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Da "Business Insider.com", a cura di Andrea Andrei per Dagospia
Altro che Prism, altro che spionaggio dall'alto. Noi ci spiamo da soli.
I social network sono riusciti in un qualcosa che i servizi segreti, ovunque e in qualunque epoca storica, hanno sempre sognato: far cedere alle persone i propri dati volontariamente, senza che nessuno nemmeno li chiedesse. Non solo: ma ora la gente prova una certa soddisfazione nel rendere pubblici i propri gusti, le proprie preferenze in fatto di musica, di politica, di sesso, di cibo, di abbigliamento e quant'altro, oppure nel dare indicazioni su dove si trova e cosa fa in un determinato momento, con tanto di foto a provarlo.
Insomma, chi ha davvero creato una macchina da spionaggio spietata e infallibile non è stata la National Security Agency americana, in questi giorni al centro dello scandalo datagate, ma lo studente universitario Mark Zuckerberg, che in quel di Palo Alto ha aperto non il primo, ma sicuramente il più famoso e utilizzato social network del mondo: Facebook.
Come fanno notare i giornalisti Marc Ambinder and D.B. Grady, autori del libro "Deep State: Inside the Government Secrecy Industry", «se fosse stato il governo a creare un simile sistema, la gente avrebbe dato fuoco alla Casa Bianca».
Fatto sta, comunque, che è lo Stato a beneficiare per primo di questa situazione. Perché, anche da un punto di vista giudiziario, molte ricerche, mandati e problemi di privacy non esistono più. Ora è tutto in rete, disponibile sempre, per sempre.
Come ha scritto Jeffrey Rosen sul "New York Times", «Sappiamo da anni che il Web permette un voyeurismo, un esibizionismo e un'involontaria mancanza di discrezione senza precedenti, ma stiamo cominciando solo ora a renderci conto del costo che comporta vivere in un'epoca in cui molto di ciò che diciamo e di ciò che gli altri dicono di noi, finisce in documenti digitali pubblici e permanenti. Il fatto che internet sembra non dimenticare mai è minaccioso».
Anche Julian Assange, colui che ha smascherato i segreti di mezzo mondo con un solo sito, si dice spaventato dal potere delle grandi aziende di internet, come Facebook e Twitter, ma anche Yahoo! e Google.
Se da un parte è vero che lo Stato ne beneficia, dall'altra anche quest'ultimo spesso si è trovato in difficoltà a causa della continua e irrefrenabile fuga di notizie globale che ogni giorno si consuma in rete. Esempio classico è quello dei soldati che, postando foto dall'Afghanistan, hanno dato modo ai nemici di ricostruire le basi militari e di prevedere le mosse dell'esercito Usa.
Tant'è che i vertici militari, per tagliare la testa al toro, hanno vietato i social network ai soldati, limitandone in maniera significativa le comunicazioni verso l'esterno. Una mossa che ha aumentato la sicurezza, ma che ha distrutto il morale degli uomini.
à che ormai, senza auto-spiarsi, non si riesce nemmeno più a vivere felici.
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