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Michela Tamburrino per La Stampa
Ci ha pensato Bernardo Bertolucci, da autore e da presidente di giuria a regalare un ulteriore accento poetico parlando di Sacro GRA : «Cercavamo la sorpresa e l'abbiamo trovata. Con entusiasmo e curiosità . Il film di Rosi è sorprendente, ci ha fatto scoprire realtà , personaggi e spazi con incredibile affetto. Ha qualcosa di francescano, una qualità di purezza che mi ha fatto venire in mente appunto Francesco».
Perciò universale, «Girato in stile monastico» ci tiene a sottolineare l'autore, lunghe stazioni d'avvicinamento fino alla meta. «Un percorso faticoso e bellissimo, un primo anno di approccio ai luoghi, agli spazi mentre era il vuoto che mi interessava. Un vuoto da riempire, dopo, con storie, forse».
In lui l'orgoglio del documentarista è quello che si sente per primo: «Ci riconosciamo, ci sentiamo noi documentaristi. Non c'è concorrenza e non c'è rivalità , sappiamo tutti quanto è duro da farsi il nostro cinema e quanto è duro da farsi produrre e da farsi vedere.
Esistono tantissimi documentaristi che potrebbero andare a testa alta in qualsiasi competizione internazionale. Ci riuscì a Cannes parecchi anni fa Michael Moore, ora alla Mostra la cosa mi riguarda da vicino e ne sono felice. il nostro è un lavoro in solitario che sta avvinghiato al reale».
Ringrazia, Rosi, la sua ex moglie quando stava per lasciare Roma che lo ha portato a riscoprirla ed amarla, proprio attraverso il respingente Raccordo Anulare. «Sembra una contraddizione, è la verità ». Poi ringrazia per il montaggio che ha dato forma e faccia alle emozioni.
Soprattutto ringrazia loro, i protagonisti: «Si sono incontrati qui per la prima volta perchè io non avevo voluto che le storie si contaminassero. à stato stupefacente scoprire nei loro volti l'adesione che ognuno aveva con se stesso e con gli altri. Avevo filmato il loro intimo, la loro verità . Un percorso di anni che ha avuto un suo perchè quando li ho visti guardare il film».
Un'idea che Sacro GRA incontrava l'interesse delle persone cui tiene di più, Rosi lo aveva avuto il giorno prima quando ha ricevuto il Leoncino d'oro, premio degli studenti: «Hanno scritto una sinossi del film così precisa che la ruberò. Di solito questi riassunti si fanno prima, quando ancora il lavoro lo devi capire tu stesso».
Evidentemente gli ha portato fortuna, oltre ogni scaramanzia. Poi la conferma. «Ci voleva un maestro rivoluzionario come Bertolucci per fare una scelta come questa, lui sempre teso al cambiamento».
Rosi che ha studiato a New York, «Città che mi ha insegnato che era questo il mio mestiere», ora vuole insegnare: «Ho deciso di fermarmi per un anno e insegnare ai ragazzi, ne ho bisogno. I giovani mi danno tanto. Poi sarò pronto per un nuovo film». E la crisi? «Non credo che la nostra sia una crisi economica, piuttosto una crisi d'identità . Si perdono le radici e la capacità di andare oltre non c'è più. Bisognerebbe avere il coraggio di fare un atto d'amore verso gli altri».
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