DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Alessia Rastelli per “la Lettura – Corriere della Sera”
Non solo ci suggeriscono il prossimo libro da leggere. Algoritmi sempre più sofisticati potranno essere usati per una prima selezione dei manoscritti che arrivano in una casa editrice oppure per misurare la popolarità social di un autore. Lo stesso scrittore potrà essere pagato con il sistema blockchain, mentre già alcuni studenti di Medicina apprendono l' anatomia attraverso ologrammi che escono dai libri e organizzazioni non-profit promuovono l' istruzione attraverso i big data .
Opportunità, strategie di crescita, ma anche princìpi e valori messi in discussione, a seconda dei casi e dei punti di vista, per un' industria, quella editoriale, che dopo la musica, la tv e il cinema, Spotify e Netflix, si confronta con la rivoluzione digitale. Al centro del dibattito non c' è più la questione (superata) se l' ebook ucciderà il libro di carta. Piuttosto quanto le nuove tecnologie influenzeranno (e già influenzano) la filiera produttiva e i contenuti a disposizione, le relazioni tra gli autori, gli editori e i lettori.
Di questo si è parlato la scorsa settimana a Poing, a venti chilometri da Monaco di Baviera, nell' ambito del Future Book Forum 2018 organizzato da Canon Europe. «Viviamo una fase di transizione ma siamo convinti che il mercato del libro tornerà a crescere. E vogliamo aiutarlo, a partire dallo scambio delle idee», spiega Jörg Engelstädter, sales manager di Canon, ideatore del convegno internazionale che, dal 2014, si tiene nella cittadina tedesca, sede di un vasto centro di produzione della multinazionale giapponese: 420 quest' anno i partecipanti alla conferenza, da 36 Paesi, incluso il nostro, presente con i marchi Hoepli, DeA Scuola, Pearson Italia, Libreria Editrice Vaticana e con Grafica Veneta, azienda specializzata nella stampa dei libri.
Vari gli spunti emersi nella due-giorni tedesca su come aggiornare il business. Innanzitutto sul piano della produzione (la creazione stessa del volume fisico attraverso nuovi macchinari, utili ad esempio per il print on demand , la stampa su richiesta). E poi sul piano dei lettori.
«Conoscerli attraverso i dati e personalizzare l' offerta» è il mantra di numerosi ospiti sul palco. Come Rainer Kellerhals, direttore Media & Cable di Microsoft per Europa, Medio Oriente e Africa, secondo il quale «siamo passati dall' era dei mass media a quella dei personal media ». E come Mark Allin, imprenditore e consulente, già amministratore delegato dell' americana John Wiley & Sons, bicentenaria casa editrice specializzata nelle pubblicazioni accademiche.
«Nel 2014 - ricorda l' ex ceo di Wiley - l' azienda ha acquistato CrossKnowledge, società francese che offriva a compagnie e università pacchetti per l' apprendimento digitale, certificazioni e corsi basati sull' abbonamento e sul cloud ( il sistema di tecnologie per l' archiviazione e l' elaborazione di informazioni fruibili da qualsiasi dispositivo connesso alla rete). «Con CrossKnowledge acquisivamo cioè un' azienda che aveva già costituito una community e ne raccoglieva i dati», spiega Allin, secondo il quale scovare specifici gruppi ai quali indirizzare l' offerta è fondamentale. Cita il caso di O' Reilly, marchio americano leader nei libri d' informatica «che ha costruito, con siti e convegni online, una grande rete».
Ancora diverso è il modello di business proposto dalla londinese Unbound, casa editrice basata sul crowdfunding (il finanziamento collettivo dal basso). Sotto la sua insegna sono usciti, tra l' altro, il romanzo The Wake di Paul Kingsnorth, nella longlist del Man Booker Prize 2014, e la raccolta L' arte delle lettere , a cura di Shaun Usher, i cui diritti sono stati venduti a vari editori all' estero (tra i quali Feltrinelli). «Alla fine il prodotto più apprezzato è il libro cartaceo», premette il fondatore, Dan Kieran. Ma digitali sono l' infrastruttura e il metodo, a partire dalla piattaforma online attraverso cui passa il contributo dei donatori (una volta raggiunta la cifra minima per andare in stampa, il resto viene diviso tra editore e autore, così come i futuri ricavi dalle vendite).
Ma non è tutto: se si invia un libro ad Unbound, il testo viene valutato, oltre che dagli editor, da un' intelligenza artificiale in grado di apprendere. Quest' ultima analizza anche la vita social dell' aspirante scrittore e le abitudini dei follower, per capire, ad esempio, se l' autore potrà diventare popolare con il passaparola. E alla fine succede che, per stabilire se e quanto investire nel libro, pesi più il giudizio del software che quello, umano, sulla trama e sullo stile.
Sia nel caso degli editori tradizionali che «studiano» i clienti e i loro gusti, sia nel caso di Unbound, si corrono dei rischi: perdere di vista il valore della storia in nome di criteri esclusivamente commerciali e fornire ai lettori solo quello che si aspettano. «Il pericolo della bolla c' è», ammette Allin. E lo stesso sostiene Giovanni Ulrico Hoepli: «Noi stessi usiamo tecnologie all' avanguardia nella produzione, pubblichiamo libri digitali, usiamo i social. Ma lo scouting non potrà mai farlo una macchina. Né un algoritmo potrà mai sostituire la ricerca in libreria, la cosiddetta serendipity , la bellezza di imbattersi nell' inatteso».
La pensa diversamente Kieran, il fondatore di Unbound, secondo il quale il suo modello di business «consente di immettere sul mercato un' offerta diversa rispetto a quella degli editori tradizionali. Che comunque scelgono anche loro ciò che vende di più». «Se invece - prosegue - i marchi che mirano a nicchie specifiche e a un' offerta personalizzata diventassero tanti, il risultato complessivo sarebbe alla fine una produzione di titoli più variegata». Nicchia feconda è ad esempio quella a cui si rivolge la canadese Cae Healthcare, citata sul palco, produttrice di contenuti interattivi, tra i quali gli ologrammi per la medicina.
Della tecnologia fa certamente un uso proficuo Room to Read, organizzazione non-profit che ha il suo quartier generale a San Francisco. «Siamo attivi in nove Paesi poveri dell' Asia e dell' Africa - spiega Leanne McNulty, specialista nella raccolta fondi, anche lei a Poing -: sosteniamo l' istruzione a livello di scuola primaria mentre, per quanto riguarda le superiori, supportiamo le ragazze affinché proseguano gli studi». Tra le attività di Room to Read, che ha raggiunto finora 16,6 milioni di bambini, c' è l' apertura di biblioteche dotate di libri nelle lingue locali.
La particolarità è che il fondatore, John Wood, viene dalla Silicon Valley, dove lavorava per Microsoft, e ha costruito Room to Read con una forte attenzione ai dati. «Li raccogliamo - spiega McNulty - per monitorare i risultati. Misuriamo tutto: i libri prestati dalle biblioteche, le ore di formazione degli insegnanti, le parole che un bambino legge al minuto, le domande alle quali sa rispondere. Questi indici confluiscono in un database globale e, se rivelano che le nostre attività non stanno funzionando, siamo in grado di correggerci immediatamente».
Quanto a ebook e supporti digitali, «è inutile - nota McNulty - diffonderli in Paesi che non hanno le infrastrutture per fruirne». Anche se ci sono alcuni contesti in cui è già possibile farlo: «In Indonesia abbiamo creato con Google una piattaforma di libri e video. Grazie al digitale abbiamo subito raggiunto 140 mila bambini e 2.200 insegnanti. La tecnologia, in questo caso, ha moltiplicato i risultati».
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