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1. SOLTANTO SLOGAN E BANALITÀ VIP NELLA RAI TARGATA RENZI
Alessandro Gnocchi per "il Giornale"
Ieri lo Studio RaiTv2 di via Teulada, a Roma, ha ospitato 100 parole e 100 mestieri per dire Rai, un incontro sul futuro della tv di Stato. L'idea è del «renziano» Luigi De Siervo, amministratore delegato di RaiCom. Per questo, l'evento è stato bollato come «la Leopolda della Rai». La nuova stagione politica potrebbe partire dunque dal mix di buone intenzioni, slogan, banalità, narcisismi andato in scena in diretta streaming.
Ore 10. Pronti, via. De Siervo introduce i lavori cercando di scrollarsi di dosso l'etichetta di «renziano». Prima critica «nel metodo» i tagli da 150 milioni di euro imposti dal premier, poi tende la mano al governo, ringraziando per aver assicurato alla Rai la nuova concessione per il servizio pubblico, in scadenza nei prossimi mesi.
Per quasi dieci ore, fino alle 19, si alternano sul palco creativi, filosofi, dirigenti, burocrati, pubblicitari, giornalisti, registi, musicisti, ex calciatori, scrittori, attori. Niente politici, niente sindacalisti. Dipendenti confinati in platea. Scenografia minimalista. Interventi di tre minuti. Velocità, modernità? Beh, insomma.
Fin dai primi interventi sono citati una infinità di volte sia «il modello Bbc» sia il maestro Manzi, e si capisce subito che al centro del futuro troveremo il passato, la funzione pedagogica del piccolo schermo al massimo aggiornata al tempo del politicamente corretto. Ed è solo un caso che Renzi tempo fa abbia indicato come faro nella notte la tv del... maestro Manzi.
Al microfono si succedono, tra i molti altri, Andrea Camilleri, Marco Tardelli, Lucia Annunziata, Giovanni Floris, Corrado Formigli, Ivan Cotroneo, Marco Tullio Giordana, Pier Francesco Favino, Giuliano Montaldo, Gabriele Salvatores, Pif, Francesco Facchinetti, Massimo Gramellini, Antonio Pappano, Simona Ercolani, Francesco Piccolo, Gianni Minà, Veronica Pivetti, Dario Fo. Si chiude col direttore generale Luigi Gubitosi, che cita indovinate chi? Il maestro Manzi.
Fitta la pioggia di luoghi comuni: «Gli abbonati sono i veri padroni», «Puntare sull'innovazione», «Non sedersi sull'audience», «Le fiction si distinguono tra scritte bene e scritte male», «La diversità è una ricchezza», «Apriamoci alle esigenze del Paese», «I contenuti sono fondamentali», «Il nemico è l'autocensura», «Rispecchiare la complessità», «Dobbiamo raccontare l'Italia», «Più attenzione al cinema di qualità», «La Rai non deve badare all'Auditel», «La Rai ci ha insegnato la lingua italiana», «Puntiamo sulla meritocrazia».
Si sprecano le definizioni di servizio pubblico, subito citatissima, forse perché ritenuta illuminante, quella di Andrea Camilleri in apertura: «Il servizio pubblico è come un autobus che raccoglie spettatori diversi». Qualcuno però scuote la testa e apre il dibattito: «Non è un autobus ma una limousine».
In mezzo all'orgia di frasi fatte dei vip, si fanno largo a fatica le proposte concrete, spesso in linea con i progetti di Matteo Renzi: un canale generalista senza spot, altri quattro tematici (news, bambini, sport, cultura) finanziati dalla pubblicità. Poche le mosche bianche. Ettore Bernabei propone l'abolizione del canone e una Rai parzialmente quotata in Borsa. Bruno Vespa punta il dito sulle pratiche da ministero che rallentano il lavoro.
Roberto e Ettore Bernabei
Ettore Bernabei
Pietrangelo Buttafuoco sottolinea le lacune culturali della Rai, che ha dimenticato una parte (sappiamo quale) dell'Italia. A fronte degli annunci, dei sogni e dei convegni, la realtà è un po' deludente. I palinsesti autunnali, che saranno presentati domani a Milano, puntano su certezze e vecchie glorie, per il resto tiene banco il travaglio di Giovanni Floris, in fase di rinnovo di contratto.
Ieri si è parlato tanto di web ma il settore in cui il servizio pubblico sembra al palo è proprio quello dei media digitali. La Rai cambierà in meglio? Tutto è possibile, anche che Matteo Renzi abbassi le tasse. Per ora, nonostante i proclami, è accaduto il contrario.
2. I DIRIGENTI RAI: “RENZI È INTERVENUTO A GAMBA TESA”
Leandro Palestini per ‘La Repubblica’
Prove tecniche per una nuova Rai. Tra tagli renziani e conti in affanno, la Rai cambia pelle. E ieri, nella sede storica di via Teulada, il convegno Cento parole e 100 mestieri per la Rai è stato subito ribattezzato “la Leopolda di Viale Mazzini”. «Noi dirigenti Rai non abbiamo paura dei cambiamenti né dei tagli, anche se Renzi ha fatto un intervento a gamba tesa sottraendo in corso d’anno 150 milioni di euro all’azienda», ammette Luigi De Siervo, presidente AdRai (l’associazione che raggruppa 340 dirigenti Rai).
L’etichetta di renziano gli va stretta («Renzi non lo vedo e non lo sento da mesi» confida all’ Huffington Post) ma crede ciecamente al Sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli: «Ha chiarito che la Rai avrà la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo per i prossimi vent’anni». Ricorda che «l’azienda ha già risparmiato oltre 500 milioni di euro negli ultimi 5 anni».
I dirigenti Rai chiedono rispetto. «Il premier invita a palazzo Chigi i vertici di Sky, ma non trova il tempo per vedere Gubitosi: un brutto segno», sbuffano alcuni dirigenti. Sfilano giornalisti, registi, produttori (tanti intervenuti con un video), da Umberto Eco a Dario Fo, da Andrea Camilleri a Riccardo Tozzi, da Gabriele Salvatores a Vittorio Sgarbi, da Ettore Bernabei a Paola Cortellesi a Simona Ercolani. Aleggia il “fantasma” di Renzi pronto a cambiare i connotati alla Rai.
Alberto Airola, senatore M5S, operatore tv della sede di Torino, adombra un sospetto: «La vendita di RaiWay è anticostituzionale. Per l’Ebu l’operazione non è lecita, la Rai così perde la sua autonomia». I cambiamenti? «Con il presidente Tarantola abbiamo avviato il cambiamento, e come tutti i cambiamenti a volte non si notano », si rattrista il dg Luigi Gubitosi. Lucia Annunziata ha una ricetta.
«Bisogna ristrutturare la Rai, tre canali sono troppi. Meglio una sola rete di intrattenimento senza informazione. Un canale di sola informazione e tutto il resto su rete». Per Maria Pia Ammirati, vicedirettore di Rai1, «si deve ripartire dal prodotto: la Rai deve essere una Fabbrica delle idee aperta al mondo esterno». Giovanni Floris punta il dito verso i politici. «Ogni politico che vedo passare per Ballarò si ritiene l’antibiotico del male che crea lui stesso».
La mannaia di Renzi ridurrà il suo cachet, oggi di 550 mila euro? C’è chi giura che il giornalista abbia proposto a Gubitosi di lavorare gratis per un anno (come propose Santoro) per siglare poi un contratto legato allo share medio di Ballarò. Bruno Vespa, forte di un ingaggio milionario, ha fatto un sogno: «Spero di diventare un azionista Rai, ma in una fase intermedia credo la Rai debba essere per la maggior parte pubblica e solo al 49% privata». Vespa manterrà ben tre serate di Porta a porta a settimana (martedì, mercoledì e giovedì), mentre il lunedì ci saranno le inchieste di Petrolio condotto da Duilio Giammaria.
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