1. COL TRASLOCO DI RUFFINI E IL DECLINO DI SANTORO, LA7 È SEMPRE PIÙ TELE-MENTANA 2. L’EX DIRETTORE DI RAI3 NON VIENE NEPPURE SOSTITUITO, RESTA VACANTE. MA IN REALTÀ È COME SE VENISSE SANCITO CHE LA GUIDA DELL’EMITTENTE CHE HA L’INFORMAZIONE COME PIATTO FORTE PASSA DI FATTO NELLE MANI DEL DIRETTORE DEL TGLA7 3. DOPO UN INIZIO NON FACILE, IL RAPPORTO CON URBANO CAIRO E’ DECOLLATO, MERITO DEI BUONI RISULTATI DI “BERSAGLIO MOBILE” E DEI COSTI CONTENUTI ALL’OSSO DI TUTTO CIO’ CHE PASSA DALLE MANI DI MENTANA (E URBANETTO NON È PARSIMONIOSO, DI PIÙ) 4. AGGIUNGERE POI CHE CHICCO, INSIEME AL SUO AMICO DEL CUORE DIEGO DELLA VALLE, HA UN AMICO A PALAZZO CHIGI CHE SI CHIAMA RENZI. INVECE PER SANTORO, ENTRATO NEL CONO D’OMBRA CON IL SUO ANTI-BERLUSCONISMO D’ANTAN, SI PARLA DI NUOVO DI RAI

DAGOREPORT

Sarà il rapporto solido con Matteo Renzi. Sarà che una puntata di "Bersaglio mobile" costa niente (15 mila euro) rispetto a "Servizio Pubblico" (intorno ai 300 mila). Sarà, molto più semplicemente, che è un giornalista che la tv la sa fare, con pochi soldi e tanti ospiti gratis.

Ma il fatto è che dopo l'uscita dell'emarginatissino Paolo Ruffini, e con la stella di Michele Santoro ormai offuscata, La7 è sempre più Tele-Mentana. Il direttore della tv di Urbano Cairo se ne va a dirigere i canali dei vescovi italiani e non viene neppure sostituito.

Ufficialmente, le funzioni di Ruffini passeranno alla struttura che già gestisce i palinsesti, ma in realtà è come se venisse sancito che la guida dell'emittente che ha l'informazione come piatto forte passa di fatto nelle mani di Chicco Mentana.

Eppure non è che all'inizio i rapporti tra Cairo e Mentana fossero un gran che. Ancora a Natale, in occasione degli auguri ai dipendenti, un uomo attento ai segnali pubblici come l'ex assistente di Silvio Berlusconi aveva trattato il fondatore del Tg5 come uno dei tanti giornalisti della rete appena acquistata da Telecom Italia.

E quando Ruffini aveva provato a metter su una struttura di rete che producesse autonomamente una serie di contenuti giornalistici, struttura osteggiata fieramente da Mentana, in molti a La7 avevano scommesso che il direttore del tg avrebbe dovuto cedere il passo.

Anche perché quando si tratta di risparmiare dei soldi (lo scopo di Ruffini era ridurre l'acquisto di programmi esterni) si sa che Cairo è sensibilissimo. In meno di un anno ha tagliato tutto. Salvo il sontuoso contratto pubblicitario con Cairo Communication, ovviamente.

Invece non è andata così. Il sostegno dell'editore all'ex direttore di Rai3 è stato debolissimo e il manager è rimasto via via sempre più isolato nel suo ufficio, libero di trovarsi un altro posto. Del resto, nella tv, Cairo lo aveva trovato come un'altra delle costose eredità dell'era Telecom.

E se è vero che alcune scelte diseconomiche del nuovo corso, come l'ingaggio di Rita Dalla Chiesa e i programmi affidati a Gianluigi Paragone e Salvo Sottile (legatissimo a Giuseppe Ferrauto, direttore generale di Cairo Editore) non sono farina del sacco di Ruffini, tuttavia rientrano a tutti gli effetti nella sua gestione.

Negli ultimi mesi, mentre l'amico Renzi si lanciava trionfalmente all'assalto di Palazzo Chigi, Mentana ha pian piano conquistato la piena fiducia di Cairo. Non solo a scapito di Ruffini. Il proprietario del Torino ne apprezza il fiuto giornalistico, ma soprattutto la capacità, se lasciato libero, di riempire il palinsesto per ore, quasi da solo e a basso costo.

Negli stessi mesi, invece, "Servizio Pubblico" ha perso sempre più ascolti ed è assai indicativo che ieri Silvio Berlusconi abbia scelto di andare da Formigli a "Piazza Pulita", anziché tornare da Santoro (come fece il 10 gennaio 2013, conquistando 9 milioni di spettatori).

Certo, fino all'ultimo Chicco-mitraglia ha sperato che l'ex Cavaliere privilegiasse il suo "Bersaglio mobile", ma non ne ha fatto una malattia perché Formigli non gli fa ombra. Mentre con Santoro i rapporti sono buoni solo formalmente. E l'ascesa di Mentana non è frenata neppure dal fatto che recentemente l'azienda sia intervenuta con decisione sulla bolletta del suo telefonino, come del resto è avvenuto per tutti i giornalisti-dipendenti. Mentana un po' patisce il piglio accentratore di Cairo, ma fa buon viso perché ha capito che l'editore comunque di lui si fida.

Per Santoro invece vale un po' il discorso di Ruffini: vista con gli occhi, e il portafogli, di Cairo, se il giornalistone campano trovasse un'altra collocazione nessuno si strapperebbe i capelli. Certo, Santoro porta con sé parecchia pubblicità, ma Cairo ha dimostrato in tutti questi anni di muoversi a meraviglia negli spazi che Publitalia e Sipra gli hanno lasciato. E che a Palazzo Chigi via sia Renzi o Berlusconi, poco cambia: sul mercato pubblicitario televisivo vige una Yalta immarcescibile.

 

 

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