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Paolo Colonnello per "la Stampa"
Le condanne come quelle di Erika De Nardo, in realtà , non finiscono mai. Così anche se oggi, dopo quasi 11 anni, formalmente per la giustizia avrà finito di scontare la sua pena, l'ex ragazzina che la sera del 21 febbraio 2001 a Novi Ligure massacrò a coltellate la madre e il fratellino di dodici anni, difficilmente riuscirà ad uscire dalla gabbia che ha costruito intorno a sé.
Per i rimorsi di ciò che ha fatto e che tiene in foto sul comodino della sua stanza nella comunità «Paradiso» di Lonate, nel Bresciano, dove è entrata il 5 ottobre scorso per scontare gli ultimi due mesi di detenzione. Per i fantasmi che la perseguitano e che hanno preso la forma di Omar Favaro, il fidanzato dell'epoca, il complice che la aiutò nell'assurdo massacro della sua famiglia e che due mesi fa si è fatto intervistare da un settimanale, lasciandosi fotografare vicino alla tomba degli innocenti che aveva aiutato ad uccidere. Erika e Omar, «la coppia diabolica»: l'amore che li unì nella follia di sangue si è trasformato in disprezzo, che è la forma peggiore dell'odio.
Entrambi si scrivono e si confrontano adesso attraverso i giornali, rilasciando interviste e scrivendo lettere, sfruttando ancora una volta la loro tragedia. «Si vede chiaramente quanto sei viscido e senza dignità , usare mia madre e mio fratello per farti popolarità . Per fare dei soldi ti sei fatto fotografare al cimitero da loro. Ma non ti vergogni...», ha accusato Erika in una lettera pubblicata ieri sul Quotidiano Nazionale.
Lui, che è uscito dal carcere nel marzo del 2010 e ora vive in Toscana con una nuova compagna, nelle interviste aveva spiegato di attenderla «per guardarla negli occhi», capire il perché di questo odio nei suoi riguardi e soprattutto capire quanto accadde. Un dialogo surreale, a distanza, sui giornali. Lei risponde secca: «Hai reso un sacco di dichiarazioni false ma non mi stupisce da un vile come te, ma recarti al cimitero e farti fotografare è una cosa da indegno, quale tu sei. Ti chiedo per l'ultima volta di smetterla di speculare sulla mia famiglia, di certo così non trovi lavoro sempre che tu non voglia fare il Grande Fratello...».
Sempre stata più determinata, Erika. Nel bene e nel male. Omar ha avuto meno strumenti, meno carattere, meno possibilità e la prigione non lo ha aiutato. Erika invece, che oggi ha 27 anni, si è laureata in Filosofia con 110 e lode mentre era in carcere, adesso che ha finito di scontare la sua pena ha scelto di rimanere per il futuro nella comunità di Don Mazzi che l'ha ospitata, facendo volontariato. Ed è perfino riuscita a recuperare il rapporto con suo padre, da cui trascorrerà Natale per poi andare per un periodo di volontariato all'estero. «Adesso basta - conclude Erika nella sua lettera a Omar -. Spero che tu abbia capito che devi vivere senza continuare a legarti alla mia famiglia, ma come Omar Favaro. à ora che tu spenga i riflettori su di noi».
In fondo è cambiato ben poco dalla prima sera in cui iniziarono a mentire accusando prima degli albanesi inesistenti e poi, una volta arrestati, accusandosi reciprocamente davanti ai carabinieri, rigettando l'uno sull'altro la primogenitura della responsabilità del massacro. Avevano entrambi 16 anni.
La corte d'Assise di Torino li condannò a 16 e 14 anni di reclusione, pena confermata in Cassazione, considerando Erika la vera ispiratrice di quella notte di sangue in famiglia: la mamma Susy Cassini e il fratellino Gianluca, 12 anni, vennero colpiti in tutto da 96 coltellate, in un crescendo di orrore che sconvolse l'Italia. Ma venne data loro una seconda possibilità : quella di uscire dal carcere non ancora trentenni e di potersi rifare una vita. Sarebbe ora che capissero che un buon modo per ricominciare è farsi dimenticare.
ERIKA DE NARDOOMAR FAVAROLETTERA DI ERIKA A _QUOTIDIANO NAZIONALE_
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