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Michele Anselmi per "il Secolo XIX"
Christian De Sica, classe 1951, attore, regista, cantante e intrattenitore, è un signore simpatico, anche gentile. Ma fa un po' sorridere quando dice, promuovendo "Buona giornata", ennesimo film corale dei fratelli Vanzina che esce venerdì a tappeto: «Oggi a 61 anni non posso più interpretare solo il marito geloso e "cornificatore", so di poter ambire a personaggi di altro spessore. Se fossi all'estero avrei potuto girare benissimo "The Artist" o "Quasi amici", ma nel cinema italiano è sempre difficile osare, andare oltre i cliché».
Osare? Infatti nella commediola vanziniana fa un principe romano spiantato che pare uscire dal medagliere di papà Vittorio. Stesse movenze, stessi atteggiamenti, stessa albagia aristocratica con affondi romaneschi. A 10 mila euro al giorno il nobile squattrinato affitta l'augusto palazzo, con tanto di cappella del Bernini, per una fiction tv; e intanto, senza ritegno, divora i cestini della troupe, cestina gli avvisi delle tasse, scrocca la lettura di riviste gossipare all'edicola di via Veneto, si fa fotografare coi proprietari burini alle inaugurazioni di negozi periferici, ramo sanitari.
«Sono il principe Ascanio Gaetano Cavallini, assistente al Soglio pontificio, c'ho due Papi come antenati e sono il padrone di casa. Purtroppo mi domando: chi cazzo siete voi?» protesta coi rudi cinematografari che lo svegliano alle 6 di mattina. Il comico confessa di essersi ispirato a Mario D'Urso, a Pupetto di Sirignano, al principe Giovannelli, un po' anche al marchese del Grillo di Sordi. Può darsi, ma in fondo resta De Sica: coi trucchetti rodati in mille farse, il mix di signorilità esibita e ferocia spavalda. Ciò che ha fatto fino alla nausea, al cinema, in tv, negli spot-tormentone, perché gli procurava un nutrito conto in banca. Niente di male. Salvo poi dolersi che il cinema d'autore non lo prenda in considerazione.
In verità , saltato il progetto ambizioso di "L'età dell'oro" dal romanzo di Edoardo Nesi, l'attore ha provato a reinventarsi girando "Il figlio più piccolo" di Pupi Avati, ritratto acre di un padre scellerato e meschino, e incarnando un poliziotto gelido e corrotto nell'hollywoodiano "The Tourist". In entrambi i casi rinunciò a tingersi i capelli e mise la sordina al repertorio. Ma non ha funzionato.
E allora vogliamo dirlo, senza nulla togliere all'eclettismo di De Sica, che il 40enne Jean Dujardin di "The Artist" e il 56enne François Cluzet di "Quasi amici" appartengono a un'altra categoria artistica? Entrambi non hanno cavalcato il mono-genere fino a sfibrarsi: il primo è passato dalla parodia di 007 a storie drammatiche come "99 francs" e "Piccole bugie tra amici"; il secondo viene da un lungo sodalizio con Chabrol e Tavernier, da titoli come "I fantasmi del cappellaio", "Un affare di donne", "A mezzanotte circa".
Hanno resistito alle lusinghe della pubblicità stra-pagata, preferendo muoversi su un terreno artistico più coerente e sobrio. Per questo sono credibili, duttili, soprattutto impermeabili ai cliché. De Sica, nei cliché, invece continua a sguazzare. Non sarà facile, quindi, che lo chiamino per fare altro.
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