“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera? In chiaro mi vedrei, Rai Movie alle 21, 10, uno dei miei western preferiti della New Hollywood, “Un uomo chiamato cavallo” diretto nel 1970 da Elliot Silverstein con Richard Harris, in uno dei suoi ruoli più celebri, quello di Lord John Morgan catturato dai Sioux nel 1825, Dame Judith Anderson, che i vecchi cinéphiles non vedevano dai tempi di Rebecca, la prima moglie, Manu Tupou, Jean Gascon, attore di teatro canadese, e la bellissima Corinna Tsopei, che era stata Miss Grecia e Miss Universo e la Fox teneva da quattro anni in attesa di un buon film.
Ma ci sono anche 75 veri Sioux. Leggo che la storia, sceneggiata da Jack De Witt e tratta dal soggetto di Dorothy Johnson, è ispirata ai diari di un soldato spagnolo, per nulla nobile, tal Cabeza de Vaca, che venne catturato dagli indigeni nel 1528. Per una scena, dove doveva apparire completamente nudo, Richard Harris smise di bere. La scena venne poi tolta dal montaggio finale, ma Harris, che veniva dal successo di “Camelot”, esibisce un gran fisico senza whiskey.
Girato interamente a Durango, in Messico. Dame Judith Anderson chiese che il suo nome fosse rimosso dal film, perché aveva avuto un serio problemi agli occhi per colpa della produzione. Nessuno si era accorto che aveva gli occhi chiari e quando furono sul set, in un posto sperduto, la obbligarono a mettersi delle lenti nere, senza consultare un oculista, che le danneggiarono gli occhi.
E’ proprio un’altra cosa, Cine 34 alle 21, la ghost-comedy “Sono solo fantasmi” firmato da Christian De Sica, ma realizzato si sa dal figlio Brando De Sica, che scopre qui tutti i set che userà nel suo primo film, l’horror napoletano “Mimì, il principe delle tenebre”. Vediamo cosa ne scrissi…
Brrrr…. Paura…. “Ma che è sto bagnaticcio?” – “Me so’ pisciato addosso”. “Chi sei?” – “Sto cazzo!”. Ci risiamo. Torna Christian De Sica, attore e regista, con l’aiuto del figlio Brando, in questo spettacolare Sono solo fantasmi, divertente horror-comico su soggetto di Nicola Guaglianone e Menotti, sceneggiatura scritta assieme a Andrea Bassi e Luigi Di Capua, che vede tre fratelli acchiappafantasmi interpretati da Carlo Buccirosso, Gian Marco Tognazzi e dallo stesso Christian, alle prese con una marea di fantasmi napoletani particolarmente aggressivi.
christian de sica sono solo fantasmi
Il più fetente è il fantasma scorreggione che tormenta il ristorante “La cozza d’oro” di Tommaso Bianco, che vediamo volare in mezzo al salone centrale sparando merda su tutti. La più cattiva è la il fantasma della strega Janira che vuole vendicarsi sui napoletani seppellendoli sotto il Vesuvio. Rispetto ai cinepanettoni dell’epoca De Laurentiis con Boldi e Christian siamo qui alle prese con una commedia decisamente moderna, all’americana, girata con trucchi e effetti speciali più che onorevoli, e le vecchie battute del genere, i vattelapigliand…. sono relegate a punteggiature.
christian de sica sono solo fantasmi
Christian, appesantito e con un capello che lo rende un mischione di parodia di Elvis Presley e del vero Richard Benson, è al meglio, si sdoppia perfino nel ruolo del padre Vittorio in una imitazione-omaggio impressionante da quante è perfetta. Buccirosso non perde una battuta, come al solito, e Tognazzi, anche se non è napoletano, si muove bene nel ruolo forse meno definito dei tre. Ai tre protagonisti si unisce un gran cast di attori di talento e di belle presenze, da Leo Gullotta, meraviglioso, a Tommaso Bianco, da Nadia Rinaldi a Carmen Russo, dalla “eduardiana” Graziella Marina come vecchia fantasma a Luciana De Falco a Mimma Lovoi.
Iris alle 21, 15 passa l'ultimo rimontaggio del Padrino 3 di Coppola, ribattezzato “Il Padrino: epilogo. La morte di Michael Corleone” diretto da Francis Ford Coppola con Al Pacino, Diane Keaton, Talia Shire, Andy Garcia, Sofia Coppola, Eli Wallach. Lo abbiamo amato da subito e non mi va di rivederlo in nuova versione, uffa… Su Canale 27 alle 21, 15 abbiamo la commedia buddy-buddy “Una spia e mezzo” diretta da Rawson Marshall Thurber con Dwayne Johnson, Kevin Hart, Aaron Paul, Amy Ryan, Brett Azar, Megan Park, Ryan Hansen.
Italia 1 alle 21, 20 passa in prima visione “Avengers: Infinity War” dei fratelli Anthony e Joe Russo con Scarlett Johansson, Robert Downey jr., Benedict Cumberbatch, Mark Ruffalo. Arieccoli gli Avengers! Qui ci sono tutti o quasi, uniti addirittura ai Guardiani della Galassia, con tanto di Groot teenager sempre con gli occhi su un videogioco, e Thor con un occhio solo, per combattere il malefico e gigantesco Thanos, patrigno della verdognola Gamora, che cerca di impadronirsi di sei brillantini, le Infinity Stones, gelosamente conservati dalle forze del bene, Vision ne ha una piantata nella capoccia, da inserire nel suo pugno di ferro alla Petrus Boonekamp in modo da controllare così l’Universo e decidere in maniera non classista (‘ndo cojo cojo) chi vivrà e chi morirà sul pianeta terra.
Perché siamo in troppi. Si sa. Bel discorso… Diciamo che siamo un po’ sul politico? Sull’antitrumpiano? Forse. Intanto, questo Avengers: Infinity War, polpettone di due ore e mezzo molto dark, a tratti triste e dolente, ma anche pieno di battute e di storie e sottostorie, la cui prima missione è soprattutto quella di non far scontrare tra di loro i fin troppi personaggi che mette in scena nella guerra contro il Thanos barbuto di Josh Brolin, che mischia cattiveria a tristezza shakespeariana.
Così sceneggiatori e registi devono stare bene attenti a rispettare le caratteristiche dei vari supereroi, da Thor in cerca di un martellone speciale sul pianeta dove è rimasto solo un fabbro, Peter Dinklage in versione “lunga”, che si porta dietro Baby Groot e il geniale Rocket, che seguita a chiamare “coniglio”, a Vision e a Scarlet Witch che vivono braccati dalle forze del male come due No-tav, a un Doctor Strange sempre così a posto e pronto a litigare con Iron Man su chi sia il vero leader della spedizione.
Ma soprattutto sceneggiatori, registi e produttori si trovano davanti al problemino di Wakanda e di Black Panther con la sua tribù. Perché dopo il successo globale del suo film, Black Panther è diventato qualcosa a parte nel mondo della cultura americana del 2000, e è un personaggio e un universo che non puoi fare entrare per il finalone, per grande sia, o che fai giocare metà partita. Quindi devi stare attento a quel che fai. Mentre Iron Man è un personaggio in via di esaurimento, Scarlett Johansson non ha più il piglio sexy e sbarazzino di un tempo, e Doctor Strange non ha quella forza mediatica.
Ma devo dire che il film, generalmente, distribuisce bene personaggi e spazi, pensiamo solo all’entrata in scena dei Guardiani della Galassia e al rapporto di Gamora col patrigno Thanos, che sarà poi il cuore della vicenda, o al rapporto fra Spider Man e Iron Man e all’incontro dei due con Doctor Strange e Wong. E i bambini adorano queste ammucchiate di supereroi che lottano assieme contro i cattivi. Anche quando i loro eroi ne escono ammaccati. Ma forse Thanos è troppo dilagante.
scena de il pianista di polanski
Spadroneggia come un coatto per due ore e mezzo e lo stesso farà nel prossimo film… E, allora, uno pensa, ma Thor non gli può dare una martellatona e la finiamo così? Evidentemente no. Rai4 alle 21, 20 presenta l’horror “Wrong Turn” di Mike P. Nelson con Matthew Modine, Charlotte Vega, Adrian Favela, Adain Bradley, Dylan McTee, Bill Sage. Cielo alle 21, 25 passa un grande film di Roman Polanski, forse il suo ultimo grande film, “Il pianista” con Adrien Brody, Thomas Kretschmann, Emilia Fox, Ed Stoppard.
Passiamo alla seconda serata con “La tregua” di Francesco Rosi, sceneggiatura di Sandro Petraglia e Tonino Guerra, tratto dal romanzo di Primo Levi sul ritorno degli ebrei italiani da Auschwitz, con John Turturro, Massimo Ghini, Rade Serbedzija, Stefano Dionisi, Claudio Bisio, Teco Celio, La7 alle 22, 05. Film dalla lavorazione terribile, faticosissima. Durante la lavorazione, in Ucraina, morì Pasqualino De Santis, il grande direttore della fotografia. E fu l’ultimo film di Rosi.
raquel welch e jim brown el verdugo
Rai Movie alle 23, 10 ci rallegra col picaresco e ultra-erotico “El Verdugo”, noto anche col titolo americano “One Hundred Rifles”, western americano tutto girato in Spagna da Tom Gries con Burt Reynolds, Raquel Welch, Jim Brown, Fernando Lamas, Soledad Miranda. La novità, allora, fu vedere la scopatona tra Raquel Welch e Jim Brown, cosa che nell’America segregazionista era ben dura da digerire.
Allora Tom Gries aveva impressionato tutti con un grande western autunnale, “Costretto ad uccidere”, e ci si aspettava molto anche da questo suo secondo film del genere, che inoltre aveva scritto assieme a uno specialista come Clair Huffaker. Michel Ciment notava “un dinamismo di regia quasi vidoriano”. Si ricollega così alla tradizione “Vera Cruz” – “I professionisti”, che ci riporta dritti all’allegoria politica che si combina col comico alla Aldrich. La storia parte da uno spunto vero, lo sterminio degli indiani Yaquis, nello stato di Sonora nel 1912, da parte dell’esercito messicano.
Burt, fresco di Navajo Joe, è un meticcio (si chiama Yacqui Joe nell’edizione originale...) che deve portare al suo popolo cento fucili rubati all’esercito americano. Rapinatore di banche, viene inseguito fino in Messico dallo sceriffo nero Jim Brown. I due si metteranno però insieme per combattere il cattivo generale Verdugo, cioè Fernando Lamas, il suo consigliere militare tedesco e il suo esercito in guerra con gli indiani.
A fianco dei nostri eroi la bella guerrigliera indiana Sarita, cioè Raquel Welch, allora al suo top. Suo padre, nel film, è José Manuel Martín! Raquel ha una grande scena sexy sotto una doccia per fare fermare il treno dei soldati. Ci saremmo fermati tutti.
missione eroica. i pompieri 2 3
Su Cine 34 alle 23, 10 passa il comico “I pompieri” di Neri Parenti con Paolo Villaggio, Lino Banfi, Ricky Tognazzi, Gigi Sammarchi, Andrea Roncato e Moana Pozzi. Tv2000 alle 23, 50 presenta il grande film sull’Olocausto che segnalò Laszlo Nemes, già assistente di Bela Tarr, “Il figlio di Saul”, con Géza Röhrig, Levente Molnár, Urs Rechn, Björn Freiberg, Sándor Zsótér. Film divisivo, ma di fronte al quale è difficile rimanere indifferenti, a Cannes vinse il Gran Premio della Giuria, e già lì il pubblico si era diviso aspramente.
Ma poi vinse Golden Globes e Oscar come miglior film straniero. Ma al di là delle polemiche sul virtuosismo un po’ acchiappone del film, sulle sue ambizioni di cinema, è indubbio che questo Il figlio di Saul sia un film di una forza straordinaria. Per due ore tesissime ci inchioda con gli occhi allo schermo, seguendo di spalle e in primo piano un certo Saul, interpretato da Géza Röhrig, ebreo ungherese membro del sonderkommando che ha il compito di ripulire le camere della morte di un campo di concentramento negli ultimi mesi di guerra.
Sì, perché siamo a Auschwitz nell’ottobre del 1944 e quel che vediamo è in qualche modo come se lo vivessimo attraverso i suoi occhi. L'idea geniale del regista è quella di seguire solo lui, mentre un po' sfocati, ripresi quasi distrattamente e con totale realismo, scorrono gli orrori quotidiani della macchina della morte nazista.
Saul, per tutto il tempo del film, mentre attorno a lui muoiono decine e decine di uomini nelle camere a gas e nelle fosse comuni, ha un solo interesse: dare sepoltura religiosa, con tanto di preghiera del rabbino a un ragazzo ucciso dai nazisti e che lui riconosce come figlio. Anche se sentiamo dire più volte che lui non ha figli. Ma il tentativo, in un così vasto scempio di vite e corpi umani, è quello di ricomporre nella cerimonia l'identità ebraica-ungherese del protagonista e della sua gente. Proprio mentre tutto crollo.
Questa missione di Saul, per quanto folle all'interno di un delirio criminale di proporzioni bibliche, è quello che lo muove, e quindi ci muove, all'interno del campo. Per Saul non c'è più senso di paura, orrore, di vita e di morte al di fuori della sua missione. Grande film di messa in scena, visto che è tutto raccontato con grandi e complessi piani sequenza che seguono Saul, è anche un grande film di lavoro sulla memoria dell'Olocausto, documentatissimo e totalmente credibile.
Ma il vero colpaccio è quello che fa Rete 4 alle 0, 55, presentando il documentario sui campi di concentramento nazisti, “Memory of the Camps”, diretto da Sidney Bernstein e Alfred Hitchcock, girato nel 1945 dai reporter di guerra inglesi, scordato per quarant’anni e poi recuperato una ventina d’anni fa. Così così, malgrado il grande cast, “Il premio”, on the road diretto da Alessandro Gassman con Gigi Proietti in vesta di stravagante scrittore che va a ritirare il Nobel a Stoccolma, e una simpatica accozzaglia che comprende Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Anna Foglietta e Matilda De Angelis.
Rai Movie all’1, 10 passa il fantascientifico “Codice Genesi” di Albert Hughes, Allen Hughes con Denzel Washington, Gary Oldman, Mila Kunis, Michael Gambon, Jennifer Beals. Su Iris alle 2, 30 trovate “Segreti”, drammone diretto dall australiana Jocelyn Moorhouse con Jessica Lange, Michelle Pfeiffer e Jennifer Jason Leigh figlie del morente capofamiglia Jason Robards che deve dividere la sua terra con loro. Su Iris alle 4, 20 abbiamo il vecchio “Guerra indiana” di Jacques Tourneur con Keith Larsen, Buddy Ebsen, Don Brunett, in realtà un montaggione di qualche episodio della serie “Northwest Passage”. La chiudo qui.
un uomo chiamato cavallo il premioguerra indiana 1il premio memory of the campscodice genesiavengers infinity war avengers infinity war wrong turnraquel welch e jim brown el verdugo mark ruffalo girato due finali differenti avengers infinity war v3 373286 1280x720IL FIGLIO DI SAUL I POMPIERIIL FIGLIO DI SAUL IL FIGLIO DI SAUL raquel welch el verdugo raquel welch el verdugo raquel welch el verdugo il padrino iii 3raquel welch el verdugo 1il padrino iii 1UNA SPIA E MEZZO UNA SPIA E MEZZOil padrino iii 2john turturro massimo ghini la treguala tregua christian de sica sono solo fantasmi
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