“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Paolo Mereghetti per il “Corriere della Sera”
La prima volta che sono uscito da un film dovevo avere cinque o sei anni. Mi rivedo benissimo piangere disperatamente sotto la luce gialla di un lampione. Poi ho ricostruito: in vacanza a Varazze, i miei mi avevano portato a vedere Biancaneve , ma quando la matrigna fugge dopo aver dato la mela avvelenata, rivelando la sua mostruosità da strega, ero scoppiato in un pianto irrefrenabile. Così, per la pace degli altri spettatori, mi avevano accompagnato fuori dal cinema, sotto quel sinistro lampione con la sua luce gialla…
Non sapevo ancora che, da grande, avrei fatto il critico cinematografico ma evidentemente le storie che vedevo sullo schermo mi appassionavano già al punto da immedesimarmi nei loro personaggi. Poi, la correttezza professionale (e il piacere cinefilo) sono cresciuti di pari passo con il senso del dovere: i film si vedono fino in fondo, anche se non piacciono.
Evidentemente era impensabile un’iniziativa come quella messa in atto dal gruppo francese C2L che nelle sue sale offre ai propri spettatori una particolarissima «tessera di garanzia»: uscendo entro i primi 30 minuti di proiezione — comprensivi però anche di pubblicità e fuori programma: in sostanza si deve decidere entro i primi 15 minuti del film — si ha diritto al rimborso del biglietto.
Prima di avere la tessera da critico, mi sembra di essere uscito solo una volta da un film: era Addio fratello crudele (una scena nella foto) di Giuseppe Patroni Griffi. Di norma ci tenevo a non sprecare il costo del biglietto. Poi il «narcisismo masocone» (per dirla con Gadda) mi ha inchiodato alla sedia fino alla fine del film, invidiando non poco colleghi più spregiudicati che lasciavano la sala a proiezione non finita. Confesso però che qualche volta sarebbe piaciuto anche me uscire a respirare un po’ di aria pura.
L’ho pensato spesso durante Fino alla fine del mondo di Wenders o per La città delle donne di Fellini (al quale avevo anche provato a dire delicatamente le mie perplessità, indisponendolo non poco). Durante i miei «giovenil furori», avrei fatto volentieri a meno di vedere fino alla fine Il posto delle fragole o Il settimo sigillo di Bergman (di cui ho recuperato la grandezza in anni più tardi) e se ho sempre difeso a spada tratta La corazzata Potëmkin , Il vecchio e il nuovo di Ejzenštejn mi ha ispirato sogni di fuga.
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