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1 - ANDREA'S VERSION...
Andrea Marcenaro per "il Foglio"
Ammazza che sfiga, gli manca proprio molto a quelli lì. Bravi, però, convincenti, commoventi, per lo più poetici e tutti con un buzzo, un friccico che da dove sgorgava, da dove gli verrà mai quel gran talento, ti domandavi, che gran fortuna, come faranno? Portavano le loro parole come formichine. Ci giravano intorno, ci virtuoseggiavano su. Francesco Guccini, Ettore Scola, Rocco Papaleo, Nicola Piovani, Massimo Gramellini, non uno che non fosse deprivato di qualcosa, a questo mancava "passeggiare", a quell'altro il "sole", oppure la "leggerezza", ma anche l'"aria", perfino l'aria gli mancava. A Paolo Rumiz, poveretto, le "scarpe": "Non è con il taccuino o le mani, ma con i piedi che credo si scriva". Tempi di crisi. Culo poi ha voluto, tra quelli di "Quello che (non) ho", che nessuno abbia nominato i "soldi".
2 - LA TV DOLORISTA E I COUCH POTATOES...
Giuliano Ferrara per "il Foglio"
Su Saviano ci siamo sbagliati. Il successo di pubblico è arrivato, come previsto, quello di critica no, eppure ci avevamo scommesso. L'Italia abbonda di couch potatoes, il largo pubblico infantilizzato dalla televisione che si accuccia sul divano, sgranocchia patatine e noccioline e prolunga così l'ozio lamentoso che la tv del dolore sociale gli insegna e gli mostra come tenebroso spettacolo per tre ore consecutive (siamo l'unico paese al mondo in cui la lagna dura nove ore e si spalma su tre serate perdute per la gioventù degli addict de La7).
Un sacco di gente ha guardato Saviano, ha ascoltato la tiritera dei suicidi economici, si è compiaciuta del dramma che vive e non vive, ha pensato di essere intelligente guardando uno che non lo è abbastanza per farsi perdonare le sue ideuzze, ma stavolta non ha solo visto: lo ha anche guardato e ascoltato. Saltato il tappo, i guru del commento hanno raccolto, a parte il critico televisivo del Corriere Aldo Grasso che non è nuovo di questi boschi e si è pronunciato a caldo, subito, il malumore delle chattering classes, altro nome appena più elegante per i couch potatoes, e lo hanno rilanciato.
Mentre gli impaginatori (il giornale di Ezio Mauro non ha un critico televisivo) relegavano l'evento su Repubblica a una paginetta spettacoli imbarazzata, la numero 47, destituendo di sapore l'epica evenemenziale, e in generale la posizione in pagina sui giornali di sinistra era un tutto-sommatochissenefrega, la recensione del giorno dopo era spietata di tono.
Perfino Beppe Severgnini, twittarolo com'è, ha sentito la botta filtrante sul Web, diventato luogo di mugugno malmostoso contro l'eroe del banale, e ha predicato una melliflua esigenza di speranza a una trasmissione di un pessimismo corrivo, condotta da un terribile consolatore di folle afflitte, Fabio Fazio, che dalla rete in cui (ri)trasmetteva se ne era andato via anni fa con una paccata di milioni che nemmeno il compianto Enzo Biagi.
E una deliziosa Stefania Carini su Europa illustrava la "tetraggine" savianea dicendo che "la parola rimbomba, e risuona vuota", che lo show "si crede più nobile e nobilitante" della tv ordinaria e invece manca di "umiltà , professionalità , allegria".
Insomma, l'evento è stato inscenato come al solito, ma è stato recepito in modo diverso dal solito. Qualche volta dirla tutta è utile. E, comunque, quello che non ho e non abbiamo è un ministro di stato cinico come William Hague, capace di dire che bisogna lavorare di più, se necessario darsi da fare all'estero, invece di rompere i coglioni dalla mattina a sera tarda.
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