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Valeria Arnaldi per “il Messaggero”
Sono le due del mattino, le strade del Villaggio Olimpico sono deserte. All'improvviso lo scontro tra due auto: una delle due si ribalta. Alcune persone corrono. Una donna piange. Poi, tutto si ferma, in attesa della voce del regista. Dario Argento sta girando a Roma il suo nuovo film Occhiali neri, prodotto da Urania Pictures e Getaway Films - le produttrici sono Conchita Airoldi e Laurentina Guidotti, produttore associato Asia Argento - che segna il suo ritorno al giallo. Una storia ambientata nel mondo della prostituzione, a Roma, con vari colpi di scena.
E un incidente, appunto, chiave di volta della narrazione: una escort di via Veneto, perseguitata da un serial killer si ritrova a fare i conti con la perdita della vista e a fuggire anche dalla polizia. Alla vigilia della partenza per Cannes, dove sarà oggi come attore per Vortex di Gaspar Noé, storia di un amore senile, abbiamo raggiunto Argento sul suo set del film, scritto vent' anni fa.
Come mai sta girando Occhiali neri solo ora?
«Per una serie di circostanze. Avrebbe dovuto produrlo Vittorio Cecchi Gori, ma poi ha avuto i problemi che conosciamo. Dopo, la vita mi ha portato verso altre imprese e non ho più pensato al film. Tempo fa, mia figlia Asia, cercando dei miei vecchi scritti, lo ha trovato. Le ho detto che non mi interessava, ma secondo lei era bellissimo, mi ha convinto a rileggerlo. In effetti, era interessante».
Come lo ha adattato?
«Ho fatto tante modifiche. Avevo immaginato Asia come protagonista ma era impegnata per un altro film. Qui ha comunque un ruolo. Ho impiegato un po' prima di trovare l'interprete. Non ci sono tanti attori e attrici di valore nel nostro Paese. Alcune generazioni esprimono fenomeni, attori eccezionali che riempiono la scena, guidano il film. Poi, ci sono periodi in cui ciò si smorza.
Oggi, il cinema si è un po' smorzato e anche la generazione di attori. Se penso agli ultimi che hanno trascinato, mi vengono in mente nomi anni 60/'70'/'80. Ilenia mi è piaciuta subito per entusiasmo, impegno, forza d'animo».
I ruoli femminili sono sempre importanti nei suoi lavori.
«Credo nasca tutto da mia madre, grande fotografa (Elda Luxardo). Era specializzata nelle figure femminili. Da bimbo la seguivo mentre fotografava. Quando ho iniziato a fare il cinema, mi sono trovato subito a mio agio con le figure femminili. È stata lei a insegnarmi a raccontare le donne».
Maestro del brivido, cosa la spaventa oggi?
«La malattia, questa nuova pestilenza. Tra le paure si è inserita quella del Covid. Quando ho fatto il vaccino ero felice, mi sono sentito come se fossi guarito da una malattia che peraltro non ho mai avuto».
La pandemia ha fermato anche il cinema, cosa pensa che comporterà per il settore?
«Credo che questa sospensione abbia dato modo a tanti di riflettere, scrivere, riscoprire vecchi film, allargare la cultura cinematografica. Penso che tutto ciò sarà utile per il cinema italiano e mondiale. Amo il cinema francese, certe cose di quello americano. E sono da sempre appassionato di cinema orientale, un altro modo di raccontare».
Torniamo al film. Anche Roma è una protagonista.
«Racconto la mia città, dove ho vissuto, dal centro alla periferia. E la campagna romana, che è crudele, cespugliosa, ha un carattere rude. Mi piace».
Le mani dell'assassino, come negli altri film, sono le sue?
«No, per la prima volta, non sono le mie, non saprei dire perché ma ho deciso di non usarle».
Però, per Noè, si è prestato a fare l'attore.
«Mi sono divertito. C'erano dodici pagine di copione. Dovevamo improvvisare. A ogni ciak inventavo cose nuove, c'erano scene lunghissime, è stato bello ma non lo rifarò».
E come regista?
«In quel cassetto ho trovato un altro copione: un giallo ambientato a Roma, che ho scritto negli Anni Novanta, protagonisti un uomo e una donna. Non so ancora se lo farò, ma, diciamo, che alla prima lettura mi è piaciuto».
In Occhiali neri un mistero legato alla musica. Si parlava dei Daft Punk, e invece?
«Mi avevano detto sì, poi ho saputo che, essendosi sciolti, non avrebbero più fatto il film. Adesso c'è un giovane italiano, non svelo il nome. La musica sarà importante e sarà qualcosa di nuovo».
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