
DAGOREPORT - DELIRIO DI RUMORS E DI COLPI DI SCENA PER LA CONQUISTA DEL LEONE D’ORO DI GENERALI –…
Fiamma Tinelli per ‘Oggi’ - www.oggi.it
Gianna, parte prima. Verona, 14 maggio. Gianna Nannini è attesa sul palco dell’Arena. Serata speciale: canterà le hit di una vita accompagnata dalla Bohemian Symphony Orchestra. Un’ora prima dello show comincia a diluviare. Piove a secchiate, fa un freddo cane, ma sulle gradinate 10 mila impermeabili colorati gridano: Gian-na, Gian-na. Il concerto inizia con l’orchestra che suona la 5ª sinfonia di Beethoven. All’Arena, sotto la tempesta. Pelle d’oca.
Gian-na, Gian-na. Gianna non si vede. È in un angolo in fondo al palco, immobile. Sembra titubare. Poi la chitarra attacca il riff di America, lei si scuote e corre dentro. E l’Arena esplode.
Gianna, parte seconda. Giorni dopo, nel suo studio di Milano. Gianna Nannini, chiodo rosso e capelli arruffati, è seduta accanto a una dozzina di dischi di platino e si preoccupa, gentile, che qualcuno mi abbia offerto un caffè.
Mi tolga una curiosità: a cosa pensava prima di uscire sul palco?
«Facevo il mio rito, una pratica di Qi Gong che serve a centrare l’energia. L’ho imparata in Cina. Che salire lì sopra ’un è mica facile, sa?».
Ancora oggi?
«Sono timida, io».
Il primo concerto importante?
«Il Rock Palast in Germania. Non avevo chiuso occhio e per stare comoda m’ero comprata le scarpe da ginnastica sbagliate. Sembravo una papera».
Cantava Morta per autoprocurato aborto. Roba allegra.
«Erano i tempi delle lotte per i diritti delle donne, c’era tanto da dire».
Militante?
«Più autocoscienza che piazza. Ci si riuniva fra amiche, si parlava per ore di sessualità, di dove farsi toccare, di cosa ci sarebbe piaciuto provare».
Fingeva di masturbarsi sul palco.
«Mio padre scrisse a Mara Maionchi, che mi produceva, e le ingiunse di togliermi il cognome. Per un po’ andai a giro come Patrizia Nanni».
E pensare che a 14 anni le piaceva Massimo Ranieri.
«Gli facevo la posta in albergo, a Viareggio. Una volta sono anche riuscita a portarlo in moto, sgasavo e cantavo Rose rosse per te, ho comprato staseraaa».
Lei è una romantica, lo ammetta. Si emoziona spesso?
«Scherza? Io piango sempre. Perché m’incazzo, per un film».
Il primo bacio a una ragazza francese.
«No, il primo a un ragazzo spagnolo. Ma poi arrivò anche la francese, mi chiese un bacio e glielo diedi».
E com’è, baciare una donna?
«È più etereo».
Non si è fatta mancare nulla. Ha pure insultato un poliziotto e si è fatta tre giorni di galera.
«Ero in Grecia con un’amica. Era notte, tutt’e due ciucche di retzina. Ci fermano due agenti, l’aria da duri. Mi scappa un vaffa... e penso: tanto questi mica lo capiscono, l’italiano. “Oltraggio a pubblico ufficiale”, via, in cella».
Come finì?
«Mi fece scarcerare Dimitri, un avvocato bellissimo. Ma era roba dell’altra vita, prima dell’83».
Perché, che è successo nell’83?
«Sono rinata, infatti ora ho 33 anni... (ride). Ma è una storia lunga».
Cioè?
«Ho vissuto una crisi terribile, non sapevo più chi ero. Quando mi sono ripresa ero un’altra, una bambina. Non bevevo più nemmeno caffè, solo latte».
E ora?
«Ora lo bevo. A 33 anni sono grande».
La rinascita le fece bene, Fotoromanza fece il botto. «Quest’amore è una camera a gas» era una storia andata male?
«No, non scrivo quasi mai pensando a qualcosa di mio. Prenda Sei nell’anima: tutti a pensare che fosse dedicata a chissà chi, invece la scrissi mentre in studio c’era un muratore che lavorava. Lo guardai e mi venne: sei nell’anima-aa. Così. Aveva fatto da antenna».
Prego?
«L’antenna è una persona che catalizza l’ispirazione. Magari guardo il fornaio e mi fa da antenna, oppure parlo con lei e mi fa da antenna. Capisce?».
Più o meno. L’amore è una buona antenna?
«(sospira) L’amore è difficile che duri. Credo più nell’amicizia, quella solida, vera, che dura una vita. L’amore fra due persone rischia spesso di finire in un conflitto».
E l’amore per Penelope?
«Be’, quello è amore puro. Quando ti nasce una figlia cambia tutto».
Com’è, Penelope?
«È simpatica, fa schiantare dalle risate. Mi piglia per il culo».
Tipo?
«Di solito mi chiama mamma. Ma ogni tanto mi chiama giannanannini, tutto attaccato. Va dalla gente e dice: mia mamma è giannanannini, rockstar. Penelope è un dono».
Un dono a sorpresa?
«Prima di lei avevo avuto tre aborti spontanei. Dopo l’ultimo mi ero detta, vabbè, ciao, ’un ce la farò mai, ci avevo quasi rinunciato. Si vede che doveva arrivare proprio Penny».
Lei aveva 54 anni. È stata molto criticata per questa gravidanza.
«Ma il mio corpo è mio. Sono libera di decidere cosa voglio fare del mio corpo, o no? L’ho fatta, è bellissima, è una gioia. E poi Penelope non è mia figlia, è la figlia. Amata da tutti, libera. E a volte, un po’ comandina».
Che vuol dire “comandina”?
«Che le piace fare la maestra, che vuol dire la sua. Ai concerti, per esempio, se posso la porto con me, non voglio che sia gelosa della mia musica. Lei viene, sta dietro le quinte, controlla i microfoni, corregge le coriste, sa tutto. D’altronde ha sentito gli archi in studio ad Abbey Road per tre dischi, di cui uno in pancia. E poi Penelope è l’incarnazione della femminilità, anche la mia».
L’ho vista, dietro le quinte. Capelli lunghi, fiocchi, scarpe rosa.
«Le piacciono i vestiti da femmina. Sceglie da sola, mi fa: “ma no questo, mamma, quello!”. Ha gusto».
Lei, un vestito, mai?
«Una volta, per la mia opera Pia De’ Tolomei, mi hanno messo i tacchi. E io ero in crisi: occome ci si va su’ tacchi? Allora ho preso lezioni».
Di tacchi?
«In dieci prove ho capito come si fa. Perché per camminare sui tacchi bisogna muovere bene le anche, vede?».
(Gianna si alza e incede per la stanza ancheggiando in modo vistoso, in scarpe da tennis e jeans strappati. La sua assistente, seduta vicino a noi, scuote la testa rassegnata: «Gianna, lascia perdere...»).
«Eh, vede, ’un c’è nulla da fare. Ma allora è meglio se resto come sono io, no? Anche perché se no toglierei il lavoro alle altre donne».
Ai tacchi ci penserà Penelope. Una figlia unica, avuta tardi...
«Tarda sarà lei» (ride).
...come si fa a non crescerla in una bolla?
«Le faccio fare tutto. È già autonoma, indipendente. Ma non mi piace parlare di mia figlia senza il suo consenso».
E le regole?
franca sozzani, gianna nannini, eva herzigova e beatrice borromeo
«Quelle che servono. Mi sono arrabbiata un paio di volte e l’ho messa in punizione, ma andava a sedersi sulla seggiolina e pensava fosse un gioco. Un genitore deve capire qual è il confine, su cosa puoi cedere e cosa, invece, serve a proteggere. Su alcune cose mantengo principi ferrei, altre voglio che sia lei a scoprirle. Tanto lo so che questa fra dieci anni fa quello che vuole».
Cosa dirà a Penelope, quando avrà vent’anni?
«Sii sempre te stessa e non dipendere da nessuno».
Lei c’è riuscita, a essere se stessa?
«Sì. Decisamente sì».
gianna nannini al bano
pistoletto gianna nannini porta bianca
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fedez gianna nannini
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