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Carrie Weisman per “AlterNet”
L’industria del “cam” è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Quando pensiamo a modelle, attrici, pornostar e a tutte quelle facce usate come materiale da masturbazione, ci vengono in mente parole come “bella”, “magra”, “tette grosse”, ma nel settore “cam” ci sono anche le categorie “trans”, “anziana”, “coppia”, “incinta”, “pelosa”, “depilata”, “contorsionista”. Una lista lunghissima che rispecchia i gusti variegati degli utenti.
Come qualsiasi altro lavoro, l’obiettivo è fare soldi. Le “cam girls” ne possono fare a palate. Nel 2013 si parlava di un giro d’affari da un miliardo di dollari l’anno. Dice Clinton Cox, fondatore della convention “CammingCon”: «Solo nei dieci siti di “cam” più famosi, in qualsiasi momento del giorno, puoi vedere in attività circa 20.000 modelle. Se c’è tutto questo materiale sul web, significa che ci sono altrettanti consumatori».
Alcuni dei siti popolari, tipo “LiveJasmin”, “MyFreeCams”, “Charturbate” e “Cam4”,
invitano gli utenti a registrarsi, in questo modo guadagnano dei “gettoni”: spendi 100 dollari, incassi 500 gettoni, spendi 50 dollari, incassi 200 gettoni. Più spendi, più privilegi hai. I privilegi possono essere: vedere lo show a schermo intero, vedere più scene contemporaneamente, avere accesso alla messaggistica privata, ottenere sessioni private con la performer preferita. Il “token”, cioè il gettone, indica anche quanto costano determinate pratiche. Ad esempio c’è chi, per 5 “token”, mostra i piedi, per 10 “token” si fa fare un primo piano sulle tette, per 25 gioca col membro del suo fidanzato.
I siti di “cam” offrono roba hardcore, non semplice pornografia amatoriale, ma il valore aggiunto è la possibilità della conversazione. Ciò che attrae gli utenti è la possibilità interagire direttamente coi performer, che rispondono ai messaggi e guardano dritti in camera. Gli utenti possono restare anonimi, un’entità senza voce e senza volto.
Conviene anche i performer, che lavorano quando vogliono e senza muoversi da casa. I siti che li ospitano però chiedono alte percentuali sui loro compensi. Chi non vuole lavorare da casa, ha a disposizione uno studio, ma qui non sceglie gli orari di lavoro. C’è poi chi vuole rendersi totalmente autonomo, e in questi casi, invece di studi e siti, usa “Skype” e “Facebook”. E’ la soluzione più rischiosa, perché per essere pagato devi usare mezzi non sicuri. Se accetti pagamenti con “PayPal”, devi rivelare il tuo nome, la tua identità. Sui siti nessuno rivela informazioni personali. Se lavori da autonomo e hai un problema, non c’è nessuno che possa aiutarti. Sei esposto e solo.
Sui siti di “cam” tutto avviene in tempo reale e non c’è possibilità di piratare i video. Non esiste la plasticosità dei video porno, si propone la realtà. Quando vedi un orgasmo, è vero, è in quel preciso momento. Le richieste sono di tutti i tipi.
Il business si sta trasformando in un fai da te. Le “cam girls” adesso sono le modelle famose di “Instagram”, “Vine”, “Facebook”. E’ nata la categoria "friends-only": niente sesso, né nudità, gli utenti pagano per confidarsi o per guardare le ragazze che fanno cose normali, versano soldi per seguire la loro vita.
Poi ci sono gli spettacoli "soft-core", appena più spinti di quelli per soli amici. I performer si spogliano e si toccano, ma niente di più. La sezione “hardcore” è la più frequentata. Qui si realizzano tutte le fantasie degli utenti: c’è chi chiede alle ragazze di abbaiare, chi prende il calco del pene del suo cane, ne fa un vibratore, lo manda alla “cam girl” e le chiede di utilizzarlo on line. Le ragazze possono rifiutarsi in qualunque momento di esaudire i desideri degli utenti.
Una di loro racconta che trova difficile separare il lavoro dalla vita privata: «E’ raro trovare fidanzati che non siano gelosi del mio mestiere. Prima di iniziare il “camming”, non pensavo di avere un corpo “hot”, non avevo un vibratore e non mi masturbavo granché. Dopo, è il corpo si è abituato. Quando finisci le sedute sei esausta, però resti eccitata, cerchi sesso e amore perchè ti manca il contatto umano».
Il “camming” non funziona nello stesso modo ovunque. E’ più sicuro e redditizio negli Stati Uniti, ma nel’Europa dell’est e nel sud-est asiatico è una fonte di sfruttamento.
Le performer in genere, per tutelarsi, mettono on line biografie in cui specificano cosa sono disposte a fare e cosa no. Un buon fan rispetta le sue decisioni e non chiede ciò che non può ottenere. Un buon fan, ovviamente, deve anche elargire mance. Più mance dai, più privilegi hai. Alcune performer hanno anche una lista dei desideri su “Amazon“: un buon fan può comprare lì dei regali.
Grazie al “camming”, l’industria per adulti non gira più attorno ai soliti tre nomi delle top pornostar. Ce ne sono migliaia. E il futuro offre nuove opportunità e nuove categorie, come le “Battle Cams”, dove due ragazze appaiono sullo schermo contemporaneamente e gareggiano per chi balla meglio e per chi si tocca meglio, oppure fanno gara di “squirting”, insomma qualsiasi cosa. Vince chi incassa più mance.
Il futuro del “camming” è aumentare l’interazione, ad esempio gli utenti useranno le applicazioni del telefono per controllare i vibratori delle performer o per maneggiare le videocamere come vogliono. E’ una forma fisica di sesso virtuale. Naturalmente, tutto ha un costo. Lo slogan è “All are welcum.”
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