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Alessandra Paolini per “la Repubblica-Roma”
Sederi, naturalmente. Sederi tondi, a volte anche troppo tondi. Sederi più o meno addobbati di pizzi, come nel cinema che lo ha reso famoso negli anni ’80, quando il muro della censura si fece più permeabile e le forme di Serena Grandi e Stefania Sandrelli irruppero nella sale da Bolzano a Siracusa. Ma anche segmenti di un altro cinema, sempre alle prese con la censura ma per ragioni politiche, nell’Italia democristiana degli anni 60.
C’è tutto questo nella mostra che Roma dedica a Tinto Brass al Vittoriano: “Uno sguardo libero”, appunti di viaggio di una vita scanditi da locandine, fotografie, spezzoni di pellicole. E bozzetti di scenografie, interviste, abiti di scena – insomma, guêpiere e baby doll soprattutto - provenienti direttamente dal suo archivio privato: «Forse, se non fossi nato in Italia – dice quasi tra sé – avrei avuto un diverso destino. Ma qui c’era e c’è il Vaticano ».
A curare la mostra – aperta fino al 23 marzo – è stata Caterina Varzi, da anni compagna e musa di un uomo che, anche incontrando i giornalisti, la vuole fasciata da un tailleur nero attillatissimo su tacchi vertiginosi e calze – naturalmente – a rete: «Di Tinto – racconta lei– mi ha sempre affascinato l’affinità con il surrealismo nell’amore per la trasgressione e la meraviglia estatica di fronte al richiamo dell’eros».
Sara certamente cosi, ma la gente si raduna lungo le tappe di un tour che da “Caligola” arriva a “Paprika” e da “Cosi fan tutte” con la poi convertita Claudia Koll fino all’ultimo “Hotel Courbet” con la Varzi nei panni della protagonista. Ma naturalmente c’è spazio per i successi, “La Chiave”, “Miranda”, “Monella”, “Fermo posta Tinto Brass”.
E per il cinema dei ‘60 e ‘70, in cui il sesso correva ma tra i suoi attori Brass ebbe Alberto Sordi e Silvana Mangano, Monica Vitti ed Eleonora Rossi Drago, e poi Adolfo Celi, Jean Luis Trintignant, Ewa Aulin, Vanessa Redgrave, Leopoldo Trieste, per non dire del cast internazionale di “Salon Kitty” e “Caligola”.
Lui confessa un penchant per “L’Urlo”: «È stato tenuto al bando per anni dalla censura», ricorda il regista, davanti alle foto di Tina Aumont e Gigi Proietti ma a incuriosire tutti è il racconto dei provini del mitico Tinto:
«Le attrici dovevano presentarsi rigorosamente nude – spiega – e per vedere bene quello che mi interessava di più io buttavo in terra una monetina e gli chiedevo di raccoglierla». E qui torniamo all’icona del cinema brassiano.
L’icona di forme generose soprattutto sul B-side che gli hanno fatto venire in mente un’incursione, per un possibile prossimo casting, nelle file del governo: «Eh si, Maria Elena Boschi la vedrei bene in un mio film…».
maria elena boschi (3)
ClaudiaKoll brass
CALIGOLA DI TINTO BRASS
Tinto Brass La Presse
TINTO BRASS BOSCHI
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