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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Paradossi della politica americana: Herman Cain, il candidato arciconservatore passato dal ruolo di «outsider» a quello di battistrada nella corsa alla «nomination» repubblicana, getta la spugna: continua a negare di aver molestato alcune sue dipendenti e di essere stato un marito infedele, ma capisce che le accuse che continuano a piovergli addosso gli hanno alienato le simpatie di un elettorato in gran parte proveniente dalla destra cristiana.
Con la scelta dei ritiro, annunciato ieri ad Atlanta, Cain apre, però, la strada per la Casa Bianca a un altro «grande adultero» del conservatorismo radicale: quel Newt Gingrich che alla fine degli anni Novanta, proprio mentre da leader repubblicano alla Camera condannava il presidente Clinton per il caso Lewinsky, coltivava a sua volta una relazione extraconiugale alle spalle della seconda moglie gravemente ammalata.
Quella vicenda sembrava aver reso l'ex «speaker» del Partito repubblicano un candidato improponibile per la destra evangelica, quella più attratta dall'integralismo di Gingrich. Che, infatti, aveva lasciato il Congresso e la politica attiva, mettendosi a fare il consulente aziendale. Un mestiere molto simile a quello del lobbista, che gli ha garantito guadagni milionari. Ritrovarlo adesso candidato e in testa in quasi tutti i sondaggi, lascia senza fiato anche gli amici che lo avevano incoraggiato, ma senza cedere troppo nelle sue «chance».
E gli analisti che da mesi versano fiumi d'inchiostro sulla campagna elettorale, vengono assaliti da un atroce sospetto: «Newt che spopola, Cain finito, Romney a pezzi: si direbbe che nessuno di noi capisce quello che sta succedendo», ha confessato ieri sul Wall Street Journal la «columnist» Peggy Noonan, idolo dei lettori conservatori.
Lo sconcerto ci sta tutto: fino a pochi giorni fa quella di Gingrich sembrava l'avventura di un ex politico un po' annoiato, tornato in pista più per nostalgia dei riflettori e per soddisfare le ambizioni «social» della terza moglie, l'onnipresente Callista, che pensando davvero di arrivare alla Casa Bianca. Abbandonato in blocco sei mesi fa dai capi del suo staff quando, invece di fare comizi negli Usa, se ne andò in crociera nelle isole greche con Callista, quasi privo di fondi elettorali, preso a torte in faccia dai contestatori, spesso tenuto ai margini dei dibattiti televisivi (all'inizio, brillavano solo Romney e Michele Bachmann), Newt è parso più volte sull'orlo del ritiro.
Ma Gingrich, politico navigato e coriaceo, non ha mollato, aspettando pazientemente che le «nuove stelle» del firmamento della politica conservatrice - dalla Bachmann a Rick Perry - si autoaffondassero con errori e gaffe a raffica. Alla fine l'elettorato della destra «profonda» - quella che non si fida del mormone Mitt Romney, un politico con precedenti liberal che oggi professa idee conservatrici ancora «fresche di vernice» - si è rifugiato tra le braccia di Herman Cain.
Quando anche l'ex capo di «Godfather's Pizza» è imploso, ai conservatori a «trazione integrale» non è rimasto che voltarsi all'ultimo (e più improbabile) dei santi della cripta del Partito repubblicano. Qualche giorno fa, quando un sondaggio ha indicato che in meno di un mese i consensi per Gingrich sono saliti dall'11 al 50%, gli analisti per un attimo hanno pensato a un errore di rilevazione.
Ma poi, confortati da altri «poll», hanno capito: quest'anno, con una corsa alla «nomination» fortemente condizionata dai dibattiti tv e da un immenso serbatoio di voti radicali (quello degli elettori dei Tea Party) che non riesce a trovare il candidato ideale, le dinamiche tradizionali della campagna elettorale sono state sconvolte: i consensi della destra «profonda» si sono spostati sul candidato che, di volta in volta, è apparso il più credibile a quest'area politica.
La spunterà alla fine Newt grazie al k.o. degli altri contendenti? Non è detto: l'ex «speaker» è un uomo molto esperto che ha, però, un armadio pieno di scheletri accumulati nella sua carriera paralobbistica: ad esempio i compensi milionari avuti da Freddie Mac, la centrale parapubblica dei mutui-casa assistenziali che è una «bestia nera» dei conservatori. Mitt Romney non ha mai entusiasmato, ma non ha nemmeno mai fatto errori irreparabili: potrebbe ancora recuperare.
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