IL CINEMA DEI GIUSTI - “COGAN” O LO AMI O LO DETESTI - COGAN È BRAD PITT, KILLER ULTRACOOL CHE UCCIDE LE VITTIME SENZA FARLE SOFFRIRE - CUPISSIMO E STILOSISSIMO NOIR POLITICO SUI MALI DEL CAPITALISMO AMERICANO, AMBIENTATO NEL SETTEMBRE 2008, ALLA FINE DEL DUELLO OBAMA-MCCAIN E IN PIENO SCANDALO LEHMAN BROTHERS - UNA RICERCA DI GRANDE INTELLIGENZA E PASSIONE SUL CINEMA USA ANNI ‘70…

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Marco Giusti per Dagospia

"Questo non è un paese, questa è l'America. E l'America è un business". Pochi scherzi. O lo ami o lo detesti "Cogan - Killing Them Softly" di Andrew Dominik, cupissimo e stilosissimo noir politico sui mali del capitalismo e dell'America di ieri e di oggi, ambientato nel settembre del 2008, alla fine del duello elettorale Obama-McCain e in pieno scandalo Lehman Brothers.

Ma, soprattutto, in una South Boston (ricostruita chissà perché in Louisiana), dove si agitano come burattini senza speranza piccoli e medi gangster e serissimi killer professionisti coi loro codici morali. Tutto nasce dai personaggi tristi e perdenti e dagli ambienti non meno cupi descritti da George V. Higgins nel romanzo "Cogan Trade" del 1974, e protagonisti anche del non dimenticato "Gli amici di Eddie Coyle", lontano capolavoro diretto negli anni '70 da Peter Yates con un Robert Mitchum e un Peter Boyle strepitosi.

Il neozelandese Andrew Dominik e il suo produttore e protagonista Brad Pitt, già responsabile del notevole "The Assassination of Jesse James", si sono innamorati del mondo di Higgins e lo hanno trasportato nell'anno della elezione di Obama, un anno chiave della crisi americana, anche se lo sguardo è quello dell'impossibilità, anche dopo la vittoria di Obama, di uscire dalla crisi che proprio il capitalismo americano ha alimentato e costruito. Due piccoli gangster, Frankie, Scoot McNailly, e Russell, il Ben Mendelsohn di "Animal Kingdom", fanno un colpo che non dovevano fare mettendo di mezzo un piccolo boss del posto, il grande Ray Liotta.

Ovvio che ciò non piaccia al capo della mala di Boston, Richard Jenkins, che ingaggia per eliminarli un killer professionista, Cogan, cioè un Brad Pitt ultracool che ha la particolarità di mandare le sue vittime al creatore "softly", cioè delicatamente, senza farle soffrire. Cogan, per far fuori Frankie e Russell, visto che è un lavoretto facile, ingaggia a sua volta un vecchio amico un po' in disarmo e in bisogno di soldi, un James Gandolfini ubriaco e fatto che vuole solo bere e scopare.

"In questo momento economico, 15.000 dollari suonano abbastanza bene per un lavoro di due giorni", è l'idea di Cogan. Le cose, ovviamente, saranno più complicate del previsto, ma ci sarà parecchio piombo per tutti. Adagiato su grande musica anni '70 tra Lou Reed e Johnny Cash, ma anche con incursioni stravaganti ("Paper's Moon" di Cliff Edawrd, "Love Letters" di Ketty Lester), visualmente strepitoso, il film di Dominik per restituirci il noir politico alla Don Siegel riprende il tono elegiaco del suo "Jesse James".

Cosa che può non piacere a tutti, e infatti a Cannes, dove il film era in concorso, sono volate parecchie critiche, come se si stesse sfruttando un genere storico per arrivare a facili incassi. Mi sembra piuttosto che sia il film del neozelandese Dominik, sia il "Drive" del norvegese Nicholas Refn, sia il "Lawless" dell'australiano John Hillcoat, siano piuttosto operazioni di ricerca di grande intelligenza e passione sul cinema e la cultura americana degli anni '70.

L'aspetto curioso è che questo studio ci arrivi da registi assolutamente non americani. Ma questo nuovo noir (non) americano sta dando risultati assolutamente pregevoli. Qui c'è anche un cast strepitoso che unisce nuovo venuti, come Scott McNailly e Ben Mendelsohn, a monumenti come Liotta, Gandolfini e Sam Shepard. Brad Pitt, poi, con un makeup studiato da Kazuhiro Tsuji, è del tutto fantastico.

 

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