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Elena Rosselli per "Il Fatto Quotidiano"
Il compagno Fo non scende dal palco. Anzi, rivendica con orgoglio di esserci stato su quel palco, a Genova, insieme a Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio e "i ragazzi" del Movimento 5 stelle per il terzo V-Day. Dalla redazione del fattoquotidiano.it il premio Nobel, ospite d'eccezione dell'appuntamento settimanale in diretta streaming, risponde a Vauro. Il vignettista, il 3 dicembre, aveva scritto una lettera aperta chiedendo "Dario, ma che ci facevi lì a Genova?".
A stupire il vignettista, la frase pronunciata da Beppe Grillo - "dobbiamo vincere e vinceremo" - che richiama alla mente Mussolini: "Che brutte parole", scrive Vauro contestando anche le dichiarazioni sui "partiti morti a cui dare l'estrema unzione" perché , secondo il vignettista "non è rivoluzione strillare che tutti sono morti, cadaveri. E se lo è non mi piace".
Dario Fo respinge entrambe le critiche, il paragone tra Movimento 5 stelle e fascismo nonché l'utilizzo di metafore "mortuarie". "Dire âvincere e vinceremo' è fare una battuta che âsputtana' il gesto tronfio - spiega Fo - à tecnica molto diffusa nel teatro: quella di sputtanare se stessi nel momento in si produce una forma banale, inaccettabile e volgare. à ironia e uso del grottesco sulla parola âvincere'".
E il discorso sulla morte? La risposta del grande attore si fa polemica: "Fai il satirico? - chiede rivolgendosi direttamente a Vauro - Sai tutto delle tecniche per provocare, ma di colpo fai il moralista?".
Di nuovo torna in campo il teatro: "Potrei fare un elenco di pezzi famosi in cui si parla della morte. Arlecchino e la sua danza macabra, per esempio. O anche Shakespeare con l'Amleto". Insomma, Beppe Grillo è un comico e la sua è una storia di teatro. à una sorta di "re di Norvegia" che arriva, al termine dell'Amleto, quando tutti i rappresentanti del potere si sono scannati, a proporre "un nuovo tempo".
"Ma Dario Fo, uomo di sinistra, può davvero andare âoltre' i partiti come chiesto da Grillo?", domanda il direttore del sito Peter Gomez. "Sì, sono un uomo di sinistra, ma credo sia necessario andare oltre tutti i partiti. La loro posizione è sorpassata dai tempi, dal linguaggio, dalla cultura, dai valori, dalla credibilità ".
E ancora: "Sono smaccatamente spudorati e soprattutto non hanno dignità ". Obiettivo polemico del Premio Nobel sono le "larghe intese": "Dopo un fidanzamento segreto, i due partiti hanno deciso di sposarsi, andare a letto insieme accettando tutto quello contro cui si erano battuti. Alla fine, nonostante tutto, si uniscono nell'abbraccio delle larghe intese". Non manca neppure il "gioco della torre".
A tre giorni dalle primarie dell'8 dicembre che decideranno chi sarà il segretario nazionale del Pd, Dario Fo deve scegliere a chi, fra i tre candidati - Renzi, Cuperlo, Civati - si sentirebbe di dare il proprio voto. "Io non andrò - puntualizza - à una scelta molto difficile, ma se proprio fossi costretto, voterei per Cuperlo". Eppure è il candidato dipinto come "l'uomo di apparato". Già , "ma Civati non ha un suo linguaggio". E Renzi? "à quello che a Milano chiameremmo un âbauscia'".
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