DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Pasquale Chessa per il "Fatto quotidiano"
"Somigliava sempre di più alle sue statue": cade a pennello la battuta di Giuseppe Bottai su Mussolini, di fronte alla teca di vetro e similoro in cui è adagiata la copia più viva del vero di Silvio Berlusconi. Morto! Potrebbe figurare come il corpo di un santo, se non ci fossero quelle pantofole rosse ai piedi con le sembianze di topolino a creare scompiglio nella mente per cercare il senso vero delle cose.
Prima di tutto: anche se gli somiglia molto, davvero uguale con tanto di rughe tirate e verissimi capelli tinti, Berlusconi non è morto. à rifatto. Tutto di plastica. Tale e quale. Infatti nei saloni del piano nobile di Palazzo Ferrajoli, tempio "supercafonal" del potere romano dirimpetto a Palazzo Chigi, non c'è "il corpo del capo", ma invece un'opera d'arte intitolata âIl sogno degli italiani'. Una legenda spiega cosa significhi la cravatta slacciata, quella mano che indugia sulla patta discinta, il nastrino di cavaliere del lavoro...
Da quando Duchamp ha messo i baffi alla Gioconda, si sa che all'arte è consentito di arrivare anche dove non arriva l'intelligenza delle umane cose. Assolve e purifica, quando è vera arte. Ma siccome è difficile decidere subito, su due piedi, perché bisogna aspettare i posteri, per intanto può dire quello che vuole, disvelare e provocare, scandalizzare e giudicare: "Per un'immagine definitiva dell'era Berlusconi": il sottotitolo dell'opera di Garullo&Ottocento, variante italiana, provincia di Latina, dei più famosi Gilbert&George, iscrive l'opera nella categoria dell'arte politica.
E allora sarà difficile per Berlusconi dolersene. Al massimo gli sarà consentito un plateale gesto scaramantico. Dovrebbe invece compiacersene. Farsi fotografare accanto alla teca tutto fiero. Perché quando passa alla storia l'arte trascina con sé le storie che racconta. E pazienza se Wojtyla ha già il suo Cattelan e Agnelli il suo Warhol. Alla fine Garullo&Ottocento, non sono poi così scarsi: fanno pensare all'iperrealismo di un grande come Ron Mueck...
Perciò se fossimo al suo posto, proprio al posto di quel Berlusconi che si è fatto costruire anche un personale cimitero, con loculi da condividere con gli amici, ci preciteremmo a Palazzo Ferrajoli con il libretto di assegni sguainato nelle mani e sulle labbra la frase della vita di ogni gran lombardo che si è fatto ricco da solo, o quasi: "Cuse l'è ch'el custa".
GARULLO E OTTOCENTO - BERLUSCONI NELLA TECASILVIO BERLUSCONI
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