“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Umberto Contarello a Dagospia
Come è vero che il modo di lasciarci è il modo con cui si è vissuti. Oggi ho salutato Francesca, a Roma, nella chiesa di S. Giacomo, a via del Corso, il lunedì mattina quando le commesse fumano sulle porte dei negozi aspettando i loro amori che scaricano le magliette e oltre il dolore, oltre i baci e gli abbracci di piumino, ecco lo strazio non previsto.
Quello che avviene e che dice tutto, che mette a posto tutti i pensieri di un passato che di passato non ha alcuna forma. C’è come un’accelerazione terrificante, in quel chiudersi della porta posteriore e in quell’avanzare liquido, sorpassare, questo è il verbo chiave, un’auto in sosta e scomparire.
Ecco, come se ne è andata la mia Francesca, sorpassando piano un’auto in sosta e così è vissuta, per me, lieve, liquida, senza un suono retorico, così è vissuta, in questo tempo di semafori e asfalto, studiando serotonina e modi di vivere, andando e tornando senza mai allontanarsi, senza mai privarmi di quella protezione a distanza che si chiama grazia.
Così, senza recare melodrammi, nel tempo veloce in cui ha sempre voluto vivere, Francesca adorata se ne è andata, con la normalità di un soprasso a a via del Corso, tra vetrine e sigarette.
Cara, tesoro, Francesca intermittente come le lucine di Natale, ma puntuale come una rabdomante, non hai lasciato un vuoto, sai, ma un pieno che mi terrà il tempo compagno, fatto di quella protezione senza giudizio, di quella libertà senza esibizione, di quel tuo sapere del cervello umano senza camice e lagna del ricercatore espatriato.
Ma io, adorata, cara, straziata Franci c’ero quando a Miami ti premiarono come la più brava ricercatrice giovane e quando mi diedi in mano il primo computer della mia vita e le ricordo, le ricordo tutte sai, le tue parole che erano specchio di un muscolo che si chiama cervello. Non è proprio vero che le persone quando se ne vanno, lasciano un vuoto. Tu mi hai lasciato un pieno che è scorta, acqua del dromedario, derrata calda, stiva piena di domani.
francesca passerelli e il figlio victor 2648e2426862ce4465ceea4141597edf
Ecco, se il tempo potesse arrotolarsi e confondere i ruoli come piaceva a te, so, come ti chiamerei, adorata, strazio di questo scirocco infame.
Domani, ti chiamerei.
Sapessi che perfezione, Franci mia, andarsene con un sorpasso lento in via del Corso, tra le commesse che fumano Multifilter,
Te l’avrei fatto vedere, avresti riso.
Ciao, mio Domani.
Umberto Contarello
FRANCESCA SE NE' ANDATA
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