DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
Testo tratto dalle cinquanta ore d'intervista di Tatti Sanguineti con Giulio Andreotti per Cinecittà -Istituto Luce - a cura di Malcom Pagani per Il Fatto
Afascista. Più che antifascista sono stato sempre un afascista, ma per pigrizia. Quando Hitler venne a Roma seguimmo in toto le direttive di Pio XI, il suo foglio d'ordine. Pio XI era andato via: "Non voglio vedere a Roma onorare un'altra croce che non sia quella di Cristo". La croce uncinata comunque non ci affascinava. Non partecipai alle manifestazioni che omaggiavano Hitler, ma non la considerai una particolare benemerenza.
Bustarella. La parola bustarella l'ho sempre sentita. à più vecchia di me, forse è nata con l'Unità d'Italia o forse ancor prima, durante lo Stato Pontificio.
Cinecittà era diventata un campo profughi. C'erano seri problemi di ordine pubblico, la Polizia girava al largo. Si diceva che gli sfollati fossero quattromila, ma era una cifra virtuale, perché non c'era anagrafe né catasto che lo certificasse.
Così andai sul luogo. Si era posto il problema della ripresa della produzione e gli studios erano indispensabili allo scopo. Trovammo preoccupazione e sguardi d'odio. Con la gente fui sincero: "Dovete andare via perché qui, presto, dovranno lavorare. Ma nessuno di voi sarà buttato in mezzo alla strada".
Dr. Jekyll e Mr. Hyde lo vidi tre volte. Mi impressionò. Drammaturgicamente era validissimo. Ero curioso di capire il segreto, il meccanismo per cui nell'essere umano si nascondono un tipo di carattere e il suo esatto contrario. Mi domandavo se fosse un'ipotesi solo cinematografica o dovevo considerare che anche nella vita esiste un doppio binario per cui chi incontri e vedi come un angelo, il giorno dopo si rivela un demonio. Di persone a doppia faccia ne ho conosciute molte, anche se poi tutte, in fondo, hanno avuto meno notorietà del dottor Jekyll.
Eliseo. Al teatro Eliseo, negli anni del liceo, facevo regolarmente la claque ogni mercoledì sera. C'era sempre il pienone. Battere le mani era un modo molto economico per andare gratis in piccionaia.
Festa de' Noantri. Andavo ad ascoltare i poeti che improvvisavano in strada a Trastevere, alla Festa de' Noantri. Certe boiate... diciamo che Trilussa non faceva parte del cartellone, però l'incontro era un modo di divertire la gente alla buona. Un evento che conservava una sua consolante innocenza.
Grande Fratello. L'accusa più grave che muovo a Berlusconi è di aver introdotto la monta taurina del Grande Fratello. Nel 1913 vennero censurate le caviglie di Eleonora Duse, oggi siamo arrivati alla endovaginoscopia in prima serata. Ai nostri tempi, i giochi, semantici e non, erano diversi. In Totò e i re di Roma, feci sostituire nel copione la parola De Gasperi con Bartali. Durante un esame Sordi chiedeva a Totò, un archivista, il nome di un pachiderma e il prìncipe rispondeva: "Bartali". La censura, ammetto, fu sciocca. Era una battuta innocente.
Hotel. Quando lo Scià di Persia atterrò a Venezia, prima di recarsi all'hotel Excelsior, esordì con una bizzarra richiesta al Prefetto: "Mi procuri una bella signora per questa notte". Quello, un galantuomo di nome Notarianni, balbettò e si difese sostenendo che la questione fosse di esclusiva competenza del questore. Io sono popolano, non mi intendo di imperatori, ma una domanda simile, posta da un capo di Stato in visita ufficiale, non era esattamente opportuna.
Insulti. Quando Charlie Chaplin arrivò a Roma per presentare al Sistina Luci della ribalta, venne accolto da insulti, uova, frutta marcia e contestazioni. Ci rimasi molto male. La presenza di Chaplin, che non avevamo dimenticato nei panni del Grande dittatore, assunse all'improvviso un tono malinconico.
Lire. Nei primi mesi da avventizio alle imposte, al ministero delle Finanze, presi il mio primo stipendio. Nei primi mesi guadagnavo 475 lire, poi portate a 550. In fondo ero contento. Ne davo 300 a mia madre e usavo il resto per fare delle cose, vestirmi abbastanza bene...
Monsignor. Devo la mia nomina a sottosegretario a Monsignor Montini, grande amico di De Gasperi, a cui mi segnalò. In parte ero terrorizzato, lavoravamo a ritmi folli, andavo a dormire alle due di notte e tornavo al Viminale alle 8 di mattina.
Noschese. Andai a trovare mia madre che era in condizioni di salute non perfette e lei mi aggredì: "Adesso ti sei messo anche a ballare in tv?". Io negai e lei si indignò: "Mi dici anche le bugie, che vergogna, non vi riconosco più". Mi aveva confuso con Alighiero Noschese che aveva fatto la mia imitazione. La vita è uno strano concatenarsi di combinazioni. Tempo dopo venni ricoverato in clinica per un'operazione e all'improvviso si sentì un colpo di rivoltella. Era Noschese che si era ammazzato al piano di sopra, a causa pare di una terribile delusione professionale.
Oscar Luigi Scalfaro, mio sostituto alla censura, durante il suo lavoro venne omaggiato con decine di vignette non benevole in cui veniva ritratto con un paio di forbici in mano. Non devono avergli fatto troppo male se poi è diventato capo dello Stato.
Picasso, indipendentemente dal suo valore, rappresentava tutto quello contro cui ci battevamo. Era il simbolo del comunismo. Si pose l'ipotesi di vietarne una mostra a Roma. Pajetta venne a protestare: "Guardate, le impressioni politiche del momento passano, l'arte rimane per sempre, se vietaste la mostra fareste un errore enorme". Aveva perfettamente ragione. Saremmo stati oscurantisti. La mostra si tenne e fu un enorme successo.
Querele. Mai querelato nessuno in vita mia. Libertà di critica, prima di tutto.
Ricreazione. L'unica ricreazione possibile per l'anima, a guerra appena finita, si svolgeva nella sala cinematografica.
Silvana. Nelle foto di Orient Express, Silvana Pampanini è un'educanda da usare per la propaganda della vocazione religiosa femminile. Onestamente, non è l'immagine che di Silvana colpisse di più. Era strabocchevole, con una carica erotica e sessuale molto oltre la media. Se conoscevo le madri delle nostre attrici più famose? Preferivo le figlie.
Torino. Nel 1949 la tragedia di Superga mi sorprese a Firenze, durante l'inaugurazione del Maggio musicale. Sulla basilica piemontese cadde l'aereo di ritorno da Lisbona, con il Grande Torino di Mazzola e Loik. A bordo c'era l'asse della Nazionale. Mi telefonò immediatamente De Gasperi, viaggiai di notte e il giorno dopo rimasi sconvolto per la partecipazione della gente. Prima che le salme passassero in mezzo alla folla si tennero alcuni brevi discorsi. Io contrapposi il verde dei campi di calcio all'azzurro del cielo. Mi venne alla mente un'immagine che vista oggi, forse, sembra retorica. In quel momento non pensai a nulla. Avevo il cuore piccolo piccolo, come tutti.
Umberto D. dava l'idea che l'Italia fosse un paese di miserabili in assoluto. Non che ci fosse gente che non avesse molto bisogno di aiuto, ma insomma, lì si esagerava. Del copione ci preoccupava l'idea di veder contrapposta la polizia ai lavoratori, in una lotta tra le forze dell'ordine e il popolo. Lo consideravamo pericoloso. Sapevo che toccare quel film era una rogna e che incarnava un'invasione di campo, ma oppormi a una certa lettura del film, oltre a servirmi per tenere buono il mio ambiente, quello moderato, mi parve giusto in assoluto. Rimasi amico di De Sica, come di tanti altri registi.
Venezia. Del primo viaggio al Festival di Venezia tenni il conto delle spese. Aereo, 18.720 lire. Mance varie, 7.000 lire. Dormii in prefettura, sul Canal Grande. Il prefetto Notarianni mi invitò a giocare a biliardo e combinai un guaio. Presi la stecca, provai e feci uno strappo terribile sul tappeto verde. Il padrone di casa diceva di non preoccuparmi, ma il suo sguardo diceva altro: "Vai a morì ammazzato". Mai più giocato a biliardo in vita mia.
Zibaldone. La mia vita a contatto con il cinema è stata come uno zibaldone? Non saprei. Di certo ho incontrato molte persone e di qualcuno sono diventato amico. Anche di Sordi, con cui pure ai tempi di Mamma mia che impressione discussi civilmente. Non ci furono contrasti che impedirono il dialogo, il suo compagnuccio della parrocchietta però sfotteva i cattolici come tali.
Oligoemici col collo torto, un po' curvetti, io magari lo ero pure, ma insomma, lo stereotipo c'era. Però Sordi mi piaceva. Andava controcorrente. Quando fa il segno dell'ombrello ai lavoratori, irride alle convenzioni e alla retorica di chi urla sempre: "siamo vicini ai lavoratori" ma chissà perché, non lavora mai.
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