanismo farsesco lo impone - all' importante manager gli avrebbe notificata un'ipotenusa lunga quanto un pernacchio, lasciandolo come l' asino tra i suoni.
Happy è il regime. E l' unico teorema concepito, in quella messa cantata, è quello del dream team. Sia pure in salsa milanese. E il Sala, portato in processione presso il pubblico di Rai3 - pur sempre ceto medio riflessivo, culturalmente attrezzato - collocato accanto ad Albanese, ha potuto goderne il crisma meglio di un figlioccio condotto davanti al vescovo.
La magnifica tecnica teatrale di Albanese, ohibò, piegata alla panna montata dell' allure, con quel tanto di spremuta di cervello che fa d' uopo perché la sostanza, lì, non era quello di cavare la notizia- le sorti del Pd a Milano- ma d' imbellettarlo, Sala, di farne carne di telegenia, renderlo infine piritollo. Chi qualunquemente ferisce ormai perisce perché Matteo Renzi, avendo esaurito il repertorio del berlusconismo, più che il Cav. ha deciso di imitare il Caf.
La puntata con Sala, insomma, più che il tentativo di sovrapporsi a Porta a Porta per strapparne il ruolo di "Terza Camera", è stata solo un modo di copiare, e male, il Bagaglino. Craxi, Andreotti e Forlani sono risultati redivivi domenica. Con Albanese al posto- e in peggio - del Pippo Franco prodigo di torte in faccia, quel rituale proprio delle ospitate nel glorioso Salone Margherita dove, grazie alla cinica regia di Ninni Pingitore, ebbero a spiaccicarsi di panna gli onorati grugni della Prima Repubblica.
L' umorismo qualunquista s' è messo in tasca, dunque, la satira del qualunquemente. Anni di onorata carriera nell' arte nobile del comico à la page, anni tutti di spocchia contro il Bagaglino, sfasciati - e malamente - in un paragone obbligato. Giulio Andreotti andava a incontrare il proprio doppio comico, il grandissimo Oreste Lionel lo, e si assoggettava alla commedia. Albanese - alle prese con un Sala, non certo con Belzebù - ha fatto tale e quale, ma con scambio di ruoli. A servizio del servizietto. Senza torta. Con solo spreco, ohibò, di spirito e di patate.
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