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Baghdad, 3 feb. (AdnKronos/Washington Post) - Sono bastate poche proiezioni, in alcuni casi segnate da contestazioni, perché “American Sniper” venisse ritirato dall'unico cinema di Baghdad nel quale era in programmazione. Secondo il governo (e gli spettatori), il film di Clint Eastwood è un "insulto" agli iracheni. Dopo le polemiche sollevate negli Stati Uniti, che non hanno però impedito al film di rivelarsi un campione di incassi, la storia del cecchino dei Navy Seals Chris Kyle, interpretata da Bradley Cooper, si è quindi rivelata controversa anche nel Paese teatro della vicenda militare e umana di Kyle.
Come era forse prevedibile, “American Sniper” ha riaperto le dolorose ferite provocate dall'invasione dell'Iraq e dalla lunga occupazione americana, rendendo evidente la diversa percezione che gli spettatori dei due Paesi hanno del conflitto. Una guerra sanguinosa e complicata nella quale hanno perso la vita 100mila iracheni e oltre 4mila americani. Come ha raccontato il gestore del cinema, è stato un alto funzionario del ministero della Cultura, che minacciando pesanti multe ha chiesto l'immediata sospensione delle proiezioni.
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A giudizio di quanti hanno avuto la possibilità di vedere “American Sniper” nel multisala di Baghdad nel quale era in programmazione o scaricandolo da qualche sito pirata, il film glorifica gli americani e dipinge gli iracheni come un popolo di terroristi. C'è poi chi accusa Eastwood e gli sceneggiatori di avere dimenticato il sacrificio dei tanti iracheni che collaborarono con le truppe Usa per arginare il terrorismo, pagando spesso con la vita.
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Una delle scene più controverse, quella nella quale un bambino iracheno inquadrato nel mirino di Kyle tenta di raccogliere un lanciagranate per puntarlo contro i militari americani, ha provocato un'autentica esplosione di rabbia durante una delle proiezioni. Alcuni spettatori, sentendosi particolarmente offesi, si sono avvicinati allo schermo lanciando maledizioni. Non tutti gli spettatori iracheni, però, hanno avuto simili reazioni. Il 17enne Yasser Bakr, che all'epoca della guerra era ancora un bambino, intervistato dal “Washington Post” ha liquidato la faccenda con un'alzata di spalle: "Non mi sono sentito offeso, è solo un film, su qualcosa che è accaduto nel passato", ha detto.
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